Il 4 giugno 2024, i media hanno dato evidenza ad un intervento sanzionatorio di Consob per operazioni di mercato effettuate a luglio 2022 sul titolo Saipem. I soggetti sanzionati erano due fondi olandesi (Optiver e Flow Traders), accusati di vendite allo scoperto nude (non supportate dalla disponibilità dei titoli al momento previsto per la consegna), proprio nei giorni in cui si stava svolgendo la ricapitalizzazione della società. Riportiamo i fatti in modo sintetico, segnalando anche dettagli che non tutti hanno evidenziato, perché possono contribuire ad avvalorare le considerazioni e proposte su un argomento che riteniamo penalizzi sistematicamente gli investitori retail (i comuni risparmiatori che investono appoggiandosi agli intermediari).
Il 23 giugno 2022 Consob aveva emesso il richiamo d’attenzione 4/22 in cui precisava che: lunedì 27 giugno avrebbe avuto inizio l’aumento di capitale di Saipem, il quale avrebbe avuto caratteristiche fortemente diluitive, ma non possedeva le peculiarità necessarie per l’applicazione del modello di ricapitalizzazione rolling. La non applicazione era imposta dall’incertezza sull’esecuzione della ricapitalizzazione, che sarebbe stata annullata nel caso di mancata conversione integrale dei diritti. Il modello di ricapitalizzazione rolling prevede la facoltà di convertire i diritti in tutti i giorni in cui si svolge l’aumento di capitale, con possibilità di vendita immediata delle azioni, perché il ricevimento titoli consente di rispettare il termine di consegna all’acquirente. Consob precisava che avrebbe monitorato con particolare attenzione tutte le operazioni e sanzionato eventuali vendite allo scoperto nude, vietate dalle norme nazionali ed europee.
I diritti potevano essere negoziati in Borsa sino al 5 luglio 2022. L’ultimo giorno per la loro conversione era l’11, e quella sera, alla chiusura del mercato, il titolo Saipem quotava 3,879 €. Il 12 e 13 luglio Saipem aveva venduto all’asta tutti i diritti inoptati e, avendo ottenuto conferma dell’integrale sottoscrizione dell’aumento di capitale, il 14 luglio comunicò che avrebbe consegnato le azioni di nuova emissione e il titolo chiuse a 1,17 €. Le azioni furono sottoscritte ad un prezzo di 1,0123 € e la consegna avvenne il 19 luglio, come da comunicato di Borsa Italiana n° 24650. Quel giorno il titolo oscillò tra un massimo di 0,814 € ed un minimo di 0,745. Chi voleva monetizzare l’investimento poteva vendere i titoli, contabilizzando una perdita considerevole. Con l’arrivo sul mercato dell’enorme massa di titoli di nuova emissione, poco meno di 2 miliardi, il loro valore scese sotto 0,7 il 21 luglio e nella seconda parte di settembre anche sotto la soglia di 0,6, prima di iniziare una lenta risalita sino ad aprile 2024 quando realizzò il massimo dall’aumento di capitale a 2,459 €.
Dalle delibere n° 23093 e 23094 emesse da Consob, emerge che ai fondi olandesi Optiver V.O.F. e Flow Traders, sono state contestate vendite allo scoperto nude per 10.957.858 titoli Saipem, corrispondenti al 51,4% dei titoli in circolazione prima della consegna delle azioni di nuova emissione. Le vendite contestate sono state effettuate nei giorni 12, 13 e 14 luglio 2022, periodo in cui il titolo ha oscillato tra un massimo di 3,39 e un minimo di 1,08 €, sempre superiore a quello richiesto per le azioni di nuova emissione, nonostante si fossero vendute allo scoperto un numero di azioni equivalente al 51,4 % di quelle esistenti. La contestazione ha deliberato sanzioni e confisca di plusvalenze illecite per un valore complessivo pari a 9,6 milioni di €. Non entriamo nei dettagli dell’operatività attuata dai singoli fondi, perché nulla aggiungerebbe al danno subito degli investitori retail che avevano creduto ed aderito a quell’aumento di capitale, con le uniche modalità consentite loro, sia che fossero azionisti Saipem, sia che fossero acquirenti di diritti d’opzione convertiti in azioni. Per favorire una completa interpretazione dell’accaduto, va considerato che i due fondi avevano ed hanno tuttora la qualifica di Market Maker (Intermediario che si assume il compito di garantire, in via continuativa, la negoziabilità di determinati titoli), oltre ad appartenere alla categoria degli investitori istituzionali.
Il primo quesito a cui bisognerebbe dare risposta: chi è stato danneggiato dal crollo di valore delle azioni Saipem? Nei tre giorni in cui sono state effettuate quelle vendite, sono stati negoziati sul mercato 10.957.858 azioni inesistenti, corrispondenti al 51,4 % del totale titoli emessi. È evidente che una simile forzatura di mercato ha falsato il valore del titolo ed influenzato le sue valutazioni, inciso sui comportamenti e le decisioni degli investitori retail. I possessori di titoli che avevano buone ragioni per vendere, avrebbero certamente potuto ottenere prezzi più elevati se le negoziazioni fossero state regolari. Ciononostante, a loro non viene riconosciuto nulla di quanto sarà incassato con le sanzioni.
Agli investitori che ritenessero di essere stati danneggiati dal comportamento dei due fondi, resterebbe la possibilità di aprire un’azione di rivalsa; ma contro quale controparte? Contro i due fondi che avevano la possibilità di fare operazioni di mercato che agli investitori retail sono impedite, o contro chi non si è accorto in tempo utile cosa stesse accadendo e non ha diffuso le informazioni indispensabili per spiegare un simile crollo? Le domande non sarebbero esaurite, e i dubbi si estenderebbero al modello di calcolo per la quantificazione del danno, poi a quanto costerebbe un’azione di rivalsa in cui sarebbe indispensabile il coinvolgimento di un consulente tecnico di parte (CTP) e consulente tecnico d’ufficio (CTU) e … via di seguito, con il risultato che quasi nessuno sarebbe disposto a correre il rischio d’affrontare una causa onerosa, incerta, le cui difficoltà apparirebbero insormontabili già nella ricerca di uno studio legale in possesso dell’esperienza per accettare l’incarico. Quindi, nella migliore delle ipotesi, meno di un danneggiato su mille sarebbe disposto a fare ricorso (affermazione che si basa sui numeri delle adesioni a ricorsi organizzati in casi precedenti).
Precisando che noi siamo da sempre contrari a qualsiasi tipo di vendita allo scoperto, perché la consideriamo una manipolazione di mercato, in questo caso ci siamo occupati di una vendita allo scoperto perché è stata attuata anche se espressamente vietata dalle norme di riferimento e, quindi, ci stupiamo che sia potuto accadere un simile evento. Soprattutto considerando l’immissione sul mercato, in soli 3 giorni, di volumi superiori al 50 % dei titoli esistenti. Ci chiediamo come sia possibile che nessuno dei filtri di controllo abbia bloccato una simile irregolarità e comunicato al mercato cosa stesse accadendo, per evitare che emittente e investitori subissero danni a causa di un’anomalia nemmeno ipotizzabile da chi non ha la possibilità di vendere, nemmeno per errore, un’azione che non potrebbe consegnare all’acquirente nei termini prescritti dalle norme.
Agli investitori istituzionali sono permesse operazioni finanziarie mai consentite ad un investitore retail. La giustificazione per le differenze di trattamento tra le due categorie d‘ investitori sono riconducibili ad una spiegazione che, in questa occasione, non esiteremmo a definire sconcertante: per i risparmiatori retail sono previste limitazioni con finalità essenzialmente protettive, considerando che non posseggono la competenza di quelli istituzionali. Noi siamo consapevoli che il nostro punto di osservazione non consenta di avere la visibilità che hanno i superesperti di mercato. Ciò non toglie che possiamo avere proposte da esternare, anche se è possibile che quanto ci accingiamo a descrivere non sia la soluzione ideale per altri. Poiché vorremmo accrescere il nostro livello di conoscenza dei mercati finanziari, saremo grati a chiunque ci dicesse dove sbagliamo e, nel caso in cui le nostre proposte fossero considerate degne di considerazione, per quale ragione non siano oggetto di proposte introduttive nella UE e/o in Italia.
- Se le vendite allo scoperto nude sono vietate, per evitarle è sufficiente che il sistema di negoziazione impedisca l’inserimento di un ordine da parte di un soggetto che non ha la possibilità di consegnare i titoli al compratore, nei termini di consegna definiti.
- Se le vendite allo scoperto “Covered” (con prestito di titoli per rispettare la consegna) sono consentite, per una corretta gestione di quell’operatività è sufficiente che il sistema di negoziazione gestisca i prestiti e consenta le vendite assistite da un prestito, impedendo al prestatore la vendita sino al momento della restituzione titoli.
- Se tutte queste operazioni sono gestite da un sistema centralizzato automatico, anche l’informazione alla Consob e al mercato sarebbe gestita in tempo reale. Se il sistema di negoziazione segnala che è in atto una vendita allo scoperto, per esempio facendo lampeggiare il nome del titolo, chiunque voglia inserire un ordine su quel titolo, avrebbe la possibilità di conoscere chi ha inserito un ordine di vendita allo scoperto, chi gli ha prestato i titoli, il numero di azioni oggetto di quella transazione, e l’eventuale somma di tutte le vendite allo scoperto effettuate su quel titolo.
- Quando una palese violazione non è evitabile con interventi in grado di impedire l’abuso, ma è sanzionabile come nel caso che stiamo analizzando, parte del ricavato dalle sanzioni dovrebbe essere utilizzato per aiutare gli investitori retail a recuperare il danno subito, conseguendo così lo scopo che la nostra Costituzione si prefigge con l’art. 47. L’introduzione dell’automatismo contribuirebbe anche ad una significativa riduzione degli abusi, perché la certezza del diritto è la migliore arma di dissuasione per chi si vorrebbe appropriare dei risparmi dei cittadini.
- L’introduzione di un’azione di classe (Class action) che consenta il risarcimento di tutti gli investitori coinvolti in un caso di mala finanza, agevolerebbe le azioni di rivalsa proposte al punto 4 ed accentuerebbe la forza di dissuasione già descritta, con l’ulteriore beneficio di una riduzione del numero delle cause. Gli studi legali sarebbero incentivati ad acquisire competenze che permettano loro di cimentarsi in azioni legali complesse, ma redditizie.
Naturalmente, se si continuasse ad incrementare l’erosione dei diritti degli investitori, come accaduto negli ultimi anni, o tutto restasse immutabile al livello attuale, consentendo ai mercati finanziari di depauperare i risparmi dei cittadini che investono per garantire un futuro sereno a sé stessi e ai propri eredi, la logica deduzione degli investitori continuerebbe, inevitabilmente, ad essere improntata al pessimismo: “Le istituzioni attribuiscono la priorità di tutela ad interessi diversi dai nostri e, allora, ci tuteliamo investendo i risparmi su altri mercati più rispettosi dei nostri diritti, fino a quando la nebulosità di certi strumenti finanziari non si sia definitivamente dissolta sui nostro mercato”.