Godwill e Badwill, termini poco noti ai risparmiatori, ma con significati molto chiari e ben spiegati nell’articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore del 24 luglio 2020 e firmato da Antonella Olivieri che riportava le linnee guida con cui la vigilanza BCE cercava di incentivare le aggregazioni bancarie.
Avevamo parlato in altre occasioni del rapporto tra Capitalizzazione di Borsa e patrimonio netto. Quando questo rapporto è superiore a 1, cioè la capitalizzazione di borsa è superiore al patrimonio netto, abbiamo goodwill o avviamento positivo. Quando quel rapporto è inferiore a uno, si parla di badwill o avviamento negativo. Nel 2000, quando il rapporto tra capitalizzazione di borsa e patrimonio netto di molte banche, ha toccato il massimo storico, nessuno avrebbe mai pensato di proporre una fusione, semplicemente perché le banche erano molto care e, anche se generavano utili importanti, la probabile inversione ciclica della crescita economica avrebbe potuto generare un significativo peggioramento di quel rapporto in un futuro molto prossimo, come sempre accaduto. Così e stato e la crisi economica del 2008 sarebbe stata generata dai problemi delle banche.
Il 28 luglio, Radiocor, agenzia di stampa del gruppo 24 ORE, diffonde una dichiarazione del Presidente del Consiglio di sorveglianza BCE, in cui si ampliavano gli stimoli alle aggregazioni bancarie, spiegando che non sono necessarie solo nei momenti di crisi, ma possono essere sempre utili, perché riducono i costi e la sovraccapacità di produzione e, di conseguenza, generano un incremento dei margini.
In questo momento siamo nella situazione esattamente opposta a quella del 2000, il rapporto tra capitalizzazione di borsa e patrimonio netto e molto inferiore a uno e, come spiegato nell’articolo di Antonella Olivieri, l’avviamento negativo è così elevato, da creare ottime opportunità per gli istituti di credito che hanno la possibilità di lanciare proposte di aggregazione, più o meno condivise dalle prede. Il vantaggio sarebbe di procurarsi un tesoretto che potrebbero fare emergere negli esercizi dei prossimi anni, quando il ciclo economico avrebbe ampie possibilità di tornare ad invertire la sua direzione. Con l’inversione del ciclo, le imprese potrebbero restituire i crediti incagliati, le banche tornerebbero a fare utili e non pagherebbero imposte perché avrebbero accumulato anche Attività per imposte anticipate (DTA) delle prede. Ancor di più quel tesoretto emergerebbe immediatamente soprattutto per quelle banche che già generano utili oggi.
Ora cerchiamo di capire perché quel tesoretto dovrebbe interessare le banche concorrenti e non gli investitori che possiedono le azioni, che, invece, sono disposti a venderle anche a prezzi inferiori a un quinto del patrimonio netto di competenza. Le voci che possono concorrere a determinare un avviamento negativo (badwill) sono più di una. Per aiutare il lettore a capire ne utilizziamo una sola categoria, le Attività per imposte anticipate. Tale credito, appunto, può essere recuperato solo facendo utili e decurtandolo dalle imposte che si dovrebbero pagare su quegli utili. Se però una società non genera o realizza esigui utili, quel credito per imposte anticipate non avrebbe più valore.
Unica eccezione, com’è accaduto già in passato e recentemente ripreso dal decreto “Cura Italia” (art. 55 del D.L. n. 18/2020) che ha riscritto l’art. 44-bis del D.L. 30.04.2019 n. 34, il legislatore può introdurre misure di sostegno finanziario alle imprese, consistente nella possibilità di trasformare in credito d’imposta (spendibile quindi in compensazione in qualsiasi momento e quindi immediatamente monetizzabile anche in assenza di utili) , a condizione che la società, entro il termine del 31 dicembre 2020, provveda a cedere i crediti deteriorati, intendendosi per tali i crediti insoddisfatti per oltre 90 giorni dalla data concordata per l’adempimento.
E’ molto difficile che un risparmiatore sia disposto a incorporare nel prezzo di un’azione che desidera acquistare, quell’Attivita’ per imposte anticipate, specialmente se la società che lo detiene, non produce utile da anni. Una società che fa utili, ha tutto l’interesse a incorporarne una con un avviamento negativo consistente e in possesso di una gran mole di Attività per imposte anticipate, perché le potrà detrarre dalle proprie imposte sugli utili presenti e futuri, con un beneficio immediato e la possibilità di incrementare i margini, anche con le sinergie evidenziate da Andrea Enria nella dichiarazione diffusa da Radiocor.
Tuttavia l’azionista è titolare, pro quota, DEL PATRIMONIO NETTO DELLA SOCIETA’IN CUI HA INVESTITO I PROPRI RISPARMI. Patrimonio, alla cui formazione concorrono anche Attività per imposte anticipate. Appare evidente, dunque, l’interesse del socio azionista a veder recuperato, almeno in parte, il valore intrinseco non espresso dal mercato in situazioni ordinarie. Prova ne è la circostanza che quando prendono quota i rumors su operazioni di fusione riguardanti determinate società, le quotazioni delle “prede” tendono a crescere perché il mercato intravede la possibilità che quel valore, non espresso nelle quotazioni della società, possa emergere, come accade tipicamente in ogni operazione di acquisizione.
Abbiamo descritto in tutti i dettagli le condizioni di mercato che possono determinare interessi e mire di una società su di un’altra, nonostante un comportamento freddo di una parte di risparmiatori nei confronti di un titolo in condizioni ordinarie, per definire con chiarezza la nostra posizione. Fatti fermi i presupposti, tutti sono liberi di muoversi nel rispetto delle regole, di lanciare qualsiasi proposta alla luce del sole, di attivare una difesa e diffondere informazioni utili ai propri azionisti, affinché siano nella condizione di prendere decisioni consapevoli. Esattamente com’è accaduto nel caso dell’OPAS (Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio) lanciata da Banca Intesa San Paolo su UBI Banca.
Perché l’operazione descritta non è oggetto di alcuna obbiezione da parte nostra? Perché tutti gli attori coinvolti hanno avuto la possibilità di scegliere il modo migliore di tutelare il proprio investimento e il tempo dirà quale sarebbe stata la scelta più opportuna. E soprattutto perché l’OPAS in questione ha fatto emergere almeno in parte quel valore occulto di UBI altrimenti inespresso dalle quotazioni ordinarie, consentendo ai vecchi soci di vedere riconosciuti, anche se solo parzialmente, gli sforzi sostenuti in passato. Anche i consigli dispensati da Enria incontrano tutta la nostra incondizionata approvazione, purché condizioni, soluzioni e prezzi si formino con trasparenza, alla luce del sole e nel rispetto delle regole di mercato.
Che cosa, invece, non può essere imposto a un risparmiatore, con l’approvazione delle autorità di controllo, nonostante le numerose denunce?
-
- Che uno pseudo piano industriale non definisca con certezza chi acquisirà una banca, definendo una sola certezza: la diluizione dal 100 al 10% dei vecchi azionisti.
- Che un aumento di capitale escluda quasi integralmente il diritto d’opzione per azionisti che avevano già aderito ad altri tre, sulla base di dichiarazioni mai confermate dai fatti.
- Che in contemporanea dell’esclusione diritto d’opzione si dia alla banca un valore inferiore al 4% del patrimonio netto.
- Che a un soggetto destinato al controllo di quella banca, sia concesso uno sconto del 47% sull’80% del capitale sociale, rispetto al prezzo di adesione richiesto agi azionisti che aderiranno a quella ricapitalizzazione per la bassissima percentuale consentita loro, nonostante il valore irrisorio attribuito alla banca.
- Che si prometta un premio a chi parteciperà alla votazione di una delibera assembleare, penalizzando di fatto chi volesse esercitare il diritto all’astensione, creando una situszione in cui appare evidente la condizione di voto di scambio per ragioni economiche.
- Che per fare votare a favore di quella proposta, si creino le condizioni per una massiccia campagna di convincimento al grido di: “Votate si per salvare la banca e i posti di lavoro”. Gettando le basi psicologiche per un condizionamento della libertà di voto.
- Che dipendenti della società, in palese conflitto d’interesse, convochino gli azionisti per indurli a esprimere voto favorevole a quella delibera, senza spiegare loro che, facendolo, avrebbero perso anche il diritto di rivalsa per i danni provocati da quella delibera.
- Che sei esposti non abbiano generato nemmeno un battito di ciglia nelle autorità preposte alla vigilanza e controllo dei mercati.
- Che dopo l’approvazione di quella delibera e solo al fine di consentire la presentazione di una lista di minoranza, indispensabile per rendere valida l’assemblea, sia stato pubblicamente reso nato parte del piano industriale, tenuto riservato, con cui si dichiarava che chi doveva acquisire il controllo della società, non avesse alcun obbligo di esercitare l’opzione d’acquisto con sconto 47% e che la società che lo possedeva fosse libera di vendere a chiunque, ma non aveva dato alcun riscontro ad un azionista che in assemblea aveva proposto di permettere agli azionisti di acquistare titoli con uno sconto minore rispetto a quello del 47% riservato a un attore privilegiato.
- Che dopo avere inserito nel patrimonio netto il possesso di una partecipazione del 60% ad un valore di 5 milioni, il nuovo CDA approvi una ricapitalizzazione in cui investe 13,5 milioni per aumentare il proprio controllo dal 60 al 69%. Facile calcolare che, considerando l’attribuzione di quel valore, il 60% valesse 74,5 milioni non i 5 utilizzati per valorizzare il titolo. Si evidenzia che il valore totale della capogruppo riconosciuto agli azionisti è stato 55 milioni. Come giustificare quel valore, se una sola partecipazione valeva il 40% in più?
Due domande ai nostri lettori:
- Riuscite a indovinare di quale società stiamo parlando?
- Riuscite a indovinare in quale paese sono avvenuti i fatti descritti sopra? Poiché riteniamo che la domanda sia molto difficile, vi diamo un aiutino: non è un paese del terzo mondo. Ciononostante è stato consentito il gioco di prestigio che ha trasformato il risparmio investito in un albero che non darà mai più frutti agli azionisti che avevano sostenuto quella banca per oltre 5 secoli.