Il 16 settembre 2023 il numero uno dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Pattuelli, ha rilasciato un’intervista al Corriere della sera, il cui titolo era: Patuelli: “A Vestager la presidenza della Bei? Sarebbe un errore”. Vi esprimeva tutto il proprio disappunto per la candidatura dell’Onorevole Margrethe Vestager alla presidenza della Banca europea per gli investimenti (Bei). Condividiamo merito e metodo della sua denuncia, anche perché a pagare le conseguenze delle decisioni prese nel ruolo di Commissaria per la concorrenza, sono stati i risparmiatori italiani.
L’onorevole Vestager, classe 1968, è una politica danese che ricopriva il ruolo di Commissario europeo per la concorrenza dal 2014; il 5 settembre aveva chiesto e ottenuto una sospensione dall’incarico, per potersi dedicare al sostegno della propria candidatura alla presidenza della Banca europea degli investimenti (Bei). Nel caso la sua candidatura non andasse a buon fine, tornerebbe all’incarico precedente, sino alla scadenza naturale del mandato. Il congedo temporaneo era stato autorizzato dalla Presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e Pattuelli aveva esternato il proprio pensiero: “Io sono stupefatto che possa sussistere una candidatura dell’onorevole Vestager, da 9 anni commissaria alla Concorrenza dell’Unione europea, alla presidenza della Banca europea degli investimenti”.
Il perché dal proprio stupore è ben descritto dal Presidente Abi in un capoverso dell’intervista: –Perché in questi nove lunghi anni, l’onorevole Vestager ha assunto la responsabilità di un “errore di diritto”, come è stato sentenziato dalla doppia decisione conforme, prima del Tribunale europeo del Lussemburgo e poi dalla Corte di giustizia Ue. La Commissaria Ue e, precedentemente e specificatamente, i suoi uffici avevano inopinatamente stabilito che il Fitd non fosse privato e non potesse intervenire per prevenire le crisi bancarie. Ciò ha determinato nel 2015 lo stop agli interventi già decisi dal Fondo, e che erano già stati approvati dall’assemblea di CariFerrara presieduta dal commissario straordinario nominato da Bankitalia. La posizione di Vestager ha impedito interventi preventivi e ha causato un allungamento dei tempi per affrontare quelle crisi, con costi molto superiori per tutti, per risparmiatori, investitori, azionisti, banche concorrenti che hanno dovuto sobbarcarsi gli oneri dei salvataggi successivi, aggravati dal deprezzamento generalizzato dei valori dei crediti deteriorati dal 2015 in poi».
Abbiamo sottolineato ed evidenziato in grassetto ciò che sarà oggetto di commento alla fine delle considerazioni sulle decisioni prese da una commissaria che ha certamente sbagliato molto e non ha mai pagato per le conseguenze di decisioni che hanno bruciato una quantità incredibile del risparmio nazionale. Ora, come una farfalla che vola di fiore in fiore in piena libertà di scegliere dove posarsi, ha deciso di candidarsi a una carica che richiede competenze più diversificate e una soglia di attenzione ben più elevata del pressapochismo con cui si è assunta la responsabilità di decisioni così ingiuste. L’indignazione di Pattuelli ci appare più che comprensibile per la carica che ricopre. Anzi ci aspetteremmo una reazione molto più diffusa tra chi ha responsabilità politiche e in funzioni pubbliche, per impedire a chi ha già commesso pesantissimi errori, ammesso che siano tali, di continuare a commetterne altri in un ambito in cui il senso di responsabilità nei confronti delle decisioni da prendere, richiede uno spiccato senso del diritto.
Le banche italiane in difficoltà, non avevano potuto essere sostenute dai potenziali interventi del Fondo interbancario tutela dei depositi (Fitd), a causa della decisione avvallata da Vestager. Poi, il Tribunale del Lussemburgo e la Corte di Giustizia UE avevano sentenziato che la decisione non potesse essere imposta all’Italia, perché non in sintonia con le norme dell’Unione. I tempi necessari alla giustizia per la sentenza di primo grado, ulteriormente dilatati con il ricorso in appello, hanno ingigantito a dismisura un danno economico che poteva essere evitato, se, con una serena valutazione dei fatti, si fosse verificato cosa prevedevano le leggi europee, consentendo al Fitd di effettuare gli interventi in grado di contenere i danni delle crisi, con costi molto, molto più contenuti di quanto avvenuto. A dimostrazione di quanto affermato, è sufficiente evidenziare che il passo indietro che si è dovuto fare su Tercas, ha finito per travolgere anche la Banca popolare di Bari, nonostante le iniezioni di liquidità dei suoi azionisti.
Il 21 settembre 2023, a distanza di otto anni da quel nefasto errore giuridico, anche la Commissione Europea ha diffuso una decisione in cui afferma che il sostegno concesso dal Fitd nel 2014 a Banca Tercas, non costituisce un aiuto di Stato ai sensi delle norme UE. Come non potremmo essere d’accordo con Pattuelli quando dice che assegnare la presidenza Bei a Vestager sarebbe un errore? Non basta, dovremmo tutti farci un esame di coscienza, chiedendoci: “Se questi sono i politici delegati a prendere decisioni di vertice con la facoltà di volare tranquillamente da una carica all’altra, senza mai rendere conto dei disastri che hanno combinato, come potremmo sperare di competere a livello internazionale se riescono a distruggere con tanta disinvoltura la ricchezza dei cittadini europei?
C’è un però nelle dichiarazioni di Pattuelli, a cui non è possibile evitare di dare evidenza. Infatti, se il Fitd senza quell’intervento della Commissione Europea, avesse avuto la piena libertà di gestire le crisi bancarie, potrebbe essere utile cercare di capire come sarebbero cambiate le cose, in particolare per i soggetti e gli argomenti che abbiamo evidenziato nell’intervista. Così come Tercas fa da riferimento storico per i danni provocati ad azionisti e risparmiatori a causa della decisione presa dagli uffici che riferivano alla Commissaria per la concorrenza europea, c’è un caso che possiede la caratteristica di fare da riferimento per le modalità con cui il Fitd avrebbe gestito le crisi. Stiamo parlando di Banca Carige e vale la pena tratteggiare i passaggi salienti per fare un confronto oggettivo su cosa sarebbe cambiato per risparmiatori, investitori, azionisti, se il Fitd avesse potuto gestire le altre crisi bancarie con lo stesso metodo usato con Banca Carige.
- Con suadenti argomentazioni e reiterate promesse di ritorno all’utile, si sono richiesti ed ottenuti circa 2,2 miliardi di denaro fresco dagli azionisti Carige, in tre aumenti di capitale.
- Nonostante poco prima della decadenza del suo Cda, l’Amministratore delegato Paolo Fiorentino avesse promesso il ritorno all’utile della Banca entro l’anno, i nuovi vertici furono costretti a sottoscrivere un Bond subordinato da 320 milioni con lo Schema Volontario d’intervento (SV), per soddisfare i requisiti imposti da Bce entro la fine del 2018. SV era il braccio del Fitd ed il tasso concordato per la sottoscrizione dell’obbligazione, era del 16 %. In pratica il Fitd chiedeva più di 50 milioni all’anno d’interesse, per un prestito di 320 milioni ad una delle banche che lo finanziava.
- Nell’assemblea che avrebbe dovuto approvare l’aumento di capitale da 400 milioni, considerato che i requisiti imposti da Bce erano stati soddisfatti e, quindi, non c’era più urgenza, l’azionista di maggioranza relativa , Malacalza Investimenti, ha chiesto che fossero fornite risposte a due quesiti, prima di approvare l’aumento di capitale: 1) un piano industriale credibile e sostenibile; 2) quali sarebbero stati i requisiti che avrebbe imposto la vigilanza Bce per il 2019, allo scopo di avere la certezza che requisiti più stringenti non imponessero altri aumenti di capitale.
- I vertici della banca, che non erano stati sfiduciati, hanno preferito dimettersi, anziché dare le risposte ai quesiti posti dagli azionisti e dare alla banca la possibilità di ritorno alla normalità entro marzo 2019.
- In accordo con la vigilanza BCE, Modiano e Innocenzi hanno accettato l’incarico di commissari insieme al neo ingresso Lener, motivando la propria decisione con l’urgenza di dare una guida stabile a Banca Carige.
- Hanno sottoscritto un accordo quadro che non vincolava nessuno, quindi, in totale assenza di una certezza di soluzione, hanno concesso al Fitd ben 29 mesi di tempo per prendere una decisione. Il passaggio intermedio era stato un aumento di capitale da 720 milioni, che dimostrava con chiarezza il perché non si era voluto rispondere ai quesiti posti da Malacalza Investimenti. Se non bastasse, in quell’aumento era prevista l’esclusione quasi integrale del diritto d’opzione.
- Il rischio di delisting era elevatissimo, ma fortunatamente non si è realizzato, lasciando agli azionisti una risicatissima possibilità di convertire le azioni possedute in quelle della banca acquirente. Anche questa estrema possibilità è stata loro negata e di fatto sono stati espropriati con perdite superiori al 90 % del capitale investito per alcuni azionisti, mentre chi aveva avuto la sfortuna di partecipare ai primi aumenti e poi si è trovato senza capitale da investire in quelli successivi, potrebbe avere accumulato perdite superiori al 99 %.
Ora dobbiamo ricordare che le perdite, da cui è derivata la necessità di ricapitalizzare Carige, sono state generate dall’obbligo di vendere gli Npl, imposto da Bce, e che sul tema Pattuelli ha dichiarato che gli oneri erano: “aggravati dal deprezzamento generalizzato dei valori dei crediti deteriorati dal 2015 in poi”. Quelle cessioni generavano imposte attive differite che sono state portate in dote alla società che si è fusa con Carige, e che, nonostante nel 2022, anno in cui è avvenuta la fusione, avesse contabilizzato utili inferiori all’anno precedente, Bper ha potuto raddoppiare il dividendo ai suoi azionisti, proprio per gli effetti derivanti dall’esproprio a danno degli azionisti storici della banca incorporata, reso possibile da un aumento di capitale con esclusione del diritto d’opzione quasi integrale e dalle modalità con cui è stato conseguito il diritto allo squeeze out, che , come riportato dalla stampa il 18 settembre 2023, è oggetto di ricorso da parte di Malacalza Investimenti.
Chiudiamo con due domande al numero 1 dell’Associazione bancaria italiana.
- Quale coerenza c’è nel dare evidenza ai danni provocati a risparmiatori, investitori, azionisti da Vestager e tacere quando a farlo è il sistema bancario?
- Come mai lamentarsi degli oneri aggravati dal deprezzamento generalizzato dei valori dei crediti deteriorati dal 2015 in poi e non citare le imposte attive differite, generate dalla cessione Npl, che vengono regalate alle banche acquisitrici, sottraendoli agli azionisti che avrebbero mantenuto la quota di possesso se fosse stata concessa loro la possibilità di farlo?
La logica conclusione che ne deriva è che i risparmiatori devono sempre subire, chiunque sia a sbagliare o ad approfittarsi di chi ha creduto in una finanza che riconosce i diritti.