Ad aprile 2012 la Cassa di risparmio provincia di Teramo (Tercas), su proposta della Banca d’Italia e con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, è stata commissariata. Il sette maggio dello stesso anno, il commissario straordinario, Rag. Riccardo Sora, nominato da Banca d’Italia, ottiene la sospensione del titolo Tercas dalla negoziazione.
Nel 2013 la Banca Popolare di Bari (BpB) manifesta il proprio interesse a sottoscrivere un aumento di capitale di Banca Tercas, ancora sottoposta al regime di amministrazione straordinaria, a condizione che il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) copra il deficit patrimoniale di Banca Tercas. Il Fitd è un consorzio tra banche, che contribuiscono alla formazione di un fondo obbligatorio, che sarà utilizzato per la tutela dei depositi sino a 100.000 euro, nel momento in cui una banca in crisi non fosse più in grado di restituire quanto depositato dai propri correntisti. Nel caso di Banca Tercas, considerando la disponibilità del Banco Popolare di Bari a effettuare una ricapitalizzazione e ad acquisire il controllo della banca in difficoltà, l’intervento del Fitd a sostegno della proposta di BpB, avrebbe ottenuto un miglior risultato con un minor costo. Banca Tercas non sarebbe fallita, i dipendenti non avrebbero perso il posto di lavoro e BpB aumentava la propria dimensione, ottenendo ovvie sinergie di scala, l’impatto socio economico sarebbe stato più facilmente gestibile e meno devastante, per un territorio che aveva bisogno di stimoli e non di ostacoli burocratici allo sviluppo della sua economia. Altro effetto non trascurabile, tutti i depositi sarebbero stati tutelati. Il costo di una copertura volontaria del deficit patrimoniale per il Fitd sarebbe stato inferiore.
La miglior soluzione che si potesse adottare, era così ovvia, che nel 2014 il Fondo Interbancario di tutela dei depositi ha volontariamente aderito alla proposta del Banco Popolare di Bari, perché meno onerosa ed ha coperto la mancanza di capitale di Tercas, dando anche alcune garanzie di supporto alla realizzazione del piano, dopo che la banca d’Italia aveva approvato la soluzione ritenuta socialmente meno dolorosa ed economicamente più vantaggiosa. Il BpB ha sostenuto l’impegno economico della ricapitalizzazione perché ritenuta strategicamente valida ed economicamente sostenibile nel medio periodo. La commissione europea, ipotizzando che quella decisione non rispettasse le norme europee sugli aiuti di stato, ha deciso di aprire un’inchiesta. A fine 2015, l’Antitrust europeo ha deliberato che si trattasse di aiuti di stato, sollecitati dalle autorità nazionali per favorire il salvataggio di Banca Tercas, disponendo il recupero dell’aiuto e il ripristino della situazione esistente prima della sua erogazione.
Per pubblicare un’informazione completa e un’approfondita percezione della pervicacia con cui si voleva impedire all’Italia di adottare le soluzioni più efficaci per uscire dalla più profonda crisi bancaria degli ultimi decenni, bisogna aggiungere che nell’agosto 2013 la commissione UE aveva inviato una comunicazione in cui si diceva che l’intervento del Fondo Interbancario di tutela depositi nel salvataggio di banche in crisi, poteva essere considerato aiuto di stato. Per rispondere a quella mossa preventiva, il Fitd aveva costituito un conto separato, in cui le banche accantonavano fondi su base volontaria e, quindi, non considerabili come versamenti a norma di legge per garantire la tutela dei depositi bancari. Proprio da quest’assurdo gioco di mosse e contromosse tra istituzioni, l’antitrust europeo si riteneva in diritto di considerare le decisioni prese per il salvataggio di Tercas, non rispettose delle norme comunitarie.
Con una reazione tempestiva e congiunta, il Governo italiano, la Banca d’Italia e Banca Popolare di Bari hanno fatto ricorso alla Corte di giustizia europea, affinché si esprimesse in merito alla decisione dell’antitrust, ritenuta non corretta da tutte le parti coinvolte e da moltissimi esperti, perché incomprensibilmente errata, sia sotto il profilo politico, sia dal punto di vista economico, oltre che giuridicamente impugnabile. Il 19 marzo 2019, il tribunale del Lussemburgo ha dato ragione all’Italia. Non ci dilunghiamo nell’esposizione delle motivazioni allegate alla sentenza emessa dalla Corte di Giustizia Europea, perché ampiamente trattate da tutti i quotidiani e facilmente reperibili in internet. Riportiamo la dichiarazione del Segretario Generale di Assopopolari, Giuseppe De Lucia Lume, perché ci sembra la sintesi più efficace ed esaustiva, dei problemi creati all’economia nazionale e al sistema bancario, dalla decisione dell’antitrust europeo e dichiarata illegittima dal tribunale del Lussemburgo:
- Purtroppo la giustizia ha tempi diversi da quelli dell’economia e non sempre può arginare i danni della politica. Non aver potuto utilizzare uno strumento che sarebbe stato utilissimo e pienamente legittimo, ha prodotto danni enormi soprattutto per la Banca Popolare di Bari e per i suoi soci oltre ad aver aggravato la crisi bancaria e, di conseguenza, quella economica. Il problema è però di fondo. Senza la politica, il diritto europeo è diventato, più banalmente, il diritto delle regole che, applicate in modo manicheo al nostro Paese, ha fatto danni enormi. Oggi, dopo la sentenza sarebbe quanto meno auspicabile un atteggiamento risarcitorio da parte della Commissione europea. Di certo un ripensamento delle modalità di funzionamento è urgente e necessario. La sentenza lo rende anche possibile
Con l’esposizione dei fatti ci fermiamo qui, anche se, molto probabilmente, dovremo ritornare sull’argomento per ampliarlo e approfondirlo, perché l’impatto della decisione presa dall’antitrust europeo per Tercas, ha imposto all’Italia decisioni che si sarebbero potute evitare, perché dannose sul piano economico, anche nella gestione di altre crisi bancarie. Abbiamo esposto in modo sintetico il caso Tercas, perché è stata la prima palese dimostrazione dell’accanimento di responsabili di funzioni europee, contro il sistema bancario e, di conseguenza, dannoso per i risparmiatori e per l’economia italiana. Lo stesso atteggiamento è stato mantenuto nella gestione di tutte le crisi bancarie. Nell’unica occasione in cui un azionariato diffuso ha cercato di sostenere la banca del proprio territorio, perché affiancato da imprenditori coraggiosi e disposti a rischiare, si è accentuato sino al punto di calpestare diritti costituzionalmente garantiti. Ovviamente stiamo parlando di Banca CARIGE.
Riflessioni e considerazioni
- La prima riflessione che emerge nel descrivere quanto accaduto è: con quale logica si ritiene di potere imporre all’interno di una comunità, un costo economico e sociale pari a 100 per distruggere un’attività economica, quando spendendo 50 si potrebbe risanarla senza che nessuno subisse alcun torto o un qualsivoglia danneggiamento?
- Margrethe Vestager (danese) commissaria europea per la concorrenza, ha ostinatamente impedito una soluzione ragionevole alla crisi di alcune banche Italiane, imponendo la loro risoluzione a costi sociali ed economici molto più elevati, rispetto al loro salvataggio con denaro volontariamente versato da società private, che avrebbero speso meno scegliendo questa soluzione.
- Danièle Nouy (francese) ex presidente del consiglio di vigilanza sulle banche europee, nel corso del suo incarico ha permesso che il consiglio da lei presieduto imponesse regole che rendevano intangibile per i vecchi azionisti, parte del patrimonio di Banca CARIGE, creando le condizioni per farlo riemergere nei bilanci dopo l’ingresso di nuovi investitori. Di fatto, un’evidente prevaricazione sui diritti garantiti dall’articolo 47 della costituzione italiana.
- La sentenza Tercas dimostra molte cose che non sono state ancora evidenziate. Dimostra che se la politica non riesce a costruire un’Europa rispettosa di una sana convivenza civile tra le nazioni, i tribunali possono contribuire a cambiarla, a fare da contrappeso all’ostinazione con cui certi responsabili, che facciamo fatica a credere operino in buona fede, prendano con disinvoltura decisioni che distruggono ricchezza in nazioni diverse da quelle che li hanno proposti per quegli incarichi. Dimostra che anche gli azionisti CARIGE possono avere fiducia in un giusto risarcimento per decisioni che non hanno rispettato un loro diritto costituzionale. A noi non piace l’idea che per avere un’Europa giusta e rispettosa del diritto, si debba contare sui tribunali. In ogni caso, preferiamo un’Europa con regole imposte dalla Corte di giustizia a un’Unione Europea in cui scorrazzano personaggi che, appena insediati, possano forzare regole in grado di distruggere i risparmi dei cittadini europei.