La gara di discesa valore azioni Carige è stata vinta dal duo Innocenzi e Modiano che, nel periodo in cui hanno gestito banca CARIGE, sono riusciti a contabilizzare un -82,14 % sul valore del titolo, al secondo posto si classifica Fiorentino con una minusvalenza del 81,3 % e al terzo posto Montani con un -72,43. Poiché la discesa libera è una gara di velocità, bisogna ammettere che i vincitori hanno conseguito una media che varrebbe la pena verificare se costituisca un record, -1,208 % ogni giorno, nei 68 giorni di borsa aperta del loro mandato, Montani -0,284 in 255 giorni e Fiorentino -0,14 % nei 588 giorni in cui ha diretto la banca.
Torniamo alle cose serie. Il 20 settembre 2018 Malacalza Investimenti ottiene in assemblea i consensi che permettono di nominare sette consiglieri su undici nel nuovo CDA. Il presidente sarà Pietro Modiano, mentre la carica di vicepresidente sarà assegnata a Lucrezia Reichlin e il ruolo di amministratore delegato sarà conferito a Fabio Innocenzi. Nei giorni precedenti e nel corso dell’assemblea degli azionisti non erano mancati i colpi di scena, l’ultimo dei quali e stata l’assegnazione del settimo candidato alla lista Malacalza investimenti per il rispetto delle quote rosa.
Il 12 novembre 2018 sono stati resi noti i conti dei primi nove mesi di Banca Carige, con accantonamenti che hanno generato perdite per 190 milioni e una proposta di aumento capitale da 400 milioni, affiancato da un’obbligazione subordinata d’importo compreso tra 320 e 400 milioni, a copertura di eventuale inoptato. Il presidente Modiano, in conferenza stampa, ha dichiarato: “Abbiamo una banca pulita, la solidarietà di mercato che ci permette di accoppiare pulizia di bilancio e assetto patrimoniale robusto, ci consentirà di sviluppare idonee strategie industriali”. Il presidente del consiglio ha dichiarato la sua piena soddisfazione per la soluzione. Il rafforzamento patrimoniale sarà sottoposto all’approvazione dell’’assemblea degli azionisti il 22 dicembre.
Che cosa sia accaduto in assemblea è cosa nota. La latitanza di risposte alle domande scomode pure, l’abbiamo evidenziata più volte. Tutti sanno che l’assemblea non ha potuto approvare la ricapitalizzazione a causa dell’astensione di Malacalza Investimenti, motivata con la richiesta di conoscere il piano industriale e i nuovi parametri imposti dalla vigilanza BCE, prima di approvare una nuova ricapitalizzazione e sentirsi dire che ne sarebbe servita un’altra, come nelle occasioni precedenti. Noi eravamo presenti, nessuno aveva sfiduciato i vertici. Il fondo di garanzia, con la sottoscrizione delle obbligazioni subordinate, aveva soddisfatto le richieste della vigilanza BCE, che cosa impediva di diffondere le informazioni richieste e poi proporre una nuova assemblea? L’esistenza dell’obbligo di predisporre e rendere pubblici i prospetti informativi, dimostra che le informazioni sono una condizione indispensabile per permettere agli investitori di scegliere se aderire, oppure no, a una ricapitalizzazione. Noi crediamo che le assemblee degli azionisti debbano essere un’occasione, per chi ha investito in una società, di fare valere democraticamente il peso dei propri diritti di voto. I fatti che si sono succeduti a quell’astensione, dimostrano che ci si aspettasse un’adesione plebiscitaria e disinformata all’autorizzazione dell’aumento di capitale. Se le regole fossero queste, che senso avrebbe sottoporre le decisioni all’approvazione di un’assemblea degli azionisti?
Dopo avere approvato l’aumento di capitale, agli azionisti sarebbero rimaste due possibilità, aderire alla ricapitalizzazione, correndo il rischio di un piano industriale che li penalizzasse a favore di altri, si veda caso Apollo, e quello che la vigilanza BCE chiedesse una nuova iniezione di liquidità, come sempre accaduto nelle precedenti occasioni. Oppure, non aderire e vedere diluito il proprio investimento a un livello che non avrebbe più permesso di recuperare una percentuale, sia pure limitata, delle perdite e di subire passivamente il trasferimento al fondo che sarebbe entrato, del capitale intangibile, reso tale dalle regole imposte della vigilanza. In un articolo pubblicato su “il sole 24 Ore” a inizio gennaio 2018, il tesoretto che avrebbe dovuto attirare le banche italiane e favorire una loro proposta di aggregazione con Banca CARIGE, ammontava a circa 1,5 miliardi, quasi 4 volte la ricapitalizzazione che si era chiesto di approvare.
Se torniamo all’intervista di Giuseppe Castagna, non è difficile capire perché nessuno degli istituti di credito nazionali si facesse avanti per incassare quel regalo: ”La severità della BCE e la forte pressione della vigilanza, non rendono friendly certe operazioni”. Non abbiamo l’abitudine di usare termini inglesi, questo è il primo caso in cui non lo traduciamo; non l’abbiamo fatto perché scegliere una delle possibili traduzioni (amichevole o conveniente) significherebbe dare un’interpretazione al pensiero dell’intervistato, con il quale ci congratuliamo per la simpatica accortezza con cui ha scelto il termine. Naturalmente, se le banche italiane non ritengono “friendly” accettarlo, per chi era stato accantonato quel tesoretto?
Nei pochi giorni tra il 22 dicembre e fine anno, si sono susseguiti contatti frenetici tra BCE, vertici della banca e azionista di riferimento. A inizio anno sono state rese note le dimissioni del CDA e il commissariamento della banca. CONSOB ha sospeso il titolo dalle negoziazioni sino alla fine del commissariamento che, dagli iniziali tre mesi con possibile rinnovo per altri tre, è stato prolungato sino a fine settembre, per un totale di nove mesi. Ci asteniamo dal raccontare la lunga sequenza di notizie, ipotesi, smentite, puntualizzazioni e dichiarazioni che nulla hanno aggiunto all’elusiva gestione delle risposte date in assemblea. Gli azionisti avrebbero dovuto approvare senza sapere, l’essenza di quanto accaduto dopo, è che ora si richiede un aumento di capitale maggiorato del 57,5 % rispetto a quello che era stato sottoposto all’approvazione poche settimane prima. Come e chi potrebbe ora affermare che la richiesta d’informazioni nell’assemblea del 22 dicembre fosse fuori luogo?
Ora abbiamo ancora alcuni dubbi e desideriamo esternarli, nella speranza che qualcuno ci aiuti a capire. Trascriviamo l’articolo 41 della costituzione che dice: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. Si deduce che la libertà d’impresa e la libera concorrenza, siano costituzionalmente previste, a condizione che rispettino le norme e, quindi, la vigilanza BCE può e deve intervenire per assicurare quanto previsto nell’articolo 41 della costituzione.
Ora riportiamo l’articolo 47 della costituzione che dice: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”. Se ne deduce che lo stato deve tutelare il risparmio e favorire l’investimento azionario.
Fatta la premessa, esponiamo i dubbi che ne derivano:
- Sterilizzare una parte del patrimonio di una società, sottraendo quel valore agli investitori che detengono il titolo in quel momento, rendendolo fruibile a investitori che entreranno in seguito, è una violazione dei diritti costituzionali previsti dall’articolo 47 della costituzione?
- Quando un vincolo imposto dalla vigilanza europea entra in conflitto con il diritto di tutela del risparmio, costituzionalmente garantito, a chi spetta agire per ottenere il risarcimento del danno subito, allo stato italiano o ai risparmiatori danneggiati? Esiste la risposta oppure è necessario chiedere un parere alla corte costituzionale?
- Se spetta al risparmiatore fare ricorso contro l’abuso subito, chi sarà la sua controparte? La vigilanza europea che ha applicato norme inadeguate? La BCE che non è intervenuta per evitare quel trasferimento di valore? Il parlamento europeo che non ha fatto leggi per tutelare quei diritti? Banca d’Italia che non ha impedito comportamenti lesivi dei diritti costituzionali? La CONSOB che non ha saputo tutelare i risparmi degli investitori? Lo stato italiano che non è intervenuto nelle sedi opportune per segnalare la prevaricazione sui diritti costituzionali?
- Se quel comportamento che ha danneggiato gli azionisti di Banca Carige, ha penalizzato la banca impedendole di operare in una situazione di serena gestione e di libera concorrenza, a chi deve rivolgersi la banca per vedere riconosciuti i danni subiti?
- Se i nostri dubbi fossero confermati e si rendesse necessaria una richiesta di risarcimento a favore degli azionisti, quale livello di responsabilità potrebbe essere attribuito agli amministratori che hanno permesso, con silenziosa accondiscendenza e risposte elusive, che gli azionisti subissero un simile abuso?