Su Milano Finanza (MF), il 31 dicembre 2020 è stato pubblicato un articolo dal titolo: “Dal Fitd nuove regole per le crisi”. Il 2 gennaio 2021 su Repubblica Genova, sotto il titolo: “Diga, acciaio e banca, tre sfide per ripartire nel 2021”, descrive le prospettive del futuro prossimo di Banca Carige. I due articoli, a giudicare dai titoli, non dovrebbero avere nulla in comune. Per spiegare le relazioni esistenti tra quanto tratteggiato separatamente, dovremo fare alternativamente riferimento a quanto riportato in entrambi, introducendo attori non citati, il cui coinvolgimento potrebbe dare un significato completamente diverso a quanto descritto separatamente.
Nell’articolo di MF si evidenzia che a causa dei costosi salvataggi degli ultimi anni, fra cui quelli della Banca Popolare di Bari e della Carige, per cui si dichiara siano stati spesi quasi due miliardi, è necessario dotare il fondo di un nuovo statuto, introducendo nuove regole con cui affrontare le crisi bancarie; senza per questo ipotizzare un disimpegno dai salvataggi degli istituti di credito, specialmente nei casi in cui la gestione di una crisi abbia, per il sistema creditizio nazionale, un costo superiore all’intervento per riportare in equilibrio i conti dell’istituto di credito in difficoltà.
Repubblica analizza i passaggi per l’aggregazione tra CCB e Carige, ipotizzando più scenari, compresa la possibilità di dovere cercare una soluzione diversa dall’esercizio dell’opzione di acquisto sulle azioni Carige possedute da Svi e Fitd, che CCB ha la facoltà di esercitare entro il 31 dicembre 2021. Potrebbe rinunciare all’esercizio di quel diritto, nel caso l’autorizzazione fosse subordinata ad un aumento di capitale. Il fondo aveva concesso l’opzione in esclusiva alle banche di credito cooperativo trentine, cui non era stata ancora rilasciata alcuna autorizzazione da BCE, che doveva controllare i suoi conti. L’ipotesi non ci stupisce e non potrebbe farlo, considerando che avevamo denunciato ben prima dell’approvazione di quell’aumento di capitale l’esistenza di quel rischio. Purtroppo eravamo stati i soli a farlo. Altri avevano enfatizzato quell’aumento come una soluzione capace di risolvere tutti i problemi dell’istituto di credito genovese, senza alcuna considerazione per le perdite che avrebbe generato agli azionisti di Banca Carige.
Non riusciamo a capire come mai questi dubbi possano emergere ora, considerato che nello stesso articolo si ipotizza che nel 2021 la banca ligure tornerà in utile e nei mesi precedenti si è più volte dichiarato che Carige aveva raggiunto parametri di solidità ai massimi livelli tra le banche italiane. Poiché quanto descritto nell’articolo suona come una conferma dei dubbi che avevamo più volte espresso, proviamo a riformulare una domanda, posta più volte con sfumature diverse: Se CCB necessita di un aumento di capitale per aggregarsi con una banca che chiuderà in utile l’esercizio in corso e che possiede parametri di solidità tra i più elevati a livello nazionale, siamo certi che la banca da salvare fosse Carige, o è possibile ipotizzare che il tesoretto nascosto nei sui bilanci fosse utile a migliorare i conti di CCB?
Dall’articolo di MF estraiamo altri passaggi cui riteniamo di dovere dare rilievo perché particolarmente in sintonia con le richieste avanzate dagli azionisti della banca ligure nell’assemblea del 22 dicembre 2018. Tra le conferme dei vincoli già previsti dallo statuto e sottoposte alla valutazione di Banca d’Italia, si esplicita la necessità che, prima di autorizzare il conferimento della somma necessaria alla messa in sicurezza di una banca, sia predisposto un credibile piano di rilancio dell’istituto in difficoltà. Peccato che quando quella stessa richiesta è stata ufficializzata dagli azionisti di Banca Carige, nell’assemblea del 22 dicembre 2018, sia stata utilizzata come giustificazione per commissariare la Banca.
Lo stesso attore che oggi vuole ribadire quel vincolo nel proprio statuto, aveva imposto ai commissari un accordo quadro che espropriasse gli azionisti che avevano utilizzato i risparmi per aderire ai tre aumenti di capitale avvenuti in precedenza. Poi ha deciso d’investire nuovo capitale nella banca, dopo avere concesso a CCB un’opzione di acquisto sull’ottanta percento del capitale sociale con sconto del 47%. Aggiungiamo che 313 milioni del capitale investito in Carige da Fitd, prima di essere convertiti in azioni, erano un prestito obbligazionario convertibile, con un tasso del 13% che era salito al 16% quando gli azionisti hanno posto quella domanda in assemblea, mentre a CCB è stata concessa la facoltà di appropriarsene, dopo la conversione in azioni, con lo sconto già citato sopra. Come logica conseguenza dell’evidenza di questi dettagli, non è difficile ipotizzare a chi debbano essere imputate le perdite denunciate da Fitd per il cosiddetto salvataggio di Banca Carige.
Nell’articolo di MF, si evidenzia che nel nuovo statuto, viene confermato il vincolo che l’autorizzazione dell’intervento in soccorso di una banca in difficoltà, da parte del fondo sia subordinata alla presenza di un cavaliere bianco. Cioè un terzo attore che ricopra il ruolo che CCB potrebbe svolgere in Carige, qualora esercitasse l’opzione di acquisto concessa dal fondo. Nel nostro caso ci appare evidente il paradosso per cui si sia preferito coinvolgere un cavaliere bianco che chiedeva uno sconto enorme, anziché dare ai vecchi azionisti le informazioni che lo stesso Fitd pretende siano presentate per statuto. Una risposta a questa domanda potrebbe arrivare nelle prossime settimane e noi non perderemo l’occasione di segnalarla nel caso ciò avvenisse.
In attesa di scoprire chi sia il vero cavaliere bianco nel caso Carige, proviamo a rifare il punto su quello intervenuto in Tercas e citato come uno degli interventi che hanno generato i costi per cui il Fitd ha sottoposto a Banca d’Italia una revisione dello statuto.
Banca Tercas era stata commissariata il 3 maggio 2012 con provvedimento di Banca d’Italia. Banca Popolare di Bari (Bpdb), nel 2013, ha portato a termine con successo un aumento di capitale da244 milioni e ottenuto l’autorizzazione da Banca d’Italia, per acquisire il controllo della banca in amministrazione straordinaria. Bpdb aderirà all’aumento di capitale Tercas, a lei riservato, solo se Fitd coprirà le perdite, dopo che sia stato azzerato il capitale sociale di Tercas. Alla fine dell’operazione avrebbe ottenuto il controllo della banca con il possesso di oltre il 90% delle azioni emesse dalla società su cui era intervenuta. La descrizione appena esposta conferisce il ruolo di cavaliere bianco alla Banca Popolare di Bari, nella risoluzione della crisi di Banca Tercas.
Il 30 settembre 2014, dopo che l’assemblea degli azionisti aveva eletto i nuovi organi sociali, cessa l’amministrazione straordinaria delle banche Tercas e Caripe. Nel frattempo Fitd ha versato 270 milioni per ricoprire le perdite e Bpdb ha sottoscritto integralmente l’aumento di capitale a lei riservato, versando 230 milioni di euro. A febbraio del 2016 inizia l’iter di fusione per incorporazione in BPdb delle due banche abruzzesi, che avrà efficacia giuridica dal 18 luglio 2016, con decorrenza 1° gennaio 2016.
Nel frattempo, a fine 2015, l’Antitrust europeo aveva deliberato che il capitale versato da Fitd in Tercas, per soddisfare le condizioni dettate da Bpdb, dovesse essere considerato come aiuto di stato, sollecitato dalle autorità nazionali per favorire il salvataggio di una banca. Aveva, quindi, disposto il recupero dell’aiuto e il ripristino della situazione esistente prima della sua erogazione. La reazione tempestiva e congiunta, del Governo italiano, della Banca d’Italia e di Bpdb, che hanno fatto ricorso alla Corte di giustizia europea, ottiene una vittoria nella sentenza di primo grado, Il 19 marzo 2019. Nell’ultimo giorno utile, la controparte ha presentato un ricorso in appello, che ha impedito alla banca pugliese di risollevare i conti che avevano evidenziato una perdita al 31 dicembre 2018.
A dicembre 2019 Bpdb subisce lo stesso provvedimento dell’acquisita Banca Tercas, e da cavaliere bianco si trasforma in istituto di credito che necessita dell’intervento di un salvatore. È convocata un’assemblea straordinaria della banca per il 29 e 30 giugno del 2020 con tre punti all’ordine del giorno:
- Azzeramento del patrimonio netto per le perdite contabilizzate al 31 marzo 2020, con ricostituzione di un patrimonio di 10 milioni da parte del FITD, subordinato all’approvazione degli altri due punti all’ordine del giorno.
- Trasformazione in società per azioni della Banca Popolare di Bari
- Approvazione di un aumento di capitale riservato a Medio Credito Centrale e Fondo interbancario di tutela depositi.
I 69.000 azionisti e i possessori di obbligazioni convertibili della banca Popolare di Bari, hanno approvato in massa quell’aumento di capitale, contabilizzando perdite enormi, la loro esperienza di azionisti in una banca che aveva assunto il ruolo di cavaliere bianco non è stata migliore di quella degli azionisti di Banca Carige che si sono visti espropriare un patrimonio netto enorme, a favore di un istituto di credito che aveva assunto lo stesso ruolo, sempre con la sponsorizzazione di FITD.
Sono tre storie su cui non è stata ancora scritta la parola fine. Sino ad ora hanno in comune tre punti fermi: gli azionisti delle banche Tercas, Bpdb e Carige hanno perso quasi integralmente i risparmi investiti nelle banche del loro territorio.
Chi ci ha guadagnato? Chi non ha fatto il proprio dovere? Noi potremmo rispondere ai due quesiti, ma, al momento, sarebbero considerate ipotesi, o illazioni. Potremo dare risposte a queste domande se avremo la pazienza del pescatore, che vigila ed è pronto a reagire al momento giusto. Seguendo le vicende sino in fondo, potremo scoprire molto sull’evoluzione che si sta imprimendo alla finanza e sui meccanismi introdotti di recente e su cui non sarebbe stata saggia una reazione immediata. Se saremo capaci di capire e reagire tutti insieme, potremo tutelarci e generare il cambiamento indispensabile per ricondurre la finanza al suo ruolo di sostegno dello sviluppo economico e di garanzia per un futuro sereno a tutti.