Avevamo letto l’articolo: Milano Finanza dibattito sul risparmio, pubblicato il 10 08 2022, autore Salvatore Rossi. Poiché vi si citava uno scritto del 06 08 2022, abbiamo cercato e letto: ORSI & TORI – Draghi usi la delega fiscale per una riforma del mercato dei capitali che attragga in Italia il risparmio nazionale. Autore Paolo Panerai. L’argomento era di particolare interesse per noi, che avremmo avuto molto da dire sul tema e speravamo di cogliere qualche ammissione che potesse portare veramente a soluzione il problema. Sì, un vero problema nazionale, perché la nostra crescita economica era inferiore a quella della media europea, da quando il risparmio degli italiani aveva iniziato a prendere le distanze dal sistema paese.
I numeri riportati da Paolo Panerai confermavano quello che noi stavamo denunciando da anni, infatti a inizio articolo si riportava: Oggi il 75% del risparmio degli italiani è investito all’estero. Quindi il paese con il più alto risparmio pro capite al mondo, che in passato aveva finanziato l’enorme debito pubblico, anche questo ai massimi livelli globali se suddiviso per il numero di abitanti, ora non sosteneva più l’economia del proprio paese.
Anche i numeri riportati nell’articolo di Salvatore Rossi non alimentavano certamente una visione della realtà più ottimistica – I depositi nazionali sono arretrati per la qualità dei loro impieghi. Le azioni e le obbligazioni italiane sono solo il 5% dei portafogli dei fondi. La struttura produttiva deve essere al passo con l’innovazione – La prima anomalia è che le famiglie italiane hanno investito i loro risparmi nel corso degli anni molto più in attività reali (abitazioni, ecc.) che finanziarie rispetto agli altri paesi avanzati con cui ci confrontiamo. In altri termini la nostra economia è meno finanziarizzata delle altre – La seconda anomalia è che fra le attività finanziarie sono più presenti le forme liquide, denaro e conti bancari, rispetto a obbligazioni e azioni, sempre nel confronto internazionale, segno di una finanza poco sviluppata anche nella qualità oltre che nella quantità –
Il 31 agosto abbiamo letto anche l’intervento del Professore emerito di Storia Economica alla Luiss Guido Carli, Giuseppe Di Taranto che ha fatto una premessa. Anche noi la condividiamo e riteniamo doveroso citarla – La instabilità del sistema Italia è politica e non economica, nonostante la fuga di risparmio, di imprese e di società verso borse e Paesi esteri. Dalla caduta del muro di Berlino e il dissolvimento dell’Unione Sovietica, in Germania si sono susseguiti solo quattro governi e in Italia 21. Poi descrive i punti di forza dell’Italia: seconda nazione manifatturiera d’Europa, con un PIL che occupa l’ottava posizione al mondo e un accumulo di risparmio che garantisce la sostenibilità del notevole debito pubblico. Le considerazioni sull’allocazione del risparmio non si discostano molto dalle precedenti e ne riportiamo un passaggio – Dunque, se il 75% del risparmio degli italiani, oltre 2.600 miliardi, è investito in società quotate all’estero e dall’inizio dell’anno il valore dei delisting effettuati da nostri importanti imprenditori ha raggiunto i 43 miliardi di euro, è necessario rispondere alla domanda posta da Roberto Sommella: «Ma è colpa loro o del sistema poco accogliente?».
Siamo in piena sintonia con i 3 punti dell’appello lanciato da Milano Finanza il 6 agosto, per salvare l’Italia: 1) Un grande mercato italiano dei capitali; 2) Il risparmio degli italiani investito in Italia; 3) Uno sviluppo del pil che taglia anche il debito.
Da anni sosteniamo che la crescita economica nazionale avrebbe bisogno di ricevere un flusso di capitale di rischio degno della settima potenza industriale del G20. I numeri citati a vario titolo negli interventi tecnici, documentano le anomalie del sistema finanziario italiano. Se si riuscisse a rimuoverle, sarebbero attivati verso l’economia del paese i flussi di capitale che giacciono inutilizzati nei conti correnti bancari o investiti in attività estere. Siamo pienamente d’accordo sulla definizione del problema, ma non possiamo condividere, integralmente, le cause e le interpretazioni con cui si cerca di spiegare le anomalie, per proporre soluzioni in grado di rimuoverle. Precisiamo che non intendiamo avanzare alcuna critica a quanto esposto da chi aveva competenze economiche, finanziarie e politiche, ma vorremmo proporre una visione da una prospettiva che nessuno ha considerato, e che riteniamo possa essere in grado di riportare il risparmiò su attività finanziarie nazionali.
Di seguito descriviamo, a chi ci fa l’onore di leggerci, il contributo che avevamo inviato a Milano Finanza sul tema proposto. Poiché il nostro punto di vista non è stato preso in considerazione, abbiamo ritenuto importante farlo conoscere ai nostri lettori, nell’auspicio che condividano le nostre idee, e contribuiscano a dare la forza dei numeri a ciò che esponiamo, per indurre finanza, politica e media a considerarci parte attiva anche nella definizione di soluzioni e regole.
Sintetizziamo i consigli e le proposte introdotte con gli interventi che abbiamo citato.
- Incentivi di natura fiscale per imprese e investitori.
- Unificare le norme di diritto societario e fiscalità su tutti i mercati finanziari europei.
- Progettualità della politica per lo sviluppo di un grande mercato finanziario italiano.
- Trasformazione delle modalità di sviluppo produttivo, con diffusione della cultura finanziaria, per sostituire il credito bancario con l’accoglienza di un azionariato diffuso.
- Semplificare i meccanismi di accesso alla quotazione per agevolare l’ingresso di imprese in un mercato che non ha mai raggiunto volumi di altre nazioni.
- Rafforzare l’efficienza dei mercati finanziari verso il capitale di rischio.
- Diffusione di cultura finanziaria tra i risparmiatori.
Sono tutti suggerimenti indubbiamente utili a migliorare i mercati finanziari, ma da soli potrebbero contribuire ad incrementare una maggior aggressività degli operatori di mercato, nei confronti dei risparmiatori, che continuerebbero a non avere alcuna possibilità di intervenire nella definizione delle regole, e sarebbero costretti a subire tutto ciò che la politica definisce, avendo come consulenti gli stessi operatori di mercato. Basta estrarre un passaggio dall’audizione parlamentare, del 17 maggio 2022, al segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, per identificare una delle cause che hanno allontanato il risparmio dal sistema paese – Quanto alla tutela del risparmio, la stessa Mifid prevede un questionario per la clientela, ma i dipendenti delle banche sono, talvolta, obbligati a suggerire le risposte in modo da assegnare alla clientela “patenti finanziarie” in linea con i prodotti offerti. Capita, perciò, che prodotti complessi e rischiosi siano venduti a chi ha conoscenze limitate dei rischi e, addirittura, a chi non ha mai fatto operazioni finanziarie in passato.
Si potrebbe attribuire la responsabilità allo scarso senso etico con cui i dipendenti degli intermediari si prestano a fuorviare i clienti, per fare gli interessi del datore di lavoro. È sufficiente fare altre citazioni per capire la degenerazione cui siamo giunti, in un momento in cui gli istituti di credito hanno come priorità principale la riduzione del personale – Qui vi elenco i casi più clamorosi di indebite pressioni commerciali che, voglio sottolinearlo, hanno spesso costretto le lavoratrici e i lavoratori bancari a fare uso di farmaci oppure a ricorrere all’assistenza di psicologi e psichiatri. I casi sono numerosissimi e diffusissimi e vengono sistematicamente negati da alcuni responsabili commerciali di gruppi bancari. Ecco, come dicevo, alcuni esempi: vengono assegnati budget di difficile realizzazione, con ritorsioni professionali e personali in caso di mancato raggiungimento (umiliazioni verbali, minacce di trasferimento o minacce di revoca delle ferie o del part-time); i dipendenti vengono sollecitati più volte a inviare i report di vendita … – Nel resto d’Europa, i dipendenti delle banche non subiscono certi trattamenti e infatti sul tema del cosiddetto risparmio tradito non esistono precedenti.
Come denunciato dalla Fabi, la Mifid, strumento che dovrebbe tutelare i risparmiatori meno preparati, è stata trasformata in un documento che manleva gli istituti di credito nei contenziosi legali, perché se un risparmiatore impreparato facesse ricorso, per essere stato consigliato ad acquistare un’attività finanziaria che non avrebbe mai messo in portafoglio se ne avesse conosciuto la pericolosità effettiva, in giudizio risulterebbe soccombente, perché sarebbe esibito un documento che aveva firmato, su consiglio di un referente che aveva creduto affidabile.
Se ad un risparmiatore con cultura finanziaria limitata, può accadere ciò che abbiamo descritto, a quelli più preparati potrebbe andare anche peggio, perché loro conoscono i fondamentali e credono alle dichiarazioni degli amministratori, per cui potrebbe accadere di restare intrappolati nella miriade di disastri bancari cui abbiamo assistito negli ultimi 10 anni, o di fidarsi delle dichiarazioni dei vertici, aderendo a tre aumenti di capitale consecutivi, con importi progressivamente più elevati, e con riconoscimento del diritto di opzione; per, poi, essere espropriati alla quarta richiesta di liquidità, quella di importo inferire e con negazione quasi integrale del diritto d’opzione, come accaduto agli azionisti di Banca Carige.
Quanto premesso, è stato descritto per illustrare come il progressivo allontanamento dei risparmiatori dal sistema finanziario italiano, abbia una spiegazione ben diversa dalle correttissime analisi tecniche illustrate dalle personalità che sono intervenute nel dibattito proposto da Milano Finanza. Sono tutti interventi utili se si considera il merito, ma non possono generare cambiamenti significativi, perché il problema risiede nel metodo con cui gli intermediari e alcuni emittenti, hanno carpito e tradito la fiducia dei risparmiatori. L’unica iniziativa che potrebbe riportare il risparmio degli italiani sul nostro sistema finanziario, è un radicale intervento che ripristini la fiducia dei risparmiator; i quali, da decenni, sono in balia di alcuni intermediari che consigliano i clienti, avendo come priorità altri interessi (Bond Argentina, diamanti …), e di emittenti senza scrupoli, come documentano i numerosissimi delisting, su cui sarebbe interessante indagare e istituire verifiche e norme capaci di dissuadere chi abusa delle regole a maglie larghe esistenti.
Gli interventi possibili sono molteplici e con costi praticamente nulli per il sistema finanziario. Ne proponiamo alcuni su cui la politica potrebbe intervenire favorendo la loro implementazione:
- la costituzione dei risparmiatori come categoria;
- tutti i documenti standard da sottoporre alla firma di un risparmiatore, dovrebbero essere validati da un ente espressione della categoria e accompagnati da una sintesi esplicativa;
- tutti i comunicati ufficiali per le operazioni finanziarie, dovrebbero essere validati da un ente espressione della categoria, prima di essere approvati da Consob;
- ogni informazione finanziaria mediaticamente diffusa, dovrebbe consentire il diritto di rettifica e integrazione ad un ente espressione della categoria;
- la politica dovrebbe definire norme efficaci per l’istituzione di una class action che tuteli veramente i risparmiatori e dissuada gli emittenti senza scrupoli dal commettere abusi.
Si potrebbero aggiungere molti altri suggerimenti alla lista, ma la priorità assoluta riteniamo debba essere di riportare la fiducia nei risparmiatori. Un concreto progetto di tutela degli investitori, terrebbe gli avventurieri lontani dal mercato e gli imprenditori seri potrebbero sviluppare la propria attività contribuendo alla generazione di benessere per il paese, facendo correre solo i rischi finanziari ai risparmiatori che avessero creduto in un progetto industriale.
A noi, che da anni riceviamo gli sfoghi dei risparmiatori sfiduciati, appare chiarissimo il loro comportamento: i più preparati hanno spostato il denaro dove ritenevano di avere un maggior guadagno e di correre un minor rischio; gli altri l’hanno lasciato immobile nei depositi bancari. A riprova della correttezza di queste considerazioni, riportiamo i numeri esposti dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nell’ultima giornata mondiale del risparmio, il 31 ottobre 2021: le attività finanziarie detenute dai nostri connazionali nei fondi, classificabili come obbligazioni e azioni della propria nazione di residenza, sono il 5% del totale investito, mentre in Francia sono il 34 e in Germania il 14. Come negare che emerge con evidenza la sfiducia degli italiani nel sistema paese, generata dalla cruda realtà sperimentata da molti di loro, dopo avere creduto ad una finanza incontaminata che proiettava scenari da favola sul loro futuro?
La delusione dei risparmiatori è ancora più cocente nel constatare che, dopo 8 anni di perdite, di delusioni, di iniezioni di liquidità, di promesse mai mantenute, di denunce inascoltate da istituzioni politiche e finanziarie, un tribunale europeo ha sentenziato che chi controllava le banche italiane più importanti aveva commesso un errore di diritto a loro danno. Eppure sarebbe stato sufficiente ascoltare le loro denunce, le loro sagge proposte di soluzione, per accorgersi che si stava allontanando il risparmio dall’economia italiana in modo irreversibile.