Abbiamo ricevuto una segnalazione da un lettore che ci segue da anni. L’input che ci ha fornito, ha stimolato approfondimenti conoscitivi, prima, e una rapida indagine telefonica poi, da cui è emerso che un’alta percentuale dei risparmiatori non conosca le possibili opzioni che consentono di minimizzare gli importi prelevati dagli intermediari per l’imposta di bollo sugli strumenti finanziari. I dettagli che cercheremo di esporre sfuggono a molti e siamo grati a Silvano per avere fatto emergere l’utilità d’informare chi ci segue. Rendere noto a chi fosse interessato che esistono possibilità di scelta che, in alcuni casi, possono ridurre l’incidenza dei costi di un’imposta, si configura nell’ambito delle ragioni che ci hanno spinti ad impegnarci per la tutela dei diritti.
Riportiamo la segnalazione ricevuta.
vi scrivo per segnalare la possibile riduzione dell’ammontare imposta di bollo sul possesso di strumenti finanziari che siamo soliti pagare ad ogni trimestre, applicando la possibile opzione di scelta che consente pagamento annuale anziché trimestrale.
Sino a due anni fa non avevo analizzato i dettagli del problema, perché investivo in azioni e non avevo notato differenze sostanziali con il cambiamento della periodicità della rendicontazione. Dopo avere notato, anche con il contributo degli articoli che avete pubblicato, la costante riduzione diritti dei risparmiatori, ed avere riposizionato i risparmi sui titoli di stato, che erano tornati a remunerare il capitale investito in modo soddisfacente, ho capito che con la rendicontazione annuale si poteva incrementare il rendimento del capitale investito, riducendo l’importo complessivo versato in un anno per l’imposta di bollo sugli investimenti. Intendiamoci, non stiamo parlando di cifre enormi, ma un’oculata gestione permette di risparmiare anche centinaia di euro all’anno, e per uno che vive del proprio lavoro, vale la pena gestire i risparmi con la massima attenzione.
Certo che voi saprete spiegare il meccanismo con maggiore chiarezza di quello che sarei in grado di fare io, vi ringrazio se vorrete divulgare ai risparmiatori le informazioni utili ad evitare il pagamento di imposte che la conoscenza delle norme consente di evitare.
Per chi volesse approfondire personalmente tutti i dettagli, segnaliamo il link della circolare emessa dall’Agenzia delle Entrate nel 2012, precisando che riporta un’imposta dello 0,15 % che è stata elevata allo 0,2 % nel 2014: https://def.finanze.it/DocTribFrontend/getContent.do?id=%7BCDD16812-9AAB-4A0E-8329-882E852C9732%7D. Nella circolare si definiscono le modalità di applicazione a molteplici strumenti finanziari; tutto ciò che esporremo fa riferimento solo agli obblighi di rendicontazione titoli detenuti presso un intermediario, limitando l’esposizione ai titoli azionari, obbligazionari e di stato. Per dettagli su investimenti diversi, consigliamo di fare riferimento alla circolare citata e variazioni introdotte in seguito.
L’imposta di bollo sulla rendicontazione del conto titoli è applicata con la formula: valore degli investimenti riportati nell’estratto conto titoli, diviso 1.000 per 2, nel caso in cui l’estratto conto fosse annuale. Se l’estratto conto è trimestrale, il risultato della formula precedente va diviso per i giorni dell’anno (365 o 366 se bisestile) e moltiplicato per i giorni del trimestre di riferimento (1° trimestre 90, o 91 in caso di anno bisestile; 2° trimestre 91; 3° trimestre 92; 4° trimestre 92).
Premettiamo che nessuna rendicontazione è sempre più favorevole rispetto all’altra, ma lo diventa in casi specifici, che dipendono dalla movimentazione titoli che avviene in un determinato periodo e che cercheremo di evidenziare con alcuni esempi. L’intermediario dovrebbe fornire una rendicontazione trimestrale, e a noi è consentito chiedere che sia annuale. Quando lo facciamo, è probabile sia chiesto di consultare, almeno una volta a trimestre, un’area in cui sono esposti tutti i titoli posseduti e, nel caso non lo facessimo, la periodicità di rendicontazione tornerebbe ad essere trimestrale. Questo automatismo ci consentirà di passare alla rendicontazione più favorevole, quando lo riterremo utile. Un ultimo dettaglio potrebbe tornare utile: se un periodo sottoposto a rendicontazione si chiudesse con un saldo uguale o vicino allo zero, ma in quel periodo si è verificata una movimentazione titoli, l’imposta dovuta sarà di 1 €.
1°esempio: un investitore che avesse chiuso prima di fine 2023 tutte le posizioni su titoli azionari e a metà gennaio decide d’investire i circa 194.000 € di liquidità in un titolo di stato con scadenza 15 dicembre 2024, sulla base di valutazioni soggettive, nel merito delle quali preferiamo non entrare in nessuno degli esempi che citeremo:
- con rendicontazione trimestrale, facendo una stima ragionevolmente approssimativa dell’evoluzione valore di quel titolo, l’imposta ammonterebbe a: primo trimestre (195.500:1.000×2):366×91= 97,21; secondo trimestre (197.000:1.000×2):366×91=97,96; terzo trimestre (198.500:1.000×2):366×92=99,79; quarto trimestre 1 euro per movimento di chiusura investimento. Importo complessivo versato nel 2024 = 295,96;
- con rendicontazione annuale importo totale versato sarebbe 1 €.
In questo caso la rendicontazione più favorevole all’investitore sarebbe quella annuale.
2° esempio: un investitore ha iniziato il 2024 ipotizzando, sulla base di considerazioni soggettive, di mantenere 200.000 € di liquidità a disposizione di investimenti realizzabili nel momento in cui i suoi dubbi avessero iniziato a dissolversi lasciando spazio ad una progressiva ripresa dei mercati. Proviamo a calcolare il costo dell’imposta di bollo se il capitale a disposizione fosse investito nella seconda metà del 2024: il 35 % nel terzo trimestre ed il resto nel quarto:
- con rendicontazione trimestrale, l’imposta ammonterebbe a: primo trimestre 1 €; secondo trimestre 1€; terzo trimestre (70.000:1.000×2):366×92=35, 19; quarto trimestre (200.000:1.000×2):366×92= 100,55 €. Importo complessivo versato nel 2024 135,74€;
- con rendicontazione annuale (200.000:1.000×2) = importo versato nell’anno 400 €.
In questo caso la rendicontazione più favorevole all’investitore sarebbe quella trimestrale.
3° esempio: un investitore ha iniziato l’anno con un patrimonio di 200.000 € totalmente investito, perché ipotizza che il valore dei titoli posseduti possa ancora salire, ma ha deciso di monitorare attentamente la fluttuazione dei comparti, con l’obbiettivo di vendere i titoli non appena il comparto di appartenenza segnalasse un’inversione di tendenza. Calcoliamo il costo dell’imposta ipotizzando un incremento valore del 10 % nel primo trimestre ed un disinvestimento del 60 % tra il secondo e il terzo trimestre e del residuo nel quarto:
- con rendicontazione trimestrale l’imposta ammonterebbe a: primo trimestre (220.000:1.000×2):366×91= 109,40; secondo trimestre (154.000:1.000×2):366×91=76,58; terzo trimestre (88.000:1.000×2):366×92=44,24; quarto trimestre 1 €. Importo complessivo versato nel 2024 231,22;
- con rendicontazione annuale importo totale versato 1 €.
In questo caso la rendicontazione più favorevole all’investitore sarebbe quella annuale.
Ci siamo limitati a proporre esempi intorno ai 200.000 € di capitale investito, per definire un ordine di grandezza omogeneo che, ovviamente, incrementerebbe la convenienza se fosse superiore, o la ridurrebbe progressivamente se inferiore.
Gli esempi potrebbero essere infiniti e, nel caso ne aggiungessimo altri, potremmo confondere le idee di chi ci legge, anziché stimolare approfondimenti su una possibile opportunità. Un metodo per capire se sia più utile la rendicontazione annuale o trimestrale, potrebbe essere quello di confrontare l’imposta versata con quella versabile con la rendicontazione alternativa, per alcuni anni del passato. Il metodo permetterebbe di individuare la rendicontazione statisticamente più efficace per il vostro modo di gestire gli investimenti nel tempo.
A nostro avviso, la miglior strategia dovrebbe essere di elaborare una previsione sull’andamento dei mercati nel corso dell’anno, per scegliere la rendicontazione più favorevole, senza restare bloccati dalla paura di sbagliare. Prima della fine di ogni trimestre sarà possibile decidere se mantenere la rendicontazione in essere o se cambiarla. Quando si sbaglia, s’impara dai propri errori e si cresce. Se non ci si cimenta con un confronto tra ciò che ipotizziamo e i fatti che si sono verificati, avremo la tendenza di attribuire la responsabilità al caso e non a noi stessi, impedendoci di crescere e di capire la finanza, le cui tendenze dipendono da fatti prevedibili ed imprevedibili. I primi vanno capiti e sfruttati a proprio favore, i secondi devono essere considerati come rischi possibili da contrastare con calcoli probabilistici. Sono proprio i dettagli che potremmo cogliere con un impegno approfondito, a darci le informazioni per non retare imprigionati nella rete dei furbi. Facendo previsioni che guidano le nostre decisioni d’investimento con simulazioni prima e con investimenti reali quando abbiamo verificato che le nostre ipotesi trovano riscontro nei fatti, saremo indotti a cogliere sfumature che con analisi superficiali non potremmo mai identificare come segnali d’allarme o di acquisto.
Attenzione all’eccesso di semplificazione: se è vero che con la rendicontazione annuale e la vendita dei titoli prima della fine dell’anno, si paga un’imposta minima, è necessario considerare che la compravendita degli strumenti finanziari comporta il pagamento delle commissioni agli intermediari, che i titoli da riacquistare potrebbero essere soggetti alla Tobin tax e che se il loro valore fosse salito, si dovrebbe pagare la differenza. Niente è semplice e scontato, cultura finanziaria e strategia sono armi a vostro favore, la superficialità induce chi si vuole approfittare del denaro altrui ad architettare meccanismi sempre più complessi per riuscirci. Infine, non commettete l’errore di considerare questo articolo uno stimolo ad evadere l’imposta: infatti, se non la pagate voi, la paga chi ha acquistato i vostri titoli e se è stato più abile di voi, sarà lui a trarre profitto dall’operazione.