Ormai ci stiamo abituando ad un incredibile stravolgimento dei ruoli nella finanza: le banche si sono trasformate da intermediari tra risparmio e imprese a fattori di rischio per l’economia globale. Non importa se il motivo della destabilizzazione siano i mutui subprime, i derivati, i crediti deteriorati, l’opacità delle informazioni diffuse o un mix di queste cause. Il problema è sempre riconducibile alla discrezionalità concessa a tutti gli operatori, all’inefficacia dei controlli e alla mancanza di correttezza nelle informazioni diffuse. Quando il caso esplode, sono sempre gli azionisti a perdere il capitale investito e i cittadini a subire le turbolenze che ne conseguono.
Estraiamo alcuni passaggi da un articolo pubblicato il 10 marzo 2023 sul hub editoriale di finanza etica “VALORI”, il cui titolo è: – La Silicon Valley Bank e gli indovini del giorno dopo -. Riteniamo importante dare visibilità e riconoscere meriti a chi s’impegna per gli stessi scopi e valori che ci hanno spinti a metterci in gioco nel 2019.
- … sembra che qualcuno avesse capito, o per lo meno abbia azzeccato il momento giusto per vendere. Parliamo del presidente e amministratore delegato di SVB che il 26 febbraio, un paio di settimane prima del fallimento, vendeva poco più di 3,5 milioni di dollari di azioni della stessa SVB. Un comportamento seguito da altri top manager della stessa banca.
- A febbraio 2023, pochi giorni prima del crack, la stessa SVB dichiarava orgogliosamente di essere stata inserita per il quinto anno consecutivo nella lista delle migliori banche americane stilata da Forbes, considerata una delle più autorevoli fonti di informazione in materia finanziaria degli USA.
- Ancora l’8 marzo Moody’s, una delle più importanti agenzie di rating, assegnava alla SVB un bel “A3”, ben quattro livelli sopra il limite dell’investment grade (se il giudizio delle agenzie di rating fosse sotto quel limite, gli investitori istituzionali non potrebbero acquistare le azioni perché solo sopra a quel livello i titoli sono considerati relativamente sicuri e poco rischiosi ndr). Solo il giorno dopo, con la chiusura della SVB e la decisione di porla in amministrazione controllata, Moody’s riduceva di 13 livelli in una botta sola il voto, portandolo di colpo a “C”. Ovvero livello “default”.
- Non diverso il percorso di un’altra delle maggiori agenzie di rating, ovvero S&P. È del 9 marzo la decisione di scendere di un livello fino a “BBB“, sempre all’interno dell’investment grade. Dopo il collasso, il 10 marzo, il voto viene ridotto di 10 livelli fino a D. Anche qui il voto più basso e sinonimo di default.
Il motivo per cui è fallita SVB non è particolarmente complesso da capire, anche se suscita stupore che possa essere accaduto ad una banca, che dovrebbe avere competenze a 360 gradi sul costo del denaro, i cicli economici e le strategie di politica monetaria. Quando il ciclo economico è condizionato da un’economia stagnante, come accaduto di recente, le banche centrali applicano gli strumenti a loro disposizione per favorire una ripresa economica: incentivano l’offerta di credito a imprese e consumatori per facilitare investimenti produttivi e consumi, riducendo i tassi di interesse e aumentano la liquidità sul mercato dei capitali. Ebbene, in quel periodo, avendo un’inconsueta massa di liquidità, SVB ha deciso di investirla in titoli di stato a lungo termine, perché assicuravano un tasso d’interesse superiore a quelli con scadenza a breve, incurante del fatto che il tasso fosse basso, rispetto alla media storica dei titoli con quella durata.
Quando il ciclo economico ha iniziato la sua espansione, e il rischio di deflazione (riduzione dei prezzi) era superato, le banche centrali hanno dovuto contrastare la crescita eccessiva dei prezzi e gli strumenti a disposizione erano il rialzo dei tassi e la riduzione della liquidità sul mercato. In quel caso, chi si fa sorprendere con un’eccesiva esposizione ai titoli di stato a lungo termine, subisce perdite consistenti se è costretto a venderli, ma limita il danno ad un rendimento più basso di quello di mercato se li può tenere sino a scadenza. Una banca non può decidere quale strategia attuare, se i correntisti prelevano il denaro depositato in conto corrente. Nel momento in cui la banca è costretta a vendere, contabilizza perdite, che generano un effetto domino se comincia a serpeggiare un clima di sfiducia. Il fallimento è inevitabile, se non si riesce a bloccare le richieste di prelievo, perché le perdite derivanti dalla costrizione a vendere, non permettono di restituire i depositi ai correntisti. Così è stato per SVB, che, probabilmente è stata sorpresa da cause che avevano un impatto elevato sulla crescita dei prezzi, ma non erano facilmente prevedibili, come l’incremento dei prezzi energetici, ingigantito anche dall’invasione dell’Ucraina.
Noi riteniamo che una banca non possa correre certi rischi, in nessun caso, e le norme di riferimento dovrebbero porre dei limiti precisi alla discrezionalità di chi è delegato a decidere. Se SVB avesse acquistato un mix di titoli adeguatamente pesato tra breve e lungo termine, probabilmente non sarebbe accaduto nulla d’irreparabile. Ma quello che ci appare ancora più grave, anzi gravissimo, è che nessuno sia stato in grado di misurare quel rischio per intervenire, limitare i danni e renderlo noto al mercato, prima che il danno diventasse irreparabile. Questa considerazione, nella sua sconcertante semplicità, apre scenari incredibilmente inquietanti ed evidenzia l’assoluta mancanza di controlli reali e tempestivi in grado d’impedire il verificarsi di rischi sistemici, che hanno un esecrabile effetto moltiplicatore dei danni a tutti i risparmiatori. Da queste considerazioni emerge con estrema chiarezza la necessità d’introdurre modifiche normative in grado d’impedire che la discrezionalità di amministratori non all’altezza del ruolo, possa destabilizzare l’economia globale.
Le banche dovrebbero essere come un ponte che favorisce il flusso del risparmio, da chi lo detiene allo sviluppo economico, riducendo i rischi di chi possiede una competenza finanziaria limitata. Se periodicamente uno di quei ponti crolla, portando con sé un’incredibile quantità di ricchezza, appare evidente che chi ha il compito di controllare la struttura di quel ponte non lo ha fatto, o, se lo ha fato, non aveva a disposizione gli strumenti necessari ad individuare il pericolo prima del disastro. A conferma dell’assoluta necessità di un intervento normativo aggiungiamo altri fatti accaduti in un passato recente e lontano.
- Ansa New York 13 marzo 2023: Kpmg, società di consulenza e revisione, aveva rilasciato dichiarazione di buona salute finanziaria a Silicon Valley Bank, 10 giorni prima del fallimento e a Sugnature Bank 11 giorni prima della chiusura.
- Signature Bank, con sede nello Stato di New York e attiva sulle cripto valute, è stata chiusa domenica 12 marzo dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), ente che si occupa della solvibilità del sistema bancario. Dopo il fallimento della SVB, anche i suoi correntisti avevano iniziato a prelevare i depositi in modo massivo. L’ipotesi più diffusa è che il governo abbia preferito sospendere l’attività, garantendo tutti i depositi, per evitare che il contagio si diffondesse a tutto il sistema bancario.
- Le obbligazioni strutturate in cui erano stati impacchettati i crediti delle banche americane generati dalla concessione di mutui a chi non poteva permetterselo (mutui subprime), furono classificati da alcune agenzie di rating come tripla A, un rischio d’insolvenza equivalente a quello della Germania. Molte banche europee hanno contabilizzato perdite enormi a causa degli investimenti effettuati in quei derivati.
- Lehman Brothers, il 15 settembre 2008, giorno in cui è stato dichiarato il suo fallimento aveva un rating A, quindi, ben superiore al livello “’investment grade”
Sarebbe utile conoscere quanto costa al sistema finanziario europeo fare certificare dalle agenzie di rating i debiti sovrani, le obbligazioni e le società quotate dell’unione. Conoscendo quanto si spende nell’insieme della finanza europea, sarebbe facile calcolare il punto di pareggio per l’introduzione di un sistema di calcolo automatico del rating delle banche, che, se si rivelasse efficace, potrebbe essere progressivamente esteso a tutti gli strumenti finanziari.
Un sistema informatico messo a punto con il contributo di tutti gli attori che interagiscono nel sistema finanziario europeo, dopo una sperimentazione ed eventuale messa a punto, avrebbe il pregio di aggiornare la rischiosità di un titolo finanziario in tempo reale, con regole condivise e predefinite, preferibilmente a livello globale. L’informazione sarebbe fruibile da tutti indistintamente e il metodo toglierebbe discrezionalità ad alcune decisioni che, come vedremo nell’esempio che segue, sono la vera causa che produce distorsioni al sistema finanziario, penalizzando sempre i risparmiatori.
- Nel bilancio SVB, i titoli che hanno generato il problema erano valorizzati al nominale perché si diceva che si sarebbero tenuti sino a scadenza. In una valorizzazione impostata su un sistema informatico, quella definizione non sarebbe stata possibile, perché in caso di carenza di liquidità si sarebbero dovuti vendere. Quindi, la loro valorizzazione sarebbe stata equivalente a quella di mercato e le perdite di valore sarebbero emerse immediatamente. Probabilmente, i titoli sarebbero stati venduti in tempo utile a contenere il rischio di perdite ad un valore che non compromettesse la sopravvivenza della società. Se così non fosse stato, tutti gli azionisti avevano la possibilità di capire e di decidere cosa fare per proteggere i propri investimenti.
Dall’implementazione di un sistema informatico accessibile dai media, dagli intermediari e dai risparmiatori, il sistema finanziario trarrebbe indubbi vantaggi in termini di fiducia per l’aumento della trasparenza e per la segnalazione anticipata dei rischi sistemici. Non sarebbe nostro compito evidenziarlo, ma lo facciamo perché riteniamo utile segnalare che potrebbero emergere altre indubbie sinergie per il sistema finanziario europeo, o mondiale, se approvato da tutti:
- Controlli più facili e meno costosi;
- Semplificazione e riduzione costi per l’attività di revisione;
- Comparazione tra società dello stesso settore senza le distorsioni della discrezionalità;
- Diffusione di una cultura finanziaria, con disponibilità di dati aggiornati;
- L’Europa non dovrebbe più dipendere dai rating di società straniere in evidente conflitto d’interesse (si veda quanto accaduto con i mutui subprime e Lehman Brothers);
- La globalizzazione di un tale sistema impedirebbe gli errori del passato alle banche;
- Sarebbe molto più rapido e facile inchiodare i responsabili di falso in bilancio alle proprie responsabilità.