Il 31 ottobre 2023 si è celebrata la novantanovesima giornata mondiale del risparmio. Estraiamo alcune dichiarazioni dal messaggio inviato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Presidente dell’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio S.p.A. (ACRT), Francesco Profumo e dall’intervento del Governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco all’evento organizzato a Roma dall’ACRI. Lo facciamo per mettere a confronto le dichiarazioni sui principi etici e tecnici che dovrebbero permeare la finanza, con i fatti che stiamo denunciando da anni e che impediscono il ripristino della fiducia nei risparmiatori.
Estratto dal messaggio del Presidente della Repubblica.
La partecipazione dei cittadini alla vita della Repubblica trova nella valorizzazione del risparmio a fini di crescita delle opportunità delle comunità un percorso virtuoso. La Costituzione mette in relazione diretta il risparmio, il credito e l’investimento nei complessi produttivi.
La previsione espressa dall’art. 47 deriva anche da questo: il risparmio, con l’istituzione della Repubblica, diviene questione di interesse pubblico e, dunque, meritevole di tutela costituzionale.
Lo è, a maggior ragione, perché la difesa del potere d’acquisto dei cittadini, e quindi dei loro risparmi, è questione democratica, che interpella il Paese e gli Stati che, con l’Italia, hanno dato vita all’esperienza dell’Euro, moneta che afferma sempre più ruolo e sovranità dell’Unione Europea.
Estratto dall’intervento del Governatore Ignazio Visco, il cui mandato era in scadenza.
Il risparmio e la sua controparte naturale, gli investimenti, sono fattori fondamentali per lo sviluppo equilibrato di un paese. A livello individuale, il risparmio consente di trasferire risorse nel tempo, “mettendo da parte reddito” per soddisfare bisogni futuri, come con l’acquisto di una casa, per l’istruzione dei figli, la partecipazione a un fondo pensione, e per essere meno vulnerabili alle congiunture sfavorevoli e guardare al futuro con fiducia.
Ma il risparmio è anche, per non dire soprattutto, un bene pubblico, capace di generare benefici per la collettività nel suo complesso attraverso il trasferimento delle risorse nello spazio, dalle famiglie risparmiatrici verso imprenditori e aziende. Se ben impiegato, contribuisce in modo cruciale alla crescita economica di un paese attraverso il finanziamento di investimenti produttivi in capitale fisico, umano e tecnologico.
Ne discende il fondamento, economico prima ancora che giuridico, della sua tutela da parte dell’operatore pubblico. Tutela che richiede innanzitutto un’adeguata regolamentazione e supervisione del sistema finanziario nel suo complesso, in quanto esso svolge un ruolo centrale nel raccordare formazione e impiego del risparmio, nel trasferire i fondi da un luogo all’altro e dall’oggi al domani, assicurando che essi raggiungano chi li merita, rimuovendo i vincoli di liquidità.
Tuttavia, la protezione del risparmio va oltre la regolamentazione. Bisogna adoperarsi perché si affermino condizioni economiche e finanziarie tali da far sì che le risorse possano essere utilizzate nel modo più efficiente possibile, contribuendo tanto allo sviluppo economico del Paese quanto al benessere del singolo risparmiatore. La tutela del risparmio mira infatti a far crescere il capitale accumulato alimentando un circolo virtuoso in cui il conseguente rafforzamento dell’attività economica conduce a maggiore occupazione e reddito che, oltre a consumi più elevati, consentono a loro volta nuovi risparmi.
Confronto delle dichiarazioni con fatti e rischi. Considerazioni che ne conseguono
Nel caso in cui trovassero riscontro nei fatti, le dichiarazioni che abbiamo riportato sarebbero certamente in grado di ripristinare la fiducia dei risparmiatori nel sistema finanziario europeo e nazionale. Purtroppo, in troppi casi, così non è, e lo documentano le intenzioni della politica, che è disposta ad attirare gli emittenti con la sistematica riduzione dei diritti degli investitori, trascurando l’incremento della rischiosità che sta interessando gli investimenti finanziari, senza nemmeno ipotizzare che, così facendo, favorisce l’accesso ai mercati finanziari di operatori senza scrupoli.
Lo scopo che spinge gli emittenti a spostarsi su mercati che riducono i diritti degli investitori, è quello di massimizzare il profitto ricavabile dal denaro investito dai risparmiatori. Se il loro obiettivo fosse quello di inserirsi nello sviluppo economico, con rispetto dei diritti di chi apporta il capitale per finanziare idee e progetti, non avrebbero necessità di arroccarsi in aree che introducono strumenti in grado di togliere la parola ai risparmiatori e di moltiplicare i diritti di voto degli emittenti. Per chi volesse penetrare i dettagli che sostengono queste affermazioni, riportiamo alcuni esempi con i link di articoli pubblicati, per documentare le tendenze sin qui accennate.
- Nel Disegno di legge 674 “Competitività dei capitali”, si proponeva di rendere permanente il provvedimento che non consentiva la presenza degli azionisti nelle assemblee, a causa della pandemia, con espressione di voto solo attraverso il rappresentante designato. Il link consente approfondimenti su dettagli tecnici e considerazioni di merito. https://vocedegliazionisti.it/assemblee-degli-azionisti-a-porte-chiuse/ Chi potrebbe mai affermare che questa proposta sia in sintonia con le dichiarazioni riportate sopra?
- Sempre nel disegno di legge citato sopra, si proponeva di elevare da 3 a 10 il diritto di voto plurimo. Il link consente di cogliere dettagli tecnici e progressività con cui è stata introdotta la facoltà che favorisce gli emittenti. https://vocedegliazionisti.it/azioni-con-diritto-di-voto-plurimo/ In estrema sintesi: quanto evidenziato in questo punto consente agli emittenti di fare quello che vogliono con il capitale apportato dagli investitori e quanto esposto al punto 1, impedisce loro di lamentarsene in assemblea. Ne dobbiamo dedurre che si voglia abrogare l’Art. 47 della Costituzione?
- Il link permette di approfondire il contributo di un noto Professore di Economia degli intermediari finanziar, a cui siamo stati lieti di dare rispettosa visibilità. https://vocedegliazionisti.it/commissioni-dinchiesta-sulle-banche/ Così come nelle raccomandazioni Il Prof. Alessandro Carretta, descriveva il ruolo che avrebbe dovuto assumere la Commissione d’inchiesta sulle banche e il sistema finanziario nel corso della XVIII legislatura (2018 / 2022), per riportare la fiducia nei risparmiatori. La considerazione finale che emerge è l’ennesima delusione, perché documenta l’inerzia della politica quando è chiamata ad imporre il rispetto dell’Art. 47 della Costituzione.
- Dal link, in cui si descrive un caso reale, è possibile cogliere come l’applicazione congiunta di singole modifiche normative, cambia in modo radicale gli effetti che si potevano immaginare dalla loro introduzione singola. https://vocedegliazionisti.it/azioni-di-risparmio-carige/ Per togliere le azioni di risparmio dal mercato, sarebbe sufficiente una perizia veramente indipendente che ne stabilisca il valore. Come mai si cerca di aggirare anche una soluzione così semplice che sarebbe rispettosa dei diritti di chi ha investito?
- Dal link è possibile rilevare i rischi enormi che potrebbero derivare agli investitori dall’uso congiunto di più strumenti finanziari da parte di operatori di mercato. https://vocedegliazionisti.it/illa-una-storia-emblematica/ Il risultato finale è che chi avesse aderito alla quotazione di borsa di una società e avesse mantenuto la posizione per il forte sconto a cui trattava il titolo sul mercato, si sarebbe trovato chiuso in una trappola micidiale: dopo avere perso il 99,999 per cento del capitale investito, se la società fosse fallita avrebbe perso tutto, ma se il suo valore fosse risalito per il successo delle acquisizioni, non avrebbe potuto beneficiarne perché sarebbe stato ulteriormente diluito dall’esercizio dei warrant posseduti dall’operatore che aveva sottoscritto un prestito obbligazionario convertibile (POC). L’uso congiunto di più strumenti finanziari potrebbe consentire: di vendere azioni non possedute per più giorni, facendo scendere il valore del titolo, di convertire il POC ad un prezzo più basso, per restituire le azioni a chi le aveva prestate per consentire la vendita allo scoperto. In sintesi: se avessi venduto i titoli ad un prezzo medio di 100 e convertivo il POC pagando i titoli 90, avrei chiuso l’operazione guadagnando 10 e sarei rimasto in possesso dei Warrant gratuiti per conquistare il controllo della società se fosse tornata all’utile. Com’è possibile considerare che la tutela garantita dall’articolo 47 della Costituzione sia rispettata in un mercato in cui è consentita una simile operatività?
Abbiamo citato solo cinque fra le centinaia di articoli con cui abbiamo cercato di portare l’attenzione sulla sistematicità con cui si aggirano i diritti garantiti dalla Costituzione. Allungare la lista potrebbe essere dispersivo, suggerire semplici soluzioni in grado di evitarlo, potrebbe aiutare chi dovrebbe intervenire, a farlo.
- Gli emittenti dovrebbero essere autorizzati a definire nel proprio statuto se sui loro titoli possono essere consentite vendite allo scoperto. Questa regola consentirebbe ai risparmiatori di distinguere chi chiede denaro per sostenere idee e progetti da chi voglia inserirsi nel mercato per attuare operazioni speculative.
- L’emissione di prestiti obbligazionari convertibili priva del diritto d’opzione a favore degli azionisti, dovrebbe essere vietata. Questo vincolo impedirebbe accordi poco trasparenti a favore di un operatore.
- Si dovrebbe vietare la vendita allo scoperto per i titoli che hanno emesso un prestito obbligazionario convertibile. Questo divieto impedirebbe l’uso congiunto di due strumenti finanziari con effetti fortemente diluitivi per gli azionisti.
- L’emissione di prestiti obbligazionari convertibili con Warrant, riservata ad un solo operatore, non dovrebbe essere consentita. Il vincolo eviterebbe rischi non calcolabile dagli investitori che investono sulla base dei fondamentali.
- Il divieto permanente di vendere titoli allo scoperto, sarebbe la soluzione più rispettosa dell’articolo 47, e la politica dovrebbe chiedersi come mai la finanza vuole avere a disposizione simili strumenti, se il suo scopo fosse quello di finanziare idee e progetti.
Ci sarebbe molto altro da suggerire, per esempio: “Ascoltare i risparmiatori sarebbe il primo passo per capire cosa sta accadendo sul mercato finanziario europeo”. Probabilmente nessuno ci ascolterà, come accaduto sino ad oggi, ma noi continuiamo a denunciare nella speranza di lasciare ai nostri figli un mondo degno di essere vcissuto.
Nel finale del suo intervento, il governatore di Banca d’Italia ha posto l’accento sull’alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori. Se è vero che i risparmiatori sono poco preparati, lo sono anche perché confonderli con strumenti finanziari dagli effetti indecifrabili, è un punto di forza a favore di chi si vuole approfittare di loro. Attirare l’attenzione sull’alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori, nel momento in cui la politica non ha capito, o fa finta di non capire, cosa stia accadendo, ci sembra un vero paradosso, soprattutto perché troppo spesso gli operatori europei sono stati coinvolti in operazioni rischiose che hanno depauperato la ricchezza dell’Unione Europea. Per prenderne coscienza è sufficiente ripercorrere gli effetti del cataclisma finanziario del 2008 e delle crisi bancarie che ne sono scaturite. I fatti documentano che l’area economica che ha generato il problema ne è rapidamente uscita, mentre in Europa ci sono banche che non si sono ancora riprese dai danni provocati dall’incauto acquisto di derivati.
L’analisi retrospettiva documenta che coloro che hanno il potere di bloccare la degenerazione etica della finanza, non lo fanno, e le spiegazioni possono essere solo due: o sono in malafede ed il problema va risolto da chi non li persegue, oppure non hanno capito, nonostante le reiterate denunce dei risparmiatori, e allora la prima alfabetizzazione da attuare dovrebbe essere rivolta a loro.