Proseguiamo nell’analisi dei fatti che possono evidenziare chi ha tratto profitto dagli avvenimenti che hanno dissolto il denaro versato dai risparmiatori nelle tre ricapitalizzazioni della banca ligure, in cui era stato previsto il diritto d’opzione. Banca Carige, considerato il territorio in cui aveva svolto la propria attività per secoli, era da sempre esposta al credito verso le compagnie marittime. Le quali, per la specificità dalla propria attività, hanno bisogno che la concessione del credito sia gestita con competenze, sensibilità e regole ben diverse da quelle che soddisfano i bisogni di una comune attività imprenditoriale. Per acquistare una nave si versano acconti elevati anni prima che l’imbarcazione entri in servizio, la quale resterà a disposizione per decenni, prima che sia dismessa, a meno che sia venduta in momenti di mercato particolarmente favorevoli. La marginalità dell’attività svolta dalle compagnie di navigazione è esposta a fluttuazioni cicliche del valore attribuito ai noli marittimi, che può generare flussi o carenza di liquidità, spesso imprevedibili, da qui la necessità di avere a disposizione il credito erogato da banche che hanno ben presente le esigenze delle compagnie marittime.
Il 27 marzo 2018 trasportoeuropa.it pubblicava un articolo dal titolo: Banca Carige pronta a cedere i crediti allo shipping. Nell’articolo si citavano tutti i crediti incagliati del settore. Poiché analizzare l’evoluzione di tutti i debitori, potrebbe rendere complessa l’esposizione dei fatti, ci limitiamo ad esaminare il caso della Ignazio Messina & C. Il credito complessivo vantato da Carige nei suoi confronti, ammontava a 471 milioni di euro ed era stato classificato “unlikely to pay” (terminologia che indicava un pagamento improbabile). Aggiungiamo che nel 2017 Carige aveva già venduto 2,1 miliardi di Npl (non performing loan, terminologia che indica i crediti in sofferenza). Nel 2018, su richiesta di Bce, stava predisponendo una nuova cessione, nella quale si ipotizzava d’inserire anche il credito verso il gruppo Messina, nonostante da un anno si stesse negoziando l’ingresso della società leader di mercato, la Mediterranean Shipping Company S.A. (più nota con l’acronimo Msc), nel capitale del gruppo Messina. Nell’articolo si riportava un’affermazione dell’Ad di banca Carige, Paolo Fiorentino: ” Un pre-accordo sarà siglato entro aprile”. I termini dell’accordo non erano ancora definiti nei dettagli, ma dall’affermazione di Fiorentino appariva come probabile l’ingresso di un socio in grado di riportare “in bonis” l’esposizione verso il gruppo Messina.
A dicembre 2018 i vertici di banca Carige non erano più gli stessi. Nonostante l’uscita di Fiorentino e l’ingresso di Fabio Innocenzi come Ad e di Pietro Modiano come presidente nel mese di settembre, non si era interrotto l’iter per portare a soluzione quello che era descritto come un problema. Il 20 dicembre un documento era stato sottoscritto tra il gruppo Messina e le banche creditrici, lo aveva annunciato per primo informazionimarittime.com il 23 dicembre, in un articolo scarno di dettagli, il cui titolo era: Accordo Messina-Carige sui debiti della compagnia.
La notizia passò immediatamente in secondo piano, perché il giorno precedente alla sua diffusione, l’azionista di maggioranza relativa, Malacalza Investimenti, si era astenuto dall’approvazione di un aumento di capitale, chiedendo che fosse presentato un piano industriale credibile e sostenibile, impedendo l’approvazione della proposta fatta dal consiglio di amministrazione. La decisione, che prima dell’assemblea era ritenuta poco probabile, era balzata all’attenzione mediatica e tutto il resto era sfumato sullo sfondo. Maggiori dettagli sull’accordo tra Messina e le banche furono resi noti solo dopo il commissariamento di Carige, il 4 gennaio 2019. Nel frattempo, i vertici della banca che avevano sottoscritto l’accordo, si erano dimessi ed avevano accettato l’incarico di Commissari. A diffondere i dettagli dell’accordo fu Il Corriere Marittimo con la pubblicazione dell’articolo: – Stefano Messina: “Grande soddisfazione” per l’accordo concluso con Banca Carige, rimborso graduale del credito entro il 2032. I punti rilevati dell’accordo prevedevano:
- un aumento di capitale con immissione di nuove risorse finanziarie;
- l’ingresso del gruppo armatoriale Msc con una quota del 49%;
- un rimborso graduale a Banca Carige, entro il 2032, dei 450 milioni di credito, nel rispetto di un piano che si articolava sull’attesa ripresa del mercato di riferimento.
Sui dettagli di quell’accordo si era negoziato per anni, con il coinvolgimento di due Ad della banca ligure, che avevano ottenuto l’approvazione di molti consiglieri. Era lecito attendersi che l’accordo non subisse più modifiche. Purtroppo, la gestione dei crediti incagliati è soggetta alla discrezionalità di chi si avvicenda ai vertici di una società, e alle imposizioni degli Organi di vigilanza. Queste considerazioni sono confermate da quanto accaduto in Banca Carige. Infatti, con l’arrivo di un nuovo Cda, che rispondeva ad azionisti diversi da quelli storici, Francesco Guido, nuovo Ad, aveva ritenuto utile modificarlo nuovamente.
Il come era ampiamente descritto nell’articolo pubblicato il 10 settembre 2020 da SHIP MAG sotto il titolo: – Carige-Messina: perfezionato l’accordo che spiana la strada all’ingresso di MSC. La motivazione per cui si era voluta introdurre quella modifica è chiaramente descritta nel passaggio che estraiamo: – Il perfezionamento di tali accordi di risanamento è stata la condizione necessaria affinché Banca Carige potesse cedere in via definitiva una parte dei crediti vantati nei confronti del gruppo Messina ad AMCO per un valore lordo complessivo (GBV) al 30 giugno 2020 di 324,3 milioni di euro”.
Il perché si ritenesse necessario vendere crediti di una società che stava chiaramente tornando solvibile, è descritto nella dichiarazione di Francesco Guido: – Il deconsolidamento dei crediti vantati verso il gruppo Messina permetterà alla Banca di raggiungere livelli di NPE ratio lordo del 5,5% e netto del 2,9% significativamente migliori rispetto al dato medio italiano e allineati al dato medio europeo. L’operazione conferma inoltre la ferma volontà della Banca di mantenere un ruolo da protagonista nel garantire un sostegno attivo al tessuto imprenditoriale e, in particolare, il comparto dello shipping così determinante per l’economia ligure” -.
Il 13 marzo 2021 su La Stampa, appariva l’articolo: – Il salvataggio fa guadagnare lo stato, ma il futuro di Carige ora è un rebus. Autore Gianluca Paolucci, che analizzava l’impatto dei crediti ceduti da Carige sul bilancio di Amco, la società dello stato che li aveva acquistati. I crediti ceduti da Carige, avevano un’incidenza di soltanto il 7% sul portafoglio crediti acquisiti da Amco, ma avevano generato ben il 37% dei suoi ricavi. La sproporzione è tale, che viene naturale chiedersi come si possa giustificare quella decisione. Le spiegazioni possibili a noi appaiono solo due: o i crediti ceduti da Carige erano di facile riscossione, o il prezzo a cui erano stati ceduti consentiva facili stesure di accordi, che garantivano marginalità a tutti gli operatori coinvolti.
Questa analisi dimostra, nel caso ve ne fosse ancora bisogno, che è certamente necessario un intervento radicale sulla gestione degli Npl, che dia trasparenza al mercato di riferimento, mediante la diffusione di informazioni ufficiali sui margini a favore di chi li acquista e riduca la discrezionalità di chi è delegato alla loro cessione. A questo punto è più che evidente che la loro cessione forzata generi trasferimento di ricchezza dagli azionisti delle banche a chi li acquista; e non meno grave è la riduzione del potere negoziale delle banche, quando si definiscono gli accordi per la ristrutturazione dei crediti deteriorati.
Ad ulteriore conferma: il 20 luglio 2021, poco più di 11 mesi dopo la sottoscrizione dell’accordo tra Ignazio Messina, Msc e Carige, su SHIPPING ITALY si poteva leggere l’articolo: – I risultati di Ignazio Messina & C. con Msc prendono il largo: 111 Mln di utile nel 2020. Riportiamo il primo periodo in cui si legge: – Il primo esercizio della Ignazio Messina & C. risanata è andato a gonfie vele grazie allo stralcio parziale del debito con Banca Carige e all’aumento dei noli per il trasporto di container. Il bilancio d’esercizio 2020 appena depositato (ma approvato già da maggio) mostra un fatturato pari a 283,5 milioni (in crescita rispetto ai 249,5 milioni del 2019), un Ebitda di 34 milioni (in aumento da 30,5 milioni) e un risultato netto positivo per 111 milioni di euro, in netta controtendenza rispetto alla perdita di oltre 36 milioni del 2019.
Se non bastasse: venerdì7 ottobre 2022, Il Secolo XIX pubblicava un articolo che confermava tutto quanto abbiamo evidenziato sinora. Il titolo era. – Boom dei noli per il trasporto auto, affari d’oro per Messina e Grimaldi – Nel sottotitolo si leggeva – Fame di stiva: i genovesi cedono un’unità a 10 milioni in più rispetto al prezzo di costruzione.
Carige aveva in garanzia del credito verso Messina, proprio le navi della sua flotta: perché vendere in perdita il credito, se era possibile vendere con ampio profitto la garanzia? Possibile che una banca centrale abbia un metodo di calcolo del Npe ratio che misura come più efficiente un istituto di credito che opta per la prima soluzione, anziché evidenziare ed ottenere una giusta valorizzazione di un credito che è più che recuperabile, senza correre alcun rischio? O forse dobbiamo pensare che sotto ci sia dell’altro?
Esponiamo una sintesi di chi ha guadagnato dalla gestione dei crediti deteriorati del Gruppo Messina, senza dimenticarci che la ricchezza trasferita a chi evidenziamo sotto, è stata persa dagli azionisti storici di banca Carige:
- come dimostrato dall’analisi di Gianluca Paolucci: con la gestione dei crediti acquistati da Banca Carige, Amco ha concluso l’affare più redditizio del 2020;
- lo Stato, che controlla Amco, e può indicare le attività a cui indirizzare i suoi profitti, ha la possibilità di destinare risorse ad altre criticità aziendali;
- il gruppo Messina, come dimostrato dal primo bilancio presentato dopo l’accordo con Banca Carige e dal margine ottenuto dalla cessione di una nave, è uscita dalle difficoltà;
- Msc, pur non essendo in difficoltà, ha ottenuto benefici economici maggiori di Messina, per effetto della quota di possesso più elevata;
- Bper, con quell’accordo, ha visto salire il valore delle imposte attive differite che avrebbero contribuito a generare utili nei bilanci dopo l’incorporazione di Carige.