Più ampi sono gli spazi concessi alla complessità e all’opacità delle operazioni finanziarie strutturate, maggiori saranno le probabilità che gli speculatori approfittino dei risparmi che, nelle intenzioni dei risparmiatori, dovrebbero essere al servizio dell’economia reale. Il ruolo dei regolatori e dei legislatori dovrebbe essere orientato alla tutela dei diritti, alla definizione di strumenti finanziari che evitino sorprese negative, e alla semplificazione dell’operatività finanziaria, anche con la limitazione della discrezionalità concessa a intermediari ed emittenti. Prospetti informativi di centinaia di pagine, infarciti di clausole, possono solo favorire la possibilità di trarre vantaggi agli emittenti, o agevolare la speculazione. Vendite allo scoperto (sono la vendita di azioni non possedute, allo scopo di riacquistarle a prezzo più basso), e credit default swap (Cds: sono derivati che dovrebbero coprire il rischio d’insolvenza di un debitore) sono leve che, come vedremo, permettono incredibili manipolazioni dei mercati e, come noto, sono i principali responsabili degli eccessi di volatilità. Ora diventa necessaria una precisazione: quando il valore delle azioni scende, quello dei Cds sale. Se usati contemporaneamente, quindi, le vendite allo scoperto e gli acquisti di Cds, moltiplicano la possibilità di guadagni per la speculazione. Infatti, se singolarmente hanno un enorme effetto leva, utilizzati contemporaneamente generano un incremento esponenziale del risultato.
Abbiamo atteso alcune settimane per proporre ai nostri lettori le considerazioni che seguono, perché eravamo certi che presto sarebbe tornata la quiete sui mercati. Ora riteniamo sia il caso di riportare l’attenzione sull’accaduto, proprio per evitare che tutto cada nel dimenticatoio, sino alla prossima ondata speculativa. La quiete è tornata, e le turbolenze provocata dagli strumenti a disposizione della speculazione, hanno consentito di trarre profitto dall’accentuazione della volatilità, che non sarebbe stata così elevata se non fossero esistiti. Quegli strumenti permettono di trarre profitti enormi in poco tempo, il motivo è molto semplice: consentono di vendere ciò che non si possiede, o di coprire rischi inesistenti, al solo scopo di attuare una speculazione. Anche se ora tutto appare normale, permane un rilevante effetto: la speculazione ha guadagnato cifre enormi in pochi giorni e ad averci rimesso sono stati in risparmiatori, come sempre. Proviamo a capire cosa abbia provocato le turbolenze sul settore bancario, consapevoli che, come dimostrato dalla crisi del 2008, fatti simili continueranno a ripetersi sino a quando il legislatore e il regolatore non toglieranno dal mercato gli strumenti citati sopra o limiteranno il loro utilizzo alla copertura di rischi reali, vietando ogni possibilità di attuare operazioni speculative.
Due settimane dopo il fallimento di Silicon Valley Bank, e nove giorni dopo lo scoppio del caso Credit Suisse, e proprio in conseguenza della soluzione adottata per evitare il fallimento della banca svizzera, il settore bancario tedesco è stato preso di mira dalla speculazione. Il contagio si è progressivamente esteso al comparto bancario globale. Era accaduto che, per la prima volta nella storia, e per evitare il fallimento di Credit Suisse, le autorità avevano deciso di tenere in vita le sue azioni e di azzerare il valore delle obbligazioni strutturate Additional tier one (At1), per un controvalore di 16 miliardi di franchi svizzeri. Una clausola inserita nel prospetto informativo consentiva d’imporre quella decisione. Nell’Unione Europea non sarebbe stato possibile applicare la stessa soluzione. I risparmiatori, molti dei quali non conoscendo certi dettagli, hanno reagito d’istinto alle turbolenze dei mercati, agevolando il gioco della speculazione. Per prendere decisioni consapevoli, avrebbero dovuto essere a conoscenza delle clausole contenute in tutti i prospetti informativi delle obbligazioni emesse, e, francamente, non sarebbe possibile nemmeno per chi ci s’impegnasse a tempo pieno, quindi, che si precipitassero a vendere le azioni bancarie, era facilmente prevedibile.
La speculazione si era attivata per prima, prendendo di mira le banche più esposte su quel tipo di obbligazioni, anche se in realtà le loro obbligazioni non erano esposte allo stesso rischio. Con un’operazione a tenaglia ha cercato di trarre il massimo profitto, utilizzando tutti gli strumenti che aveva a disposizione, consapevole della reazione che avrebbero avuto i risparmiatori:
- ha venduto allo scoperto le azioni delle banche individuate come più vulnerabili, facendo crollare il loro valore;
- contemporaneamente, poiché le era consentito, ha acquistato i Cds emessi per garantire il rischio d’insolvenza di quelle stesse banche, anche se non possedeva alcun bond che potesse generare un rischio di credito che giustificasse l’acquisto di quegli strumenti;
- ha riacquistato le azioni a prezzo molto più basso perché il panico che si era diffuso sul mercato ha fatto crollare il valore di tutti i titoli bancari;
- contemporaneamente ha venduto i Cds ad un prezzo più elevato, perché la riduzione del valore delle azioni aveva fatto ipotizzare al mercato un possibile rischio d’insolvenza, facendo salire il valore dei Cds che coprivano quel rischio.
Le prime banche ad essere attaccate sono state: Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank. I due istituti di credito tedeschi avevano obbligazioni in scadenza e anziché rimborsarle, avendone la facoltà, potevano decidere di convertirle in bond perpetui At1. La speculazione, che ovviamente era consapevole delle opportunità a sua disposizione, ha approfittato della situazione con cinismo, certa che la reazione dei piccoli azionisti avrebbe amplificato i margini di quell’operazione. Ovviamente le potenzialità nascoste nelle pieghe di certi strumenti finanziari, avvantaggiano la speculazione, che ha a disposizione più figure professionali per mantenere aggiornati gli archivi da cui trarre le informazioni da usare quando le condizioni di mercato sono favorevoli.
Per chi segue i mercati h 24 e per professione, tutto è comprensibile. Ma per un risparmiatore che lavora e decide di investire i propri risparmi per crearsi una pensione integrativa, non è facile essere in possesso di tutte le informazioni utili a mantenere i nervi saldi, quando li vede precipitare come se fossero sulle montagne russe. Per questa semplicissima ragione, gli strumenti che contribuiscono ad allontanare il risparmio dalla finanza, andrebbero evitati con accuratezza e lungimiranza. La descrizione dettagliata di alcuni movimenti che hanno interessato il titolo Deutsche Bank, è utile per comprendere l’effetto leva che alcuni strumenti finanziari hanno sui mercati. Segnaliamo che una gran parte dei numeri che riporteremo, sono estratti dall’articolo di Luca Gualtieri, pubblicato su Milano Finanza il 29 marzo 2023.
- La sera di giovedì 23 marzo sono stati acquistati Cds sul debito senior di Deutsche Bank per un importo non noto. Probabilmente inferiore a quanto investito al punto che segue.
- La mattina di venerdì 24 marzo, sono stati investiti 5 milioni per l’acquisto di Cds sul debito subordinato della banca tedesca.
- Il 24 marzo l’hedge fund londinese Marshall Wace, ha venduto allo scoperto lo 0,71% di Deutsche Bank (si consideri che una vendita allo scoperto non implica investimento di capitale, perché si prendono in prestito le azioni che si vogliono vendere, pagando una commissione molto inferiore a quanto si riceverà in cambio della loro vendita).
- Il giorno 24 marzo, il titolo Deutsche Bank ha visto ridurre la propria capitalizzazione di borsa di 1,7 miliardi ed ha trascinato con sé tutti i titoli bancari per un valore assurdamente elevato se confrontato con le poche decine di milioni che avevano provocato il crollo.
L’amministratore delegato della banca tedesca, Christian Sewing, si è sentito in dovere di esprimere la propria opinione in un intervento pubblico, per offrire una spiegazione all’accaduto, riportiamo il suo pensiero – Non ci sono complotti, né oscuri personaggi della finanza che tramano nell’ombra. Ma il crollo di Deutsche Bank, che ha trascinato giù gli indici europei, è alimentato da un misto di ingredienti recentissimi e radicati negli anni. E né gli uni né gli altri sono frutto del caso, quanto piuttosto di una serie di lezioni stranamente dimenticate del grande crash del 2008.
Noi siamo in piena sintonia con Christian Sewing, abbiamo semplicemente esposto in forma estesa ciò che lui ha dichiarato in una comunicazione per addetti ai lavori, perché riteniamo che sia doveroso esporre dettagli che mettano in luce una verità molto diversa da quella che descrive gli investimenti finanziari come un’attività troppo complessa da gestire per chi non sia uno specialista di settore. Il motivo della complessità va ricercato nel fatto che fa comodo a molti mantenere una fumosità che permetta di appropriarsi dei risparmi faticosamente accantonati da chi lavora in ambiti diversi dalla finanza e li investe per garantire un futuro sereno a sé stesso e alla propria famiglia.
Le decisioni che avrebbero potuto evitare le turbolenze che hanno consentito di trasferire ricchezza dal risparmio alla speculazione, sono semplici e di rapida messa a punto.
- La prima semplificazione da adottare: un’autorità a livello globale, definisce con esattezza le caratteristiche che dovrebbe avere uno strumento identificato da un acronimo. Tutti i prodotti identificati dalla stessa sigla, devono avere caratteristiche identiche. Il vantaggio sarebbe che l’investitore non dovrebbe leggere centinaia di prospetti informativi.
- Una norma sovranazionale dovrebbe stabilire che: i Cds possono essere acquistati solo a copertura di obbligazioni effettivamente possedute, per evitare ogni possibile uso improprio. Ogni eventuale abuso dovrebbe essere severamente punito perché si configurabile come manipolazione del mercato. Infatti: se un investitore si copre per un rischio inesistente, lo scopo speculativo è evidente.
- Una norma sovranazionale dovrebbe stabilire che è vietato vendere azioni non possedute. Ogni eventuale abuso dovrebbe essere severamente punito perché configurabile come manipolazione di mercato. Infatti, le dinamiche di mercato insegnano che, quando le intenzioni d’acquisto superano quelle di vendita, il valore di un titolo si incrementa, quando quelle di vendita superano quelle d’acquisto, il valore del titolo scende. Ne consegue che vendere un titolo senza possederlo, è un’indubbia manipolazione di mercato che danneggia tutti i possessori di un titolo azionario.
In troppe occasioni abbiamo sentito personaggi di rilievo del mondo finanziario e politico fare proposte per attirare i flussi di risparmio verso la finanza, ma non abbiamo mai sentito nessuno proporre soluzioni efficaci che riportassero la certezza di vedere rispettare i diritti dei risparmiatori. Noi siamo convinti che la finanza sia uno strumento indispensabile alla crescita economica e alla generazione di benessere sociale. Per svolgere quel ruolo, deve eliminare i predatori che si aggirano al suo interno; deve trasformare i buchi neri che attirano i risparmi all’interno del vortice che li fa sparire, nel loro esatto contrario, i buchi bianchi che, come teorizzato dalla fisica sin dagli anni trenta del secolo scorso, emettono luce, energia, materia, e non consentendo alcun ingresso.
Solo la politica ha la facoltà di costringere i regolatori ad imporre agli emittenti il cambiamento che favorisca la tutela del risparmio e consenta alla giustizia di infliggere pene appropriate a chi abusa della fiducia dei risparmiatori.