A metà gennaio del 2002, su “Il sole 24 ore”, era apparso un articolo in cui si parlava della SCI. Pensammo fosse un nuovo caso di omonimia e, invece, si trattava proprio della società in cui uno di noi era ancora azionista. Leggemmo l’articolo con curiosità, per un attimo pensammo di essere finiti su una falsa notizia, poi, al termine della lettura, dovemmo accettare l’incredibile notizia che una società di Milano aveva deciso di riportare in bonis una società dichiarata fallita da quattro anni. Scoprimmo che, con l’adesione all’offerta pubblica d’acquisto, l’amico che non aveva venduto le azioni perché in Malesia, avrebbe potuto incassare l’equivalente di una lira per ogni azione posseduta. Non era molto, ma per uno che poteva recuperare più del 10 % del capitale investito in una società dichiarata fallita da oltre quattro anni, era certamente un’ottima e insperata notizia.
A inizio 2018, nel fare una ricerca su internet con l’uso di parole chiave che facevano riferimento a sentenze contro emittenti e intermediari finanziari, incrociammo nuovamente una notizia sulla SCI e scoprimmo che la sua storia non era finita nemmeno dopo l’adesione all’OPA di uno di noi. La notizia era rilevabile in due risposte date da “Il Mondo” a due risparmiatori datate cinque agosto u.s. e ventitré dicembre. L’anno non era precisato ma doveva essere tra il 2004 e il 2007. Nell’articolo abbiamo trovato un indirizzo di posta elettronica e il nome del legale che aveva assistito una ventina di risparmiatori milanesi contro le banche che erano risultate soccombenti nel primo grado di giudizio ed erano ricorse in appello. Abbiamo provato a scrivere all’indirizzo di posta elettronica di Assosci, ma il nostro scritto non è stato mai consegnato, nonostante tre invii. Probabilmente non era più presidiato e l’associazione aveva cessato la propria attività. In quel momento ci è venuta per la prima volta l’idea su un sito internet che potesse aiutare azionisti, investitori e risparmiatori per azioni risarcitorie collettive che fossero più efficaci e meno costose a livello individuale. Lo spunto ci venne dall’esclamazione che sfuggì al nostro amico nell’apprendere quella notizia: “C… Se l’avessi saputo, mi sarei unito a loro”.
Abbiamo fatto una ricerca sull’avvocato Cino Raffa Ugolini, citato come legale che aveva tutelato il gruppo di investitori, nelle risposte che avevamo letto e, senza difficoltà, abbiamo trovato numero telefonico e indirizzo di posta elettronica. Per non disturbare abbiamo preferito scrivere, nella speranza accogliesse con favore la richiesta d’informazioni su come si fosse concluso il ricorso in appello. Pur non conoscendoci, è stato di una gentilezza squisita, ci ha risposto immediatamente e ci ha inviato la sentenza del ricorso in cassazione delle banche che erano state soccombenti anche in appello. Abbiamo così scoperto che le banche sono state ancora soccombenti dopo due cause, cinque gradi di giudizio, con pieno riconoscimento delle richieste danni agli investitori assistiti dall’avvocato. La sentenza è stata una vera lezione sull’etica comportamentale che dovrebbe indirizzare i comportamenti di chi opera sui mercati finanziari.
Abbiamo letto con attenzione la sentenza e abbiamo capito che le banche non avrebbero potuto vendere le azioni, perché erano in possesso d’informazioni riservate che non erano note a tutti gli azionisti. Cercando di capire tutte le sfumature, con stupore abbiamo appreso un’infinità di cose che non c’erano note e, soprattutto, integrando la nostra esperienza avvenuta nel 97, con le motivazioni della sentenza emessa nel 2014, il comportamento scorretto delle banche appare ancora più evidente.
Noi avevamo venduto le nostre azioni il 27 e il 28 agosto, eravamo in Liguria e, pur essendo la SCI una società genovese, non avevamo saputo che circolassero voci di una possibile Offerta pubblica di acquisto (OPA). Ci eravamo meravigliati che in pochi minuti fosse stato acquistato l’intero pacchetto di azioni che avevamo messo in vendita. Leggendo la sentenza, abbiamo scoperto che i ricorrenti avevano iniziato ad acquistare proprio al 26 d’agosto, dopo avere prestato attenzione a una notizia sul lancio di una possibile OPA. Chissà chi poteva avere avuto interesse a diffonderla? I volumi avevano iniziato a essere elevati prima del 27, altrimenti noi non avremmo venduto in quel giorno. Anche l’amico che era a Milano non aveva avuto difficoltà a cedere una quantità di azioni di poco inferiore a quella ceduta il giorno precedente. Mai come in quest’occasione trova conferma il pensiero di Giulio Andreotti: “A pensar male si fa peccato, ma spesso s’indovina”. Anche il detto che il lupo perde il pelo, ma non il vizio trova riscontro, se si pensa alla Parmalat o ai titoli di stato argentini, fatti avvenuti prima, o ai diamanti da investimento e tanti altri abusi emersi dalle lamentele di azionisti, investitori e risparmiatori.
Riflessioni, commenti e proposte:
- La prima riflessione che possiamo fare è che nessuno abbia convenienza a mettersi da solo contro i professionisti degli abusi. Lo dimostrano le due cause, le cinque sentenze e i tre gradi di giudizio con cui i furbi si sono opposti a un’azione risarcitoria più che motivata. Solo l’istituzione di una Class action molto severe potrebbe dissuaderli dal provarci e dall’insistere.
- La seconda riflessione è che una ventina d’investitori assistiti da un ottimo legale di Milano, Cino Raffa Ugolini, hanno potuto farlo perché si sono uniti ed hanno reso possibile un’azione legale che singolarmente sarebbe stato difficile sostenere, sia dal punto di vista economico che emotivo.
- Da quanto accaduto, abbiamo tratto stimoli per realizzare un sito internet che possa informare e aggregare consensi per dare forza ad azioni collettive e a proposte legislative a tutela di chi affida i propri risparmi a intermediari o li gestisce in autonomia.
- Nei decenni in cui abbiamo seguito la finanza, abbiamo maturato una convinzione: se i risparmiatori non imparano ad aggregarsi come categoria e a fare valere la forza del loro peso elettorale, i fatti che sono accaduti negli ultimi 30 anni continueranno a falcidiare i nostri risparmi, perché i furbi hanno capito che noi subiamo e che a livello di singola persona nessuno ha la convenienza economica di agire in giudizio.
- L’unico modo per fare cessare gli abusi, che abbiamo solo iniziato a descrivere, è di non lasciarne mai cadere uno, denunciare e reagire subito, fare in modo che tutti i danneggiati siano risarciti, che siano introdotte norme severissime. A titolo di esempio ne citiamo solo una: “Quando una società abilitata all’intermediazione finanziaria si oppone con una lite temeraria a una richiesta di risarcimento danni chiara, documentata e facente riferimento a norme che definiscono il contenzioso, perderà l’abilitazione all’intermediazione non appena il giudice la dichiarasse soccombente”. Pensate che con l’introduzione di una simile norma i furbi continuerebbero ad approfittarsi dei risparmiatori?
- Io credo che veramente in pochi fossero attenti alle informazioni sulla SCI come lo eravamo noi. Risiedevamo a Milano, eravamo un gruppo di amici che leggeva più quotidiani con pagine dedicate alla finanza, ascoltavamo telegiornali di più testate, eppure non abbiamo mai saputo che si stesse facendo un’azione collettiva per danni subiti dagli azionisti SCI e non abbiamo mai sentito che le banche fossero risultate soccombenti. Veramente strano come le buone notizie, che possano stimolare i danneggiati alla reazione, non circolino mai.
Non abbiamo citato le banche soccombenti. Non è stata una dimenticanza, lo abbiamo fatto perché il problema non riteniamo sia il caso specifico, ma i meccanismi che consentono ai furbi di appropriarsi dei risparmi dei cittadini. La sentenza di terzo grado sul caso SCI è a disposizione di chiunque desiderasse riceverla.