Il 25 giugno 2021 si è tenuta la prima assemblea ordinaria dell’Associazione Voce degli Azionisti. È stata la prima occasione in cui si è ritrovato, unito da una condivisione dei problemi che penalizzano i risparmiatori, un ristretto gruppo di azionisti della Banca Carige. Gli stessi a fine gennaio 2020 si erano organizzati per porre domande, che non avrebbero ottenuto risposta, nell’assemblea della Banca Carige in cui si sarebbe eletto il consiglio di amministrazione che doveva sostituire i commissari, ponendo fine al lungo periodo di gestione straordinaria. La partecipazione sarebbe stata del tutto inutile, se fatta ai fini di ciò che si doveva deliberare, ma si erano accordati e coordinati per fare interventi plurimi, con il preciso scopo di documentare come le assemblee delle società quotate si fossero trasformate in una pura formalità e che agli azionisti era negato anche il diritto di ottenere le risposte più elementari.
Anche nel luglio 2020, la convinzione che fosse necessario costituire una nuova Associazione ci aveva uniti, quasi tutti. In quell’occasione eravamo diventati un gruppo di 10 soci fondatori. Il 25 giugno 2021 è stato bello costatare che eravamo tutti presenti per la prima assemblea dell’associazione, in presenza o collegati in videoconferenza. Gli iscritti all’associazione erano diventati 85. Con l’autorizzazione del direttivo, abbiamo pensato di condividere con chi le ritenesse degne di essere approfondite, alcune delle idee che si sono evolute nel corso dello scambio d’opinioni tra tutti i partecipanti.
Come un pezzo di acciaio nelle mani di un abile fabbro può diventare qualsiasi cosa lui voglia forgiare, così le idee prendono forma sotto gli stimoli di chi percepisce un problema e vuole suggerire soluzioni, nel corso di un sereno e costruttivo scambio di opinioni. Le uniche armi che i risparmiatori hanno a disposizione sono le idee, le denunce, le iniziative, ma la forza delle idee non dipende dal fatto che siano state rese palesi, ma dal numero di persone che le abbracciano, le sostengono e le diffondono, perché sono determinate a generare il cambiamento in cui credono e, in mancanza del quale, i loro diritti continuerebbero ad essere prevaricati.
Ad introdurre il primo argomento era stato un’azionista che non aveva ancora aderito a nessuna causa, perché sino all’ultimo aveva dato fiducia alle dichiarazioni pubbliche di tutti coloro che avevano illustrato la ricapitalizzazione approvata il 20 settembre 2019, come la soluzione di tutti i problemi della banca genovese, per poi scoprire che l’unica cosa che era accaduta, fosse stata l’esclusione dei vecchi azionisti.
- (Azionista) Il tuo libro mi è piaciuto molto, ho capito che tutto quello che avevi detto prima e dopo la ricapitalizzazione, era vero e anche i fatti lo hanno dimostrato. Ho scritto a … (un giornalista, ma preferiamo non fare il nome, perché si è comportato come tutti) per suggerirgli un approfondimento al fine di fare una recensione, mi ha risposto che l’avrebbe fatto, ma poi non ha dato alcun seguito alla promessa.
- (Presidente) Purtroppo libertà di stampa non significa il diritto di dire la verità, come tutti credono, ma fare ciò che permette la sopravvivenza dell’editore.
- Leggo quel quotidiano da decenni, se ne leggessi un altro sarebbe la stessa cosa o, magari, peggio, non è possibile che l’informazione sia diventata quella roba cui abbiamo assistito nel corso dell’esproprio della Carige.
- Hai ragione a farti venire dei dubbi, ma sbagli se dai la colpa ai giornalisti. Finché provi a risolvere un problema al di fuori dell’area in cui è possibile individuare la soluzione, ti troverai sempre frustrato e pieno di rabbia.
- Se la colpa non è dei giornalisti, di chi sarà mai? Sono loro che decidono di privilegiare gli inserzionisti pubblicitari, rispetto ai diritti dei lettori.
- Sì, i responsabili siamo noi. Solo noi possiamo determinare il cambiamento. Noi non siamo capaci di fare valere la nostra forza potenziale, che rimane allo stato latente da decenni. I risparmiatori sono una categoria che vale certamente oltre il 90 % della fruizione di informazioni mediante stampa e canali radiotelevisivi. I media raccolgono pubblicità, perché hanno un ampio pubblico che induce gli inserzionisti ad avvalersi dei loro spazi pubblicitari.
- Questo mi è chiaro da sempre, mi chiedo cosa potremmo fare per indurre chi si occupa dell’informazione a citare i fatti che ledono i nostri diritti? Io gli ho scritto più volte, ma nonostante le promesse non ha nemmeno provato a fare finta di scrivere qualcosa sull’argomento. Quando però si trattava di convincermi a dare voto favorevole e ad aderire alla ricapitalizzazione, la testata parlava di Carige anche più volte la settimana.
- Tu però hai continuato a leggere lo stesso quotidiano, vero?
- Si certo. Ma chi vuoi che se ne accorga se io compro un altro giornale?
- Hai ragione ed è proprio qui che starebbe la soluzione. Prova ad immaginare se noi fossimo in 10 milioni e ogni mattina un coordinatore iniziasse un processo di diffusione di un messaggio che attraverso una rete ci raggiunge tutti in pochi minuti, in cui si dice: ieri il quotidiano/rete televisiva o radiofonica … non ha diffuso questa notizia … per cui oggi facciamo in modo che tutti lo boicottino. Credi che si occuperebbe dei propri lettori o continuerebbe a privilegiare gli inserzionisti se i resi superassero la metà delle copie consegnate alla distribuzione, o se un programma d’informazione radiotelevisiva vedesse dimezzati i propri ascoltatori?
- Non potrebbe trascurarci, un giornale senza lettori perderebbe anche la pubblicità.
- Come vedi, il quarto potere potrebbe appartenere a noi. Prima dell’avvento della pubblicità, i media dovevano conquistarci con l’energia delle idee, ora, se noi saremo capaci di dimostrare la nostra forza, dovranno imparare a conquistarci con il vigore della verità. Per ottenere un risultato apprezzabile, è sufficiente averne una diffusa consapevolezza ed essere disposti a dimostrarlo in tanti e tutti insieme. Prima o poi, gli organi d’informazione saranno costretti ad accorgersi che la loro missione è l’erogazione di un servizio, non la vendita di pubblicità, perché il consenso che è stato concesso alla testata, non può più essere considerato come acquisito in modo permanente, ma dipende dalla loro indipendenza e rispetto della verità.
Un secondo associato, che aveva aderito a più iniziative, aveva cercato di capire se le nostre denunce alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle banche e il sistema finanziario, avessero sortito qualche risultato apprezzabile.
- (Associato) Che impressione hai avuto sul lavoro della Commissione? Ho letto i numerosi esposti con cui hai segnalato fatti veramente clamorosi, sia sulla Carige, in particolare, sia sulla finanza, in generale.
- Purtroppo non credo che possiamo aspettarci risultati eclatanti (una espressione del viso, sintonizzata con una mossa delle braccia, mi aveva indotto ad una puntualizzazione). Attenzione! A preoccuparmi non sono i rischi imputabili alla malafede, ma alla competenza finanziaria. L’ho dedotto dalla terza convocazione di Paolo Savona, la registrazione dell’audizione è facilmente rintracciabile su internet. Alla fine delle dichiarazioni, un parlamentare ha contestato al Presidente Consob di avere perso troppo tempo prima di sospendere le vendite allo scoperto sul mercato italiano, che aveva subito un crollo a causa della pandemia. Infatti aveva atteso che la capitalizzazione di borsa si fosse ridotta di oltre 280 miliardi, prima d’intervenire. Poiché Paolo Savona era stato presidente di un fondo che operava sulle vendite allo scoperto e deteneva ancora una quota significativa del suo capitale sociale, il conflitto d’interesse appariva fin troppo evidente.
- Altro che evidente, cavolo! I componenti della commissione come hanno reagito?
- Hanno creduto alla sua giustificazione, come se fosse normalissimo spiegare i fatti come ha fatto lui: “Stiamo parlando di un fondo di diritto inglese, quindi la tesi del conflitto d’interesse non è sostenibile”.
- La commissione ha preso per buona una simile giustificazione?
- Poi ho scritto loro che la giustificazione addotta da Savona avrebbe potuto essere accettata, se quel fondo non avesse potuto operare in Italia, ma poiché poteva farlo, una simile giustificazione doveva essere bocciata. Ho anche aggiunto che da un presidente di Consob mi aspetterei che, se vede un buco nelle norme, si attivi per tapparlo, non che si ritenga in diritto di approfittarsene.
- Come possono accadere cose simili in un paese evoluto come il nostro? Perché pensi alla buonafede dei componenti della commissione?
- Perché, se fossero stati in malafede, avrebbero certamente architettato qualcosa di meno appariscente, o addirittura non l’avrebbero nemmeno convocato per un’ulteriore audizione. Anche qui c’è un problema insoluto da sempre: sulla finanza i politici si affidano a tecnici estratti dal sistema finanziario, ovvio che la loro competenza sia insufficiente a contrastare chi esibisce conoscenza della materia, approfittandosi di chi pone domande per capire, ma non ha preparazione per controbattere.
- Mi stai dicendo che siamo in un vicolo cieco, che dobbiamo tenere i soldi sotto il materasso, altrimenti i furbi possono fare quello che vogliono dei nostri risparmi?
- Anche in questo caso, esattamente come in quello precedente, i risparmiatori dovrebbero evolvere, organizzarsi e fare valere il proprio peso politico. Dovrebbero chiedere che la politica inserisca una terza voce nella definizione dei problemi finanziari. Dovrebbero unirsi e, quando entrano nella gabina elettorale, punire i politici che si sono dimostrati insensibili alla tutela del risparmio.
- Non sarà certamente facile riuscirci, la gente è pigra, trova sempre difficoltà a mettersi in gioco. Nelle dichiarazioni d’intenti sono tutti idealisti, ma alla prova dei fatti si dimostrano opportunisti.
- Tutto ciò che hai esposto, è sacrosanta verità. Se però volessimo guardare il bicchiere mezzo pieno, qualche sprazzo di ottimismo potrebbe aiutarci a credere che le cose possano cambiare. Ti ricordi quando ho scritto alla Commissione i problemi connessi alla vendita forzata dei crediti deteriorati, in un mercato che non aveva la potenzialità di acquisire tutti quelli in cerca di un compratore?
- Si certo. Avevi precisato che trasferivano ricchezza a fondi stranieri, generavano perdite alle banche e tutti i costi gravavano sugli azionisti.
- La commissione ha fatto audizioni anche su quel tema, una professoressa della Cattolica ha confermato ciò che avevamo evidenziato noi e, anche il Parlamento Europeo si sta muovendo per definire norme che possano contenere gli effetti negativi di una soluzione troppo semplicistica.
- Allora tu credi che si possa ottenere qualche risultato importante?
- Dobbiamo insistere e convincere i risparmiatori che la difesa dei risparmi è un diritto garantito dalla costituzione e che nel tempo assumerà un’importanza crescente. Da quando ci hanno detto che, per garantirsi una vecchiaia serena, sarà necessario un reddito che integri la pensione, investire i risparmi è diventato un obbligo e il lavoro che abbiamo intrapreso e diventato indispensabile. Se vogliamo garantire un futuro alle prossime generazioni, dobbiamo insistere e, nel caso non facessimo in tempo noi, creare le condizioni affinché qualcuno sia disposto a raccogliere il testimone. Il ritorno dell’etica nella finanza è un obiettivo irrinunciabile, non un lodevole tentativo di un gruppo di idealisti. Se falliamo i nostri figli avranno un futuro pieno di incertezze e ai nostri nipoti potrebbe andare anche peggio che a loro.
Aggiungiamo una sintesi dell’intervento del Vicepresidente, che abbiamo percepito densa di significati e di efficacia comunicativa: “Facendo riferimento all’attività istituzionale dell’Associazione, devo dire che concordo con quanto anticipato da Franco, ossia che ad oggi l’attività dell’associazione è assorbita quasi totalmente dalla vicenda Carige. Tuttavia, affinché l’Associazione possa continuare nella sua missione che l’ha vista nascere, quella sostanzialmente di tutela degli investitori privati cittadini, occorre anche una maggiore sensibilità da parte degli stessi, i quali devono prendere coscienza che determinate battaglie non si iniziano solo se c’è “convenienza” o “sicurezza” di spuntarla … ma si iniziano nella convinzione di vedere tutelati fino in fondo diritti costituzionalmente garantiti. A mio parere, proprio la vicenda Carige, potrebbe rappresentare il miglior biglietto da visita della nostra Associazione. Conscio che soprattutto un esito accettabile della stessa …. lo rafforzi ancor di più”.
Ci fa piacere dare evidenza al suggerimento di un consigliere, espresso mentre approvava la bozza di verbale: “… al verbale non avrei nulla da aggiungere, se non un invito ai Soci di fare azione di proselitismo con amici e conoscenti, azionisti di Carige o di altre banche o comunque di S.p.A. per l’adesione alla nostra Associazione, ricordando che “più siamo più contiamo” e “più contiamo, più sarà facile ottenere risultati”.
Estraiamo parte della mail che il presidente ha inviato agli associati, cui era allegato il verbale dell’assemblea. Lo scopo era di tratteggiare gli obiettivi e di trasmettere, al di là delle evidenze formali, i valori che stanno lentamente emergendo e animando l’associazione. Il principale dei quali è lo spirito che spinge un gruppo di persone ad impegnarsi per generare un cambiamento nella finanza, che è diventato indispensabile per l’Italia, se si vuole che il capitale torni a sostenere lo sviluppo economico, anziché continuare a languire nei conti correnti, perché il sistema finanziario non è stato capace di conservare la fiducia che ci aveva spinto a investire i nostri risparmi in un sistema finanziario che si è dimostrato troppo poco affidabile.
Sappiamo che molti di voi sono in attesa che si apra la possibilità di un’azione di rivalsa che possa ristorare i danni che abbiamo subito. Purtroppo per aprire un’azione legale a costi ragionevoli, bisogna essere in molti. Saggezza vuole che si attenda il momento opportuno per promuoverla, perché alcuni eventi in itinere potrebbero avere sviluppi in grado di favorire le adesioni di nuovi associati. Ognuno di noi ha subito un’evoluzione diversa dagli altri, perché la vicenda si sta trascinando da oltre un decennio e, quindi, potrebbe avere interesse ad aderire a una causa, ma non ad una che copra danni subiti in periodi diversi da quello in cui sono concentrati i suoi. Ecco perché l’individuazione dell’azione legale che copra i danni del maggior numero di azionisti possibile, necessita di un’analisi approfondita. Se riusciremo a cogliere buoni segnali sulle possibilità di esito favorevole per gli azionisti, potremmo valutare in quanti siano pronti ad aderire, fare una stima di costo e decidere di rivalerci per i danni subiti.
Se, però, ad animarci fosse solo il desiderio di recuperare una parte dei danni, avremmo perso ancora prima di avere iniziato a giocare la partita. Il nostro scopo dovrebbe essere quello di unire tutti i risparmiatori per generare il cambiamento, non quello di organizzare centinaia di cause dove aderisce solo una piccola parte dei danneggiati, senza creare le condizioni per evitare in modo permanente che, ciò che è accaduto a noi, possa accadere ad altri in futuro.