Il 18 novembre 2020, MF Dow Jones, in un articolo dal titolo “Banche: Ccb prende tempo su Carige”, ipotizzava che Cassa centrale banca (Ccb) avrebbe potuto rimandare la decisione sull’acquisizione del controllo di Banca Carige a metà del 2021. Ovvio che, con quella prospettiva, decadesse la possibilità che l’aggregato trentino di casse di credito cooperativo, esercitasse l’opzione d’acquisto sull’80% del capitale in possesso del Fondo interbancario di tutela depositi (Fitd), nella prima finestra utile al 31 dicembre 2020.
L’articolo proseguiva evidenziando che Carige aveva messo a disposizione dei due sottoscrittori dell’accordo, una data room che avrebbe consentito loro di prendere decisioni con parità d’informazione tra le parti ed eventualmente di rinegoziare i termini dell’accordo, anche in considerazione del mutato clima sul settore bancario, che rischiava di vedere peggiorare le prospettive di ripresa della marginalità, a causa della pandemia di Covid 19.
S’informava il mercato che l’istituto di credito genovese aveva deciso d’investire nel settore delle gestioni patrimoniali (Wealth Management) per incrementare i margini. L’articolo si concludeva con la segnalazione che la prudenza di Ccb fosse più che comprensibile, perché non aveva ancora ottenuto il via libera all’acquisizione del controllo di Carige, che doveva essere rilasciato dalla vigilanza Bce, dopo avere verificato la correttezza dei suoi conti e la sua solidità patrimoniale.
Il 23 dicembre 2020, Il Sole 24 Ore sotto il titolo “Cassa centrale al bivio su Carige. Tre mesi per la fusione, incognita Bce”, affrontava il medesimo argomento aggiungendo sfumature diverse.
Evidenziava che la data in cui sarebbero stati portati a termine i controlli della vigilanza era stata spostata di un mese. A fine marzo Ccb sarebbe stata nella condizione di scegliere tra deliberare l’acquisizione del controllo di Banca Carige, oppure fare un passo indietro per permettere a Fitd di selezionare un altro partner cui conferire il controllo sulla banca dei liguri.
I tempi erano stati definiti da accordi intercorsi tra le parti coinvolte, che con senso di responsabilità volevano favorire una soluzione che non lasciasse nel limbo dell’incertezza una banca, per un periodo troppo prolungato, in un momento particolarmente complesso per il sistema bancario.
Si descrivevano due potenziali pericoli che avrebbero potuto fare fallire il piano concordato tra le parti e i commissari nel luglio del 2019. Il primo era attribuibile alle mutate condizioni economiche che potevano essere compensate dalla conversione delle DTA in crediti d’imposta, che una nuova norma permetteva di fare in caso di fusioni bancarie. Il secondo era il rischio che i controlli della vigilanza Bce trovassero nei bilanci di Ccb ragioni che inibissero la possibilità di autorizzare la fusione. Per qualsiasi ragione il diritto d’opzione non fosse stato esercitato, Fitd avrebbe dovuto cercare un nuovo Partner per la banca genovese, perché per statuto non poteva mantenere una partecipazione stabile in un istituto di credito.
Il 19 gennaio 2021 MF DJ con l’articolo “B. Carige: Ccb in pressing su Fitd” segnalava un’intensificazione dei contatti tra Fitd e Ccb, allo scopo di definire la nuova governance societaria entro il primo trimestre del 2021. Ccb chiedeva una rinegoziazione degli accordi. In parole semplici si aspettava uno sconto maggiore di quello concordato prima che l’esplosione della pandemia facesse cambiare lo scenario dell’attività caratteristica delle banche. Naturalmente la decisione sull’esercizio dell’opzione di acquisto, restava subordinata all’esito delle verifiche che la vigilanza BCE stava compiendo sui conti di CCB.
Il 18 febbraio il secolo XIX con l’articolo “Carige, il prospetto per ritorno in Borsa affidato allo studio Bonelli. I titoli sono sospesi dal 2 gennaio 2019”, comunicava ai suoi lettori che si stavano compiendo i passaggi necessari per fare riammettere le azioni di Banca Carige alle negoziazioni di borsa. Inutile dilungarsi nei dettagli perché la notizia del ritorno del titolo in borsa entro pochi mesi era stata diffusa più volte, a partire dalla primavera del 2019, senza che nulla sia mai accaduto.
Anche La Repubblica Genova il 19 febbraio riportava la notizia, scendendo in maggiori dettagli e ampliando l’approfondimento nell’articolo “Carige, la Borsa nel mirino”. Ipotizzava che si stessero creando le condizioni per il ritorno in borsa della Carige, ma che la decisione potesse restare sospesa, sino a che non fossero stati portati a termine i chiarimenti tra i due principali azionisti. Aggiungeva un’informazione estratta dalla relazione conclusiva inviata dai commissari a Bce, da cui emergeva che Innocenzi, Lener e Modiano avevano chiesto un parere per un’azione di responsabilità contro Paolo Fiorentino, per la nota semestrale del 2018, ottenendo la conferma che sarebbe stato ragionevole agire legalmente contro di lui.
Dopo l’assemblea del 22 febbraio, in cui si dovevano eleggere due nuovi consiglieri che avrebbero occupato le cariche di presidente e vicepresidente, non erano emerse notizie in grado di fare chiarezza sul futuro di banca Carige, anzi, nei giorni precedenti, sia pure in modo velato, si era insinuato un nuovo motivo d’incertezza: Il gruppo bancario cooperativo Iccrea, aggregato romano di banche con caratteristiche simili a quelle di Ccb, aveva manifestato il proprio interesse ad unirsi con il gruppo trentino. In un incontro con la Fabi, principale sigla sindacale dei bancari, i vertici di Ccb avevano cercato di tranquillizzare tutti, dicendo che stava facendo tutto il possibile per portare a termine l’acquisizione del controllo di Banca Carige.
Un altro motivo d’incertezza, oltre a quelli sin qui evidenziati dai media, era da attribuire al malcontento di molte delle 77 banche che componevano il gruppo Ccb e, nel caso in cui per decidere si fosse dovuto, per statuto o per scelta, prendere la decisione in un’assemblea generale, nonostante le tranquillizzanti dichiarazioni dei vertici, non sarebbe stato certo che il risultato fosse quello sottoscritto con l’accordo siglato nell’estate 2019 tra Ccb e Fitd.
Il 23 febbraio, il Cda di Carige, completo di tutte le cariche sociali, doveva approvare i conti preliminari de bilancio d’esercizio che andava dal primo febbraio al 31 dicembre 2020. I risultati aggiungevano nuovi motivi d’incertezza sul futuro di Banca Carige, evidenziavano una perdita di oltre 185 milioni, pari a circa 2,4 volte quanto esposto nelle ultime stime. Per Ccb e Fitd non doveva essere una sorpresa poiché avevano a disposizione la data room, ma per altri possibili attori, certamente, non era stata una buona notizia.
In conclusione, a più di due anni dal giorno in cui BCE aveva annunciato, senza spiegare il perché, il commissariamento di Carige, motivandolo con la necessità di darle in tempi ristretti una governance che l’avrebbe portata a brillare di nuova luce, nulla di definitivo è accaduto. Nessuno sa dire quale sarà il futuro della città che si era meritata l’appellativo di Superba, riuscendo a mantenerlo nei secoli, anche grazie al supporto allo sviluppo economico, garantito al territorio dalla sua banca. I liguri non riescono a trovare motivazioni che li inducano all’ottimismo, perché i problemi che si sono accumulati sulla Liguria e in particolare su Genova, hanno tolto vitalità a chi vi risiede, insinuando la percezione di un declino irreversibile.
Per riportare il sole nell’economia ligure, bisogna analizzare e capire qual’era il patrimonio plurisecolare che aveva generato ricchezza e prosperità ai privati cittadini, alle imprese, alla banca e al territorio.
La fiducia, questo è l’unico ingrediente che manca per risolvere i problemi creati da chi non aveva capito lo spirito che animava una società con il più elevato accumulo di risparmio. Il sole può tornare ad illuminare i contorni crepuscolari di una regione in declino, solo se si capisce che l’ingrediente mancante è la fiducia e che l’elemento indispensabile alla formula risolutiva dei problemi, non può essere concesso a chi è stato capace di vanificare una storia plurisecolare, con decisioni che hanno compromesso una tradizionale capacità d’interazione positiva, in un tessuto sociale che aveva sempre saputo reagire alle avversità.