La pubblicazione degli ultimi tre articoli ha generato un incremento delle mail ricevute da chi ci legge. Abbiamo ritenuto di non limitarci alle risposte individuali, e pubblichiamo quelle che potrebbero essere apprezzate da lettori in possesso delle stesse curiosità, ma che non hanno pensato di scriverci.
WhatsApp di Valerio
Ho letto la notizia pubblicata su un quotidiano ligure che avete riportato in un vostro articolo, dove si legge che Messina & C. avrebbe venduto una nave a 10 milioni in più di quanto sarebbe costata se si fosse acquistata nuova. Senza mettere in dubbio quanto avete riportato, vi chiedo come sia possibile che una nave vecchia con un probabile livello di obsolescenza ed usura elevato, possa valere più di una nuova che sarebbe certamente dotata di strumentazioni più moderne e motori più efficienti?
Nostra risposta
Non solo è possibile, ma a determinarlo è una logica di profitto, non un errata valutazione del compratore. Il motivo è molto semplice: erano schizzati in alto i valori dei noli marittimi e la consegna di una nuova nave sarebbe avvenuta dopo anni, da qui il plusvalore attribuito ad una nave con consegna immediata, che avrebbe soddisfatto la necessità di trasporto marittimo da subito. Spesso, l’interesse del venditore è complementare a quello del compratore, perché, se si tratta di una società di navigazione, con la cessione trae profitto ed entrerà in possesso di una nave più moderna, come da lei descritto. È probabile che, prima di vendere la nave, ne abbia ordinata una nuova e noleggiata una, in attesa della consegna; l’esperienza e i rapporti con gli operatori del settore, che certamente aveva il venditore, potrebbe avergli consentito un’operazione che per un semplice fruitore del servizio non era in grado di definire ed attuare.
Il trasporto marittimo (shipping) è un settore particolare che, conoscendolo, può dare opportunità d’investimento ad un risparmiatore attento a cogliere i segnali che anticipano la ripresa del valore dei noli marittimi, a condizione che si stia attenti a non farsi sorprendere dalla fine del ciclo con una sovraesposizione al settore. A sostegno dell’affermazione, è sufficiente osservare il grafico delle quotazioni del titolo D’Amico, da cui sarà facile capire come sarebbe stato redditizio cogliere l’inversione del ciclo considerato che: a gennaio 2018 oscillava intorno a 0,24 euro e a novembre dello stesso anno scendeva anche sotto 0,08. Da allora e sino ad aprile 2022 si è mosso poco sotto o poco sopra 0,1. Poi ha iniziato a salire, e dal 2 al 10 marzo 2023 ha sempre chiuso oltre 0,47.
Noi, nella consapevolezza della ciclicità dei margini del settore, siamo convinti che l’esperienza plurisecolare di Banca Carige, nel finanziamenti allo shipping, le avrebbe certamente consentito di trarre profitti interessanti da quei crediti, se li avesse gestiti senza l’incomprensibile ambizione di attestarsi ai migliori livelli nazionali nel Npe ratio, che, invece, ha consentito un maggior accumulo di imposte attive differite a favore di chi l’avesse acquisita, utili elevati a chi ha acquistato i crediti, e una penalizzazione del patrimonio della banca.
Mail di Roberto.
Ho letto con interesse l’articolo che parlava di Orsero, in cui ho colto dettagli che non mi erano noti. Li ho trovati particolarmente interessanti perché escono dagli schemi abituali delle informazioni finanziarie e suggeriscono spunti di riflessione per le valutazioni sulle società quotate.
Mi ha colpito un’informazione apparentemente marginale, ma che mostra come fattori esterni possano incidere sui risultati delle imprese, più dei fondamentali. Leggendo l’articolo ho pensato che a determinare il successo della ristrutturazione fosse stata l’abilita di Raffaella Orsero, poi, alla fine, mi è sorto il dubbio che a determinare il buon esito possano essere state le condizioni con cui si è negoziata la ristrutturazione del debito. Potete precisare meglio il vostro pensiero? Grazie.
Nostra risposta
La determinazione e la competenza di Raffaella Orsero non sono in dubbio e confermiamo la nostra massima stima per lo stile di direzione con cui ha saputo scegliere, motivare e fidelizzare i collaboratori, condividendo con loro meriti e soddisfazioni di un successo imprenditoriale, le cui potenzialità potevano essere vanificate dai vincoli imposti alle banche.
Noi abbiamo voluto evidenziare come un’imposizione della Bce avrebbe potuto condizionare le decisioni di un istituto di credito che: se avesse ceduto il debito della società, probabilmente ne avrebbe decretato la chiusura, nonostante l’abilità di chi la gestiva; ristrutturando il debito ha consentito il suo rilancio. Il fatto che sul mercato era noto che quel credito potesse essere oggetto di una cessione a terzi, probabilmente, ha cambiato il rapporto di forza nella negoziazione spostandolo a favore del debitore, il quale non ha certo colpe se una decisione del regolatore gli ha consentito di ottenere condizioni più favorevoli. Noi lo abbiamo evidenziato, per dare risalto al fatto che certe decisioni possono compromettere i fondamentali dell’economia, dando vantaggi ad una parte, compromettendo l’operatività di un intero settore, che è fondamentale per lo sviluppo economico.
Mail di Gianfranco
Mi complimento con lei per la perfetta esposizione dei fatti che hanno portato Banca Carige a REGALARE i propri crediti incagliati. Però ad essere sincero mi ha colpito una affermazione: “Purtroppo la gestione dei crediti incagliati è lasciata alla discrezionalità di chi si avvicenda ai vertici della società, e agli organi di controllo…” Come se i contratti sottoscritti prima non contassero nulla.
Qui bisognerebbe conoscere perfettamente la legge europea che tratta la questione, confrontarla con quello che ha fatto la Bce, eppoi vedere se poteva farlo, andare solo in deroga. Insomma se, come sembra, le funzioni di vigilanza e controllo hanno applicato dei criteri poco trasparenti, è possibile risalire e addebitare il fatto ai responsabili.
Nostra risposta
Il problema è complesso e denunciato da tempo. Già nell’assemblea del 22 dicembre 2018, avevo chiesto ai vertici di Carige di rendere noto in che percentuale le perdite derivanti dalla vendita degli Npl avessero inciso sull’aumento di capitale che si stava chiedendo. La risposta di Pietro Modiano, espressa in estrema sintesi, fu che era noto a tutti che il mercato dei crediti deteriorati non fosse perfetto.
Quella risposta mi lasciò allibito, nel mio cervello era avvenuto un cortocircuito: “Come, si generano miliardi di predite agli azionisti e, con la massima disinvoltura, si ammette che è normale ritenere non sia perfetto il mercato su cui si svolgono le compravendite? Finito il periodo delle festività, contattai un paio di operatori del settore, scelsi quello che ritenni fosse in sintonia con le mie esigenze ed aprii questo sito, proprio per dare visibilità a fatti che, stranamente, nessuno sembrava percepire. Ebbene, in questi anni ho proposto possibili soluzioni per regolamentare e dare trasparenza ad un settore che sembrava fosse rimasto nel limbo, senza alcuna regola predefinita, in balia della discrezionalità che, sempre, trasferiva ricchezza dai risparmiatori alla miriade di riceventi che ho descritto negli ultimi tre articoli pubblicati il 2 marzo, 18 e 11 febbraio.
Il peccato originale è che la Bce ha imposto di vendere i crediti incagliati, per avere banche più solide, senza preoccuparsi che con quell’imposizione, nota ai compratori, toglieva ogni potere di negoziazione alle banche. Come ho suggerito in altre occasioni, avrei creato un mercato ufficiale sui crediti vantati dalle banche ed avrei chiesto ai loro azionisti se per ridurre il rischio preferivano ricapitalizzare la banca, consentendole di gestire il recupero crediti, o di ricapitalizzarla dopo avere contabilizzato le perdite per la loro svendita. Con un mercato ufficiale dei crediti deteriorati, la loro valorizzazione non sarebbe stata affidata alla discrezionalità dei Cda, ma sarebbe stata la miglior offerta ricevuta a stabilire il loro valore, nel caso la banca avesse preferito gestire il credito anziché venderlo a quel prezzo.
L’assurdo è che: se si lascia ogni decisione ai singoli o alle imposizioni del funzionario di turno, nessuno può essere accusato di alcunché e a pagare saranno sempre i soliti. La prova più palese che fosse indispensabile un intervento legislativo è nella notizia che è passata sotto silenzio e che abbiamo citato al termine dell’articolo pubblicato il 18 febbraio 2023: Estesa la norma che elimina svantaggi per il patrimonio delle banche in caso di cessioni rilevanti di npl. La regola è nel testo del Parlamento Ue su Basilea 3. Se quella norma fosse stata varata dopo i nostri esposti del maggio 2019, nessuno avrebbe potuto espropriarci, perché non sarebbe servito alcun aumento di capitale.
WhatsApp di Silvio
Ho letto l’articolo sui crediti incagliati di Messina. Ne ho dedotto che la BCE, con le regole sulla cessione degli NPL, è stata sommaria a non prevedere differenziazioni per la tipologia di crediti a seconda del territorio di riferimento, o CONNIVENTE nell’esproprio di ricchezza ai soci storici delle banche. Grazie per l’articolo ben argomentato e chiarificatore.
Nostra risposta
Ringraziamo per i frequenti riscontri sugli articoli che pubblichiamo e, in questo caso riteniamo siano utili alcune puntualizzazioni. Noi non ce la sentiamo di puntare il dito contro nessuno, perché non siamo certi di conoscere la reazione che avrebbe avuto chi faceva i controlli sui crediti deteriorati, se gli fossero stati spiegati i fatti con l’accuratezza con cui lo stiamo facendo noi da anni.
Nella risposta alla mail di Gianfranco, ho accennato cosa era accaduto nell’assemblea del 22 dicembre 2018. In quell’occasione mi sarei aspettato di sentir dire: “Lo abbiamo detto a Bce che la vendita degli Npl genera perdite superiori alla loro gestione, ma il regolatore non ci ha ascoltati”. Non avendo avuto una vera risposta, non sappiamo se la responsabilità sia del regolatore che non ha fatto gli approfondimenti del caso o dei vertici della banca che non hanno segnalato gli effetti che avrebbe generato la disposizione ricevuta.
E qui emerge il vero grande problema della finanza europea: gli azionisti sono coccolati sino a che non hanno immesso denaro nel sistema e, poi, sono considerati indegni di qualsiasi considerazione, come se non avessero il diritto di dare il contributo della loro esperienza all’ottimizzazione del sistema finanziario. Se così non fosse, riceverebbero risposte chiare nelle assemblee e le istituzioni prenderebbero in considerazione i loro esposti.