Un primo aspetto che merita di essere evidenziato, risiede nelle differenze che caratterizzano l’approccio alla definizione dei diritti: in Italia si tutela il risparmio e i risparmiatori, il punto di riferimento è l’articolo 47 della Costituzione; nella UE le norme fanno riferimento a investitori e investimenti e sono definite in molteplici atti legislativi tra i quali segnaliamo: la direttiva sui mercati degli strumenti finanziari (MiFID), il regolamento prodotti di investimento al dettaglio preconfezionati e di investimento assicurativo (PRIIP), la direttiva sugli Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari (OICVM), la direttiva sui gestori di fondi comuni alternativi (GEFIA), I la direttiva sulla distribuzione assicurativa e la direttiva Solvibilità II. C’è un ulteriore dettaglio da considerare, al fine di evitare i potenziali conflitti tra le direttive da recepire e le norme vigenti negli stati membri: il legislatore di un paese membro non ha la libertà di promulgare leggi, quando sono in contrasto con un principio di tutela fissato dalla sua Costituzione, mentre il legislatore europeo gestisce le emergenze avendo vincoli diversi. Per evitare norme in conflitto tra di loro, tutti dovrebbero fare riferimento a un’unica interpretazione dei diritti per assicurare un corretto ed efficace presidio dei mercati finanziari.
Per dare concretezza alla criticità descritta, riportiamo un caso reale che potrebbe essere utile alla comprensione dei possibili conflitti da gestire nell’applicazione di una direttiva, nonché dei disagi che impediscono ai cittadini europei di sentirsi tutelati dalla UE. L’analisi del problema potrebbe agevolare la ricerca di soluzioni utili all’introduzione di correttivi in grado di fare sentire i cittadini europei più protetti dalle norme sovranazionali.
La Direttiva 2014/59 della UE (BRRD), definiva le modalità con cui andava gestito il risanamento e la risoluzione delle banche e delle società d’investimento, nella comunità europea. Sino al 1° gennaio 2016 era in vigore il cosiddetto bail-out, letteralmente: salvataggio dall’esterno, ossia con l’intervento di soggetti disposti ad iniettare liquidità nella società in difficoltà, oppure dello stato con il denaro dei contribuenti. Dalla decorrenza della BRRD, entrava in vigore il bail-in: letteralmente salvataggio dall’interno; a farsi carico della copertura del buco finanziario sarebbero stati chiamati gli azionisti, gli obbligazionisti, i creditori e, se servivano altri mezzi freschi, i correntisti con depositi superiori ai 100.000€.
Quella direttiva era in conflitto con quanto definito dall’Art. 47 della nostra Costituzione, che dice: – La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito – e conclude – Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese. La nostra costituzione considera che vada tutelato il risparmio anche quando è conferito a sostegno dello sviluppo economico, la direttiva BRRD considera investimento anche il capitale depositato in conto corrente. Per evitare di congelare l’approfondimento nell’opinabile, è necessario aggiungere considerazioni che definiscano cosa sia corretto considerare prima di imporre percorsi lesivi dei diritti costituzionali.
- Se la UE considera che nell’articolo 47 della nostra Costituzione vi sia qualcosa di sbagliato, lo dichiari apertamente perché la costituzione può essere cambiata, ma se una simile tesi non fosse sostenibile, è la UE che lo deve adottare perché è giusto unificare le norme, senza cancellare i diritti dei cittadini europei riconosciuti molto tempo prima che gli stati decidessero di costituire la UE.
- Se una banca arriva al punto di non potere sopravvivere senza iniezione di liquidità dopo decenni o secoli di presenza sul mercato, di chi è la responsabilità? La risposta più corretta non può prescindere dal coinvolgimento di: Amministratori, Consiglieri, Revisori dei conti, Funzioni di controllo e alcuni azionisti.
- Quale responsabilità può essere attribuita ad un correntista che per trasparenza gestisce tutti i propri flussi finanziari con operazioni tracciabili in conto corrente?
- Se la risposta al punto 3 è nessuna e quella data al punto 2 è condivisa, perché si stabilisce che debbano pagare i correntisti privi di responsabilità e non la lunga catena di chi si è fatto pagare profumatamente per non svolgere il proprio ruolo con efficienza?
La direttiva BRRD lede un diritto dei cittadini europei: la libertà di investire i risparmi dove e quando lo ritingono opportuno. Infatti se decidono di liquidare gli investimenti in attesa di reinvestirli quando ritengono sia preferibile farlo, rischiano di restare coinvolti in una crisi bancaria che li potrebbe espropriare del denaro che dovesse superare i 100.000 €. Pr evitare il rischio, dovrebbero prelevare l’eccedenza e poi riportarla in banca quando ritengono sia venuto il momento di fare nuovi investimenti.
Quanto descritto è la diretta conseguenza della mancata definizione dei limiti decisionali concessi ai funzionari che operano nel sistema finanziario europeo. L’Assemblea Costituente aveva previsto il rischio per l’Italia, e lo aveva prevenuto con l’introduzione dell’Art. 47. Il Parlamento europeo non aveva avuto la stessa lungimiranza e i funzionari si sono sentiti liberi di affrontare l’emergenza con la massima libertà. I responsabili di ruoli deliberativi non hanno posto al centro delle proprie decisioni i diritti fondamentali dei cittadini ed hanno accomunato gli investitori professionali ai piccoli azionisti, senza considerare che sono categorie ben diverse: i primi decidono chi mettere ai vertici di una società, i secondi finanziano, fidandosi di controlli e di informazioni che troppo spesso sono diventate inattendibili.
Ad integrazione della conoscenza sul problema, che va tenuto ben distinto dagli effetti che genera, è utile fare qualche cenno storico sull’evoluzione di pensiero che ha portato al rilascio della direttiva BRRD. La prima proposta e descrizione del cambiamento, che ci è nota, è stata pubblicata il 28 gennaio 2010 su “The Economist” e aveva un titolo molto esplicito “From bail-out to bail-in” (Dal bail-out al bail-in). L’articolo era firmato dall’ex Presidente dell’Investment Banking Paul Calello e dal Vice presidente del Credit Suisse Wilson Ervin. Dunque, due esponenti di rilievo del sistema bancario globale, hanno descritto una possibile soluzione e quattro anni dopo la Commissione Europea ha emesso una direttiva che, di fatto, recepiva e applicava quella proposta al sistema finanziario europeo.
Concedere la massima attenzione all’ipotesi di cambiamento regole proposta della categoria che, almeno in parte, sarebbe responsabile delle crisi che avvengono nella propria sfera di responsabilità professionale, ci appare come un’assoluta mancanza di rispetto nei confronti dei diritti di chi inietta flussi di denaro enormi in quel sistema, senza che nessuno abbia mai prestato ascolto alle reiterate denunce. Inoltre, un simile comportamento sarebbe grave, se fosse accaduto in una sola occasione, ma se, invece, fosse la spia di un processo costante di riduzione diritti dei cittadini, come potrebbe essere aggettivato?
Ecco la descrizione di altri interventi, che, con disinvolta naturalezza, hanno espropriato gli azionisti. Tutto inizia con l’imposizione ad una banca di vendere crediti deteriorati (NPL) su un mercato che non è in grado di assorbirli. Le conseguenze dell’imposizione sono: ingenti perdite, la riduzione del patrimonio, e l’accumulo di imposte attive differite, che rendono necessario un aumento di capitale, proposto agli azionisti con il riconoscimento del diritto d’opzione. L’operazione finanziaria viene ripetuta per tre volte e, alla quarta, si autorizza una ricapitalizzazione con esclusione quasi integrale del diritto d’opzione. L’esproprio degli azionisti è agevolato dal regalo d’imposte attive differite a chi manifesta l’interesse a fondersi con la banca sottratta.
Noi non possiamo sapere se questo descritto è conseguenza di una scarsa conoscenza finanziaria o di una precisa volontà di sostenere il sistema bancario con il risparmio dei cittadini, messa in atto dalla politica. Se la risposta fosse la prima, basterebbe ascoltare anche i piccoli azionisti prima di rilasciare nuove direttive, ed il loro contributo costruttivo potrebbe evitare gli abusi più evidenti. Ma se BCE e Commissione Europea perseguissero la seconda ipotesi, l’unica difesa per i risparmiatori sarebbe di tenere i risparmi ben custoditi in casa propria ed educare le future generazioni a stare lontane da investimenti in un sistema finanziario regolamentato per conseguire quegli scopi.