Esiste una relazione tra la finanza e l’evoluzione dell’autoritarismo? È un quesito che ci angustia da tempo e che, certamente, merita di essere approfondito, se si vuole capire cosa riserverà il futuro alle nuove generazioni, nel caso in cui non si introducessero correttivi alle tendenze emerse nel sistema finanziario nei primi decenni del nuovo millennio.
Il 18 settembre 2023, ho avuto il piacere di concentrare la mia attenzione sullo scambio di idee tra Paolo Mieli (ospite) e Giorgio Zanchini (conduttore), nel corso della trasmissione televisiva – Quante Storie -, su Rai 3 nell’ora di pranzo. Oggetto degli approfondimenti era l’ultimo saggio di Mieli dal titolo: – Il secolo autoritario – e sottotitolo – Perché i buoni non vincono mai -. https://www.raiplay.it/video/2023/09/Quante-storie—Puntata-del-18092023-f958509b-691f-4634-8d34-c08ca1926dbf.html
Nel corso della trasmissione si evidenziavano le motivazioni per cui il novecento potesse essere definito un secolo autoritario. Nella prima parte del saggio si descrivevano i fascismi che lo avevano caratterizzato, ed i patti segreti con cui nel 1922 Germania e Russia svilupparono accordi militari ed economici, che sfociarono nel patto Molotov-Ribbentrop per dividersi il bottino dell’Europa orientale nel 1939. Nella seconda parte si analizzavano le tracce degli autoritarismi del passato e gli indizi che facevano presagire quelli del futuro. L’autore, precisando che non aveva difficoltà a svelare la considerazione finale, diceva: – … chiudo il libro domandandomi se quello che stiamo vivendo sarà un secolo autoritario, ancora più autoritario del novecento -. Nel corso della sua esposizione, Paolo Mieli fa un’amara considerazione che merita di essere riportata: – … questa è la cosa triste per chi fa il mio mestiere, quando vai nella Storia ti imbatti continuamente in delle delusioni, come le ha chiamate lei, però scopri che è anche il bello della Storia che, dopo tanti discorsi roboanti, ci sono realtà molto diverse -.
Una sorpresa nel finale mi ha indotto a scrivere questo articolo. L’ho particolarmente apprezzata perché è un chiaro sintomo che anche altri stiano iniziando a maturare convinzioni e ad esprimere considerazioni che noi stiamo cercando di mettere in luce da cinque anni, e sono la ragione per cui abbiamo realizzato questo sito. È stato l’intervento di Angela, una telespettatrice che ha scritto alla trasmissione per dare un contributo costruttivo: – L’ultimo autoritarismo è forse il capitalismo? E chi lo abbatte più? – L’autore del saggio ha segnalato che non esiste un solo capitalismo ma, poiché i tempi televisivi non gli consentivano di entrare in dettagli più approfonditi, ha concluso con un’amara ed onesta considerazione: – L’illusione coltivata per tutto l’ottocento e per tutto il novecento, che con l’arrivo del capitalismo crolli ogni forma di illiberalità, era un’illusione che non si basava su dati di fatto e mi stupisco che molti, me compreso, abbiano abboccato –.
Il significato del termine Capitalismo, non è facilmente inquadrabile perché non esiste una definizione accettata universalmente. In origine il termine faceva riferimento a un sistema socioeconomico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, in cui chi li possedeva, traeva profitto dalla vendita dei prodotti realizzati dai lavoratori impiegati nei processi produttivi. Le classi sociali, quindi, erano identificate in capitalisti e lavoratori. Il sistema socioeconomico così impostato, in seguito è stato identificato come Capitalismo industriale. L’evoluzione dei processi industriali, l’incremento dimensionale dei centri produttivi e l’intermediazione del sistema bancario, favorirono lo sviluppo del Capitalismo Finanziario, basato su società quotate su mercati ufficiali, la cui proprietà era suddivisa tra azionisti. In seguito si sviluppò il Capitalismo di Stato, nelle nazioni in cui il sistema politico contrastava la libertà d’impresa.
Abbiamo fatto una schematica esposizione sull’evoluzione socioeconomica dalla metà dell’ottocento in poi, senza entrare nel merito di quanto accaduto in precedenza, per illustrare come la frase della telespettatrice Angela, possa essere soggetta a molteplici interpretazioni, se valutata in termini assoluti. Collocando quella considerazione nel paese e nel periodo in cui è stata espressa, l’interpretazione più probabile dovrebbe essere che facesse riferimento al Capitalismo Finanziario. A questo punto diventa superfluo usare un sostantivo con più significati, aggettivandolo per definirne uno, perché esiste un sostantivo che esprime chiaramente il significato che si vuole attribuire: Finanza.
L’analisi sulle prospettive future dell’autoritarismo, deve essere ricondotta alla finanza, perché, come vedremo, è proprio li che si è evidenziata la forma più pericolosa dell’autoritarismo che potrebbe pregiudicare la qualità della vita delle generazioni nate nel nuovo millennio, che già intravedono prospettive ben peggiori di quelle con cui erano cresciuti i loro genitori, ma che potrebbero rivelarsi ottimistiche dopo un’analisi oggettiva dei cambiamenti intervenuti dagli ultimi decenni del novecento in poi, e il loro impatto sul risparmio nazionale.
- Sono stati introdotti strumenti finanziari molto rischiosi e di difficile valorizzazione, come i Derivati, e con potenziali utilizzi altamente speculativi e/o di manipolazione dei mercati, come i derivati sul rischio di credito (Credit default swap, CDS). Le banche hanno iniziato ad assumere rischi che non è facile fare emergere dai bilanci. Poiché è un gioco a differenza zero e l’effetto leva consente di investire poco per guadagnare o perdere moltissimo, c’è qualcuno che guadagna e qualcuno che fallisce e a rimetterci di più sono sempre gli azionisti. Lo attestano esempi noti e ampiamente descritti negli articoli pubblicati sul sito, come le crisi di Lehman Brothers, della Silicon Valley Bank e di Credit Suisse. Il tutto aggravato dall’assoluta inefficienza di chi dovrebbe controllare o certificare i bilanci.
- L’avere permesso le vendite allo scoperto, ha consentito alla speculazione di accentuare la volatilità dei mercati, e di guadagnare molto vendendo titoli non posseduti, ricomprandoli a prezzi più bassi, dopo avere contribuito ad abbassare il valore del titolo. Naturalmente a perdere sono sempre gli azionisti che non possono passare le giornate davanti al computer e che investono per sostenere lo sviluppo economico e crearsi un reddito per un futuro sereno, non per speculare.
- L’avvento della tecnologia ha consentito alla finanza di globalizzarsi, mentre la politica, per non cedere parte della propria sfera di potere, è frammentata; e per contrastare il trasferimento delle sedi sociali nei paesi con regimi fiscali meno onerosi, e norme di riferimento più favorevoli agli emittenti, può usare solo la leva che riduce i diritti degli azionisti.
- Gli elettori insoddisfatti, continuano a cambiare i referenti politici a cui affidare il potere, senza rendersi conto che nulla potrebbe cambiare, perché chiunque lo ottenga, dovrebbe adeguarsi al servilismo di chi lo ha preceduto, perché non è possibile opporsi al nuovo potere che si è insediato a livello globale: la Finanza.
Quando ho visto il dipinto allegato in foto a questo articolo, era spontaneamente emersa un’interpretazione soggettiva del suo significato, che avevo mentalmente sintetizzato nel titolo: Un futuro da incubo. Poi ho voluto chiedere a Fulvia Negro, la pittrice che lo aveva realizzato, quale fosse il titolo che aveva attribuito lei, e la risposta mi ha indotto a nuove riflessioni, perché ho compreso che il mio inconscio era stato più intuitivo della mia ragione: Le conseguenze della guerra. La sovrapposizione dei due titoli mi ha fatto balenare una verità che la mia ragione non aveva voluto ammettere: se non si interveniva immediatamente per bloccare la degenerazione in atto, non sarebbe più stato possibile porre rimedio alla concentrazione della ricchezza nelle mani di pochissimi soggetti che avevano la potenza economica per condizionare le decisioni politiche. Lo scopo mai realizzato con le guerre di annessione territoriale, poteva essere conseguito con la concentrazione dei capitali, dei mezzi di comunicazione, di produzione e di distribuzione in pochissime mani.
Noi rispettiamo le opinioni di tutti e ci siamo prestati a pubblicare quelle di molti contatti che ci scrivevano, purché fossero opinioni finanziarie. Gianfranco, un lettore che ci scrive da anni, negli ultimi mesi ha intensificato la frequenza dei suoi contatti, per sostenere una propria previsione sui comportamenti della politica. Egli ritiene che con il progressivo spostamento a destra della politica europea e americana, i diritti dei risparmiatori torneranno ad essere ripristinati. A conclusione di questo articolo, estraiamo alcune affermazioni dalle risposte date alle sue mail. Da quanto sin qui esposto, appare evidente che non siamo in sintonia con le sue convinzioni, ma saremo pronti ad ammettere di avere sbagliato la nostra valutazione, nel caso i fatti evolvessero nella direzione da lui ipotizzata.
- La finanza si sta approfittando della frammentazione politica, per indurre il potere a non ostacolare i propri scopi che sono: ridurre i diritti dei piccoli azionisti e aumentare la presa sul controllo delle società quotate, senza accrescere il capitale investito.
- Non appena vedrò una decisione politica a favore di una Class Action capace di indurre gli emittenti e i Consiglieri a rispettare i diritti degli azionisti, sarò pronto a ricredermi.
- Per cogliere la realtà dei fatti, bisogna osservarli con distacco.
- Per bloccare la degenerazione in atto, bisogna capire cosa sta accadendo, uscire dallo schema dell’alternanza politica, per conferire il potere politico solo a chi è veramente convinto di volere bloccare la degenerazione in atto.
- La vera e unica soluzione, sarebbe che la tutela dei diritti diventasse l’oggetto dell’intenzione di voto, con un definitivo superamento delle ideologie politiche che, in un contesto di economie globalizzate, hanno indotto la politica al servilismo nei confronti della finanza e vengono utilizzate per fare credere agli elettori che votando chi era all’opposizione tutto potrebbe cambiare, mentre nella realtà tutto resterà come prima.
- Una soluzione possibile è che la politica si globalizzi a sua volta e introduca norme sovranazionali, capaci di evitare la progressiva degenerazione etica generata da una finanza che ora è nella condizione di imporre il proprio volere. Il progresso non può e non deve essere fermato, ma deve essere regolamentato per impedire la cancellazione dei diritti.