Il 29 maggio 2021, La Repubblica Genova aveva pubblicato un’intervista di Massimo Minella a Francesco Guido, amministratore delegato di Banca Carige. Il titolo dell’articolo era: Guido “Carige punta sulla voglia di futuro delle imprese liguri”. Evidenziamo volentieri dichiarazioni che condividiamo, semplicemente perché dopo trenta mesi di ottusa negazione di cosa avesse compromesso gli equilibri di un istituto di credito storico, si lascia riemergere il concetto che l’economia ligure aveva sospeso la sua marcia verso un futuro, potenzialmente ricco di prospettive, perché la banca che aveva contribuito a generare ricchezza per il territorio e per se stessa, aveva abbandonato il suo ruolo per ricoprirne uno che l’avrebbe portata al dissesto. Apprezziamo che dopo i reiterati tentativi di regalare Banca Carige a fondi speculativi esteri, che avrebbero continuato a snaturare la missione aziendale di una società che aveva contribuito ad insegnare al mondo cosa deve fare chi raccoglie risparmio per metterlo al servizio dell’economia, generando benessere diffuso nel territorio.
Riportiamo i passaggi che riteniamo possano sintetizzare i concetti più significativi dell’intervista.
- Carige ha prima di tutto ascoltato 1.200 imprenditori liguri, per capire da loro le esigenze immediate e prospettiche, e ha poi sviluppato l’iniziativa che si tradurrà, con una multinazionale, in una serie di servizi dedicati a scouting delle opportunità di mercato, trasformazione digitale, transizione ecologica e sostenibilità, sviluppo di nuove competenze manageriali e internazionalizzazione.
- Con uno scambio di domande e risposte si evidenziava che l’Italia è seconda per produzione manifatturiera, ma incapace di tenere il passo della marginalità con i suoi competitor a causa della costante perdita di competitività, che ha ridotto del 40 % il suo margine operativo lordo (Mol).
- La Liguria è una grande cassaforte, ha una ricchezza che si è costruita negli anni e le sue aziende hanno dimostrato una resilienza superiore alla media. Ha le spalle più solide e ha una minore dipendenza dal credito bancario. Sono certo che saprà reagire alla crisi in maniera adeguata. C’è una grande voglia di futuro, ma da governare adeguatamente. Finalmente un poco di sincerità! Ecco espresso con chiarezza un concetto che giustifica le mire dei fondi speculativi sulla banca dei liguri. Peccato che l’ostinata volontà d’imporre un modello precostituito, abbia impedito di cogliere e valorizzare le caratteristiche di una banca che aveva continuato a crescere per secoli, sino a che non è stata più fedele al proprio ruolo storico e che aveva, invece, solo necessità di una rapida riconversione alle nuove tecnologie.
- Carige vuole essere il partner delle imprese nell’esplorare queste nuove opportunità e possibilità, a partire dalla digitalizzazione. Vogliamo che si passi dall’innovazione di processo a quello di prodotto in uno scenario globale. Volere tutto e subito è velleitario, ma la strada è tracciata.
Ci sono voluti trenta mesi per ritornare al punto di partenza. Il tempo perso non potrà essere recuperato ed è un vero peccato. Però la variazione del modello di comunicazione e la proposta di un piano industriale credibile e sostenibile, stanno permettendo la riapertura del dialogo con attori che vogliono proporre integrazioni in grado di aumentare i margini del sistema bancario nazionale e di raggiungere dimensioni tali da rendere più difficili incursioni ostili. Peccato che Banca Carige, se non avesse dovuto subire i danni derivanti dai crediti concessi a piene mani a prenditori non in grado di restituirli, avrebbe potuto giocarsi da protagonista la partita del consolidamento bancario, non da preda.
Dopo il 10 di giugno 2021, i media hanno iniziato a parlare dei pretendenti che chiedevano l’accesso alla data room di Banca Carige, per valutare la possibilità di proporsi come candidati alla sua acquisizione. Riportiamo alcuni titoli:
- Il Sole 24 Ore0 “Carige, la partita entra nel vivo. Prime due banche in data room”;
- Il Secolo XIX “Aggregazioni bancarie, Credem e Banco Bpm aprono il dossier Carige”;
- Finanza on line “Risiko banche, magra figura di Mps rispetto a Carige. Banca ligure preda ambita: tanti i pretendenti, tra cui Banco BPM e Credem.
- Milano Finanza “Banco Bpm-Carige, questo matrimonio non s’ha da fare”
- Liguria Business Journal: “Banche, Caselli: «È il momento storico delle aggregazioni, Carige troverà il suo partner»;
I soggetti citati come interessati alla banca dei liguri erano Banco Bpm, Credem, Bper, Credit Agricole Italia, Banca Intesa (che, sembra, abbia smentito il proprio interesse) e un paio di fondi stranieri di private equity. Banco Bpm e Credem apparivano come i pretendenti più determinati, perché erano stati i primi a sottoscrivere l’impegno di non diffusione informazioni sui dati rilevabili con l’accesso alla data room, che è la stessa fonte di reperimento informazioni che Banca Carige aveva attivato e resa accessibile agli attori coinvolti nell’accordo quadro che avrebbe dovuto chiudersi con l’acquisizione del controllo da parte di Cassa centrale banca (Ccb). Quest’ultima, a fine marzo, aveva rinunciato all’esercizio dell’opzione di acquisto sulle azioni possedute dal Fondo interbancario tutela depositi (fitd) e della sua controllata Schema volontario d’intervento (Svi), rimettendo il dossier Carige a disposizione di eventuali altri attori interessati.
I fondi apparivano come i potenziali compratori con meno probabilità di fare l’offerta più elevata, perché a loro non era concessa la facoltà di trasformare le imposte anticipate (Dta) in crediti d’imposta. Nel caso in cui ad ottenere il controllo fosse stato un istituto di credito, il cui consiglio di amministrazione avesse deliberato la fusione entro fine 2021, avrebbe acquisito il diritto di trasformale in credito d’imposta che sarebbe emerso immediatamente nel conto economico post fusione. La differenza di convenienza tra le due categorie di compratori, sarebbe stata di 400 milioni. Ovvio ipotizzare che in un’asta competitiva, in cui si aggiudica un oggetto conteso, abbia la possibilità di presentare un’offerta più elevata chi ottiene i maggiori benefici economici da quell’operazione finanziaria.
Per l’inizio di luglio dovrebbe concludersi la prima fase, in cui le società in competizione per la conquista di Carige dovranno presentare una prima offerta non vincolante, mentre ad inizio settembre dovrebbero essere presentate le offerte vincolanti da parte dei contendenti che riterranno di continuare a restare in gioco, con l’evidente obbiettivo di deliberare la fusione entro fine anno.
Non citiamo i valori che sono stati ipotizzati per Banca Carige, perché in questi anni abbiamo assistito alle più spericolate manovre di equilibrismo contabile e ci aspettiamo che il vero valore di Banca Carige possa emergere perché determinato da una semplice operatività di mercato, libera da condizionamenti e interferenze che nulla hanno in comune con la trasparenza e l’autonomia decisionale che sono dovute e potrebbero ridurre la diffidenza di chi vorrebbe investire in attività finanziarie. Gli azionisti, pur nella consapevolezza dei rischi connessi agli investimenti in titoli azionari, avrebbero la tranquillità che i loro diritti saranno tutelati. Citiamo alcuni esempi tipici, che dovrebbero evidenziare cosa abbia allontanato correntisti, risparmiatori e azionisti dal loro punto di riferimento, economico e finanziario, sul territorio.
- Come si potrebbe mantenere la fiducia in una banca, i cui amministratori, sempre cambiati, hanno tranquillizzato i risparmiatori affermando, per ben tre volte, che la ricapitalizzazione richiesta sarebbe stata risolutiva dei problemi e, poi, si è verificato che ne serviva una quarta e, ancora, se fosse stata approvata quella, si sarebbe dovuta fare la quinta?
- Come si potrebbe avere fiducia in un istituto di credito che considera corretta la propria valutazione di 55 milioni, utilizzata per un aumento di capitale con esclusione quasi totale del diritto d’opzione, a fronte di un bilancio che attesta un patrimonio netto di circa 1,3 miliardi?
- Come si potrebbe accordare fiducia a una banca e affidarle il proprio patrimonio, se a una partecipazione del 60 % in altro istituto di credito aveva attribuito un valore di 5 milioni, che avevano contribuito a portare la valorizzazione complessiva a 55 milioni e, poi, poche settimane dopo, sarebbe emerso che la partecipazione era salita dal 60 al 69 %, pagando quel 9 % 13,5 milioni? Un semplice calcolo potrebbe facilmente dimostrare che, se il prezzo pagato fosse considerato corretto, il valore con cui mettere a bilancio quel 60 %, avrebbe dovuto essere 81,9 milioni.
- Come si potrebbe avere fiducia nelle consulenze finanziarie di un intermediario che ha usato il valore dei 55 milioni citati sopra, per espropriare quasi integralmente i vecchi azionisti e favorire l’ingresso di nuovi?
- Come si potrebbe avere fiducia in un mercato finanziario in cui le funzioni di vigilanza e controllo hanno imposto un commissariamento giustificandolo con la necessità di dare una nuova governance ad un istituto di credito, in tempi rapidi e, dopo 30 mesi, nulla di decisivo è ancora avvenuto? Soprattutto se si considera che in tre mesi, o poco più, gli azionisti erano pronti a risolvere i problemi della banca, purché si fosse elaborato e reso pubblico un piano industriale credibile e veramente risolutivo dei problemi?
- Come possono i risparmiatori iniettare nuovi risparmi in un sistema che da trenta mesi tiene sospeso un titolo e in molteplici occasioni ha promesso la riammissione alla negoziazione, senza che nulla sia mai avvenuto?
- Con quale serenità i risparmiatori potrebbero investire in un mercato in cui le autorità non hanno preso alcun provvedimento nei confronti di un presidente di società quotata, dopo che è stata resa pubblica una registrazione realizzata dall’autorità giudiziaria, da cui emergeva che stava negoziando l’ingresso di un operatore di mercato nella società che presiedeva, prima di avere avvertito il consiglio di amministrazione e il mercato che sarebbe stata necessaria una nuova ricapitalizzazione?
Abbiamo descritto le motivazioni che giustificano la diffidenza dei risparmiatori, perché riteniamo indispensabile evidenziare le vere cause cui attribuire il perpetuarsi dei problemi di Banca Carige. Tutti i commenti contenuti all’interno degli articoli di cui abbiamo riportato i titoli, indicano il miglioramento del profilo reddituale di Banca Carige, come l’unico ostacolo rimasto ad un suo ritorno ad una marginalità storicamente dimostrata. Siamo pienamente in sintonia sull’esistenza di quel problema. Per quanto ci sforziamo, non riusciamo assolutamente a condividere le cause che lo hanno generato e finché non si individuano le vere motivazioni che hanno provocato il crollo della marginalità, si continuerà a danneggiare il risparmio, l’economia ligure e quella nazionale. A questo punto è il caso di affermare con determinazione, che la limitata crescita economica italiana, è dovuta a criticità assimilabili alla crisi che ha colpito la Liguria.
I dati utili ad una corretta interpretazione dei motivi per cui il sistema bancario nazionale non riesce ad esprimere il proprio potenziale, sono: gli italiani detengono una delle masse di risparmio, proporzionalmente, più elevate al mondo e i liguri hanno il più alto tasso di risparmio a livello nazionale; è noto che i costi per tenere aperto un conto corrente in Italia, sono tra i più elevati d’Europa. Se queste sono le premesse, chiediamoci come sia possibile che le banche italiane e, in particolare, la più importante della Liguria, soffrano di bassa redditività. Noi avevamo dedotto che il problema non poteva risiedere nel margine d’interesse, ma nei mancati ricavi da commissioni. La diffidenza verso la finanza, che come rilevabile dai sette punti esposti sopra, è più che giustificata, induce i risparmiatori a tenere fermi i soldi in conto corrente e l’economia non esprime il proprio potenziale, a causa delle difficoltà a reperire capitale di rischio che favorisca gli investimenti.
Provate a porvi le sette domande che abbiamo riportato sopra e cercate d’immaginare come vi comportereste voi, se vi trovaste nella condizione di chi ha affrontato gli ultimi sette anni di vita di Banca Carige. Ora ampliate il problema a livello nazionale, pensate a cosa è accaduto alle banche venete, Etruria, Mps, Marche, Tercas, Popolare di Bari. Moltiplicate il numero delle banche per le decine di migliaia di clienti, risparmiatori e azionisti che hanno avuto un’interazione con loro negli ultimi anni. Avrete così ottenuto un numero che quantifica la massa di persone che sono pronte ad esprimere pareri negativi sul mercato finanziario italiano e a cercare di convincere tutti i conoscenti a non cadere nella stessa trappola che ha trasformato la loro vita in un incubo.
Siamo lieti di avere percepito il cambio di modello di comunicazione del Dottor Francesco Guido e il suo tentativo di creare una nuova sintonia con imprese e famiglie del territorio. Purtroppo non basta ed è normale che il suo tentativo sia percepito come poco credibile. Berneschi, Montani, Bastianini, Fiorentino, Innocenzi, Modiano e Lener, lo hanno preceduto, hanno rilasciato dichiarazioni tranquillizzanti e gli azionisti hanno concesso loro fiducia. I fatti hanno dimostrato che, fidarsi, è stato un errore e, chi prima e chi poi, hanno preso le distanze da un modo che è più vicino al campo dei miracoli, al gatto e alla volpe, che ad un affidabile mercato finanziario in cui le autorità intervengono a tutela dei diritti. Invece, è evidente a tutti che i personaggi inaffidabili sono passati da un incarico all’altro, mentre chi ha tradito i risparmiatori una volta, non dovrebbe più essere reinserito nel sistema, se si vuole che i risparmiatori siano disposti a ritornare sui propri passi e a concedere una nuova timida fiducia.
Per fare ritornare Carige ai vecchi fasti, occorre un’operazione di: trasparenza, pulizia, recupero della credibilità. Le dichiarazioni degli amministratori ormai sono interpretate come il canto delle sirene; si ritiene siano rilasciate per fare cadere in trappola gli ingenui. A questo punto è necessario che le autorità che ne hanno la competenza, dicano cosa è veramente accaduto in Carige, emarginino i responsabili e pongano rimedio agli abusi. Solo la certezza del rispetto dei diritti potrà indurre i risparmiatori ad un ripensamento, che potrebbe fare nuovamente affluire i risparmi sui mercati finanziari nazionali. Solo una ritrovata fiducia nel sistema potrà ridare slancio ad un’economia che da decenni langue a causa dell’incremento della diffidenza che proietta incertezza sul futuro e, di riflesso, provoca contrazione dei consumi. L’inaffidabilità del sistema economico induce al pessimismo e per trovare la tranquillità si accumula il denaro nella moderna versione del vecchio caro materasso, che è stato sostituito dal conto corrente bancario. Vale la pena evidenziare che, purtroppo, la crescente diffidenza, ha affievolito l’interesse anche sui tradizionali titoli di stato.
La miglior soluzione per banca Carige e per chi la voglia acquisire, è un partner che sappia entrare senza trascurare gli abusi subiti dagli azionisti, perché solo così potrà recuperare il vero valore nascosto in banca Carige e che sino ad oggi tutti hanno evitato di considerare, la fiducia di risparmiatori, clienti e azionisti. Un saggio intervento delle autorità su quanto accaduto agli azionisti della banca ligure, potrebbe dare il via ad una vera rinascita della nazione, che potrebbe mettere a frutto la massa di risparmi che langue nei conti correnti, traendo spunti di riflessione dal passato, per evitare che certi errori possano ripetersi.
La sensazione che ha ispirato il fotomontaggio, è nata dal racconto di un sogno che mi aveva fatto un risparmiatore. Era entrato nel sito per curiosità, poi mi aveva scritto per dirmi che dicevo tante belle cose, che riconosceva impegno e competenza, ma era convinto che io stessi perdendo tempo, perché era convinto che non sarei mai riuscito ad ottenere nulla. Per rispetto della sua privacy, non cito nemmeno il suo nome, lo chiamerò Sigmund. Io gli avevo risposto che un eventuale calcolo probabilistico avrebbe potuto dare ragione a lui, ma che non mi sarei mai rammaricato per il probabile fallimento del mio tentativo di ridare etica alla finanza, perché, l’averci provato, era una condizione indispensabile per farmi trascorrere una serena vecchiaia. Naturalmente niente mi farebbe più felice del potere documentare a Sigmund che il provarci era riuscito a generare qualche risultato, oltre che a dare un senso più compiuto alla mia esistenza.
Negli incontri e negli scambi di mail ho avuto la possibilità di entrare in contatto con molti risparmiatori e la metafora espressa dalla foto che accompagna questo articolo, corrisponde certamente alla più diffusa sensazione di chi ha preso le distanze dalla finanza a causa di una o più brutte esperienze. Ridiamo loro la certezza del diritto che stanno cercando, è una condizione indispensabile per il rilancio del sistema Italia. Per ripartire non ci servono i soldi dell’Europa e nemmeno gli investimenti stranieri, bastano i risparmi degli italiani, dobbiamo solo fare capire loro che saranno protetti e che il loro denaro non sarà più in balia dei predatori