Le cronache finanziarie hanno portato a conoscenza di tutti noi, fatti che confermano ciò che diciamo sin da quando avevamo pubblicato i primi articoli sul sito. Non ci dilungheremo nei dettagli che descrivono la trasformazione di un’utopia in una splendida vittoria, che potrebbe anche generare sgradite sorprese, nel momento in cui l’esuberante euforia dovesse lasciare spazio ad una finanza più realistica. In quel momento potrebbe trasformarsi in un effetto boomerang per i piccoli risparmiatori che non fossero usciti in tempo dall’investimento. Sin dalla bolla dei tulipani, scoppiata nella prima metà del diciassettesimo secolo, l’euforia cresce perché nel durante tutti credono di guadagnare, ma quando le illusioni svaniscono, la platea dei risparmiatori si scopre più povera, perché i guadagni realizzati da chi è uscito in tempo, non potranno mai compensare le perdite subite da una società che ne esce traumatizzata. In Europa ci stiamo ancora leccando le ferite per lo scoppio della bolla sui mutui subprime del 2008 negli Stati Uniti ed esportata in tutto il mondo con i derivati.
Abbiamo sempre manifestato la nostra avversione alle vendite allo scoperto, perché noi riteniamo che il profitto realizzato approfittandosi del momento di difficoltà di un’impresa, generando perdite a chi ha investito i propri risparmi in una società, nel tentativo di aiutarla a risollevarsi, distrugge ricchezza e riduce la capacità di crescita dell’economia. Per cui citiamo il caso GameStop, non per descrivere un fatto di cronaca finanziaria, ma come chiave di lettura che potrebbe aiutare a capire cosa sta accadendo nella finanza globalizzata, in molteplici dei suoi aspetti. Approfondiamo i fatti che potrebbero aiutare a capire la forza inespressa a disposizione dei risparmiatori e alcuni concetti di base che potrebbero essere utili ad evitare la caduta nelle trappole mediatiche che di frequente hanno messo a rischio i risparmi.
GameStop è una società statunitense che vende videogiochi in negozi specializzati. Come accaduto a Blockbuster, s’ipotizzava che potesse fallire perché gli acquisti di videogiochi su dischetto si erano significativamente ridotti, provocando la chiusura dei primi negozi, a causa dello spostamento delle vendite su internet, da dove venivano scaricati. Ad aprile 2020 il valore del titolo era sceso a 3 dollari. Un imprenditore che vendeva prodotti per animali su internet, aveva deciso di acquistare il tredici percento del capitale di GameStop, ipotizzando una conversione della società alle vendite su piattaforma digitale. Il titolo era cresciuto di valore e alcuni fondi speculativi avevano iniziato a venderlo allo scoperto, convinti di trarre profitto dalla riduzione del suo valore. Nell’opacità delle notizie che circolano su internet, i trader hanno iniziato ad acquistare azioni della società. I blog facevano da amplificatori mediatici che diffondevano report finanziari con prospettive di crescita allettanti. Naturalmente, nessuno poteva distinguere chi fosse in buonafede da chi cercasse di modificare i comportamenti dei trader con un secondo fine.
Molti frequentatori delle chat in cui si scambiavano incitazioni all’acquisto del titolo, hanno iniziato ad investire sul GameStop, operando su piattaforme gratuite o che applicavano costi di negoziazione titoli molto bassi. Il valore dell’azione ha iniziato a salire. Più saliva e più persone lo acquistavano perché l’attenzione dei media e dei piccoli risparmiatori si concentrava su quel titolo. Come sempre accaduto si stavano strutturando i meccanismi psicologici che al di là di ogni logica razionale, stavano gonfiando una bolla speculativa. Una ragionevole prudenza avrebbe consigliato di essere cauti, perché, se anche le più ottimistiche previsioni si fossero realizzate, ci sarebbero voluti anni per raggiungere i risultati economici che potevano giustificare il prezzo cui era scambiato il titolo che, in 15 giorni aveva aumentato il proprio valore del 1.800 %.
L’enfasi su cosa stesse accadendo si è diffusa a livello globale e i media hanno iniziato a sottolineare la vittoria dei trader sui fondi speculativi specializzati nelle vendite allo scoperto, dei piccoli investitori contro il sistema finanziario. Nel corso della seduta del 28 gennaio 2021 le piattaforme su cui era stato negoziato il titolo, hanno annunciato di avere sospeso gli acquisti a causa della volatilità eccessiva. GameStop, che aveva raggiunto un valore di 438 dollari e, dopo l’annuncio, è crollato al minimo di giornata a 112. Poi è risalito ed ha chiuso le negoziazioni con una perdita del 44 % rispetto al giorno precedente. Prima dell’apertura del giorno successivo la più utilizzata delle piattaforme, su cui avvenivano gli scambi, ha annunciato che avrebbe ripreso ad operare su Gamastop e alla riapertura il titolo e salito del 65 % …
Non aggiungiamo altro, perché non vogliamo caricare di tensione emotiva una vicenda che merita di essere analizzata con pacatezza e obbiettività. Per darvi un ordine di grandezza e fare il punto della situazione, a oggi sabato 30 gennaio 2021, alcuni fondi che avevano puntato al ribasso sul titolo hanno deciso di non insistere e sono usciti. Uno in particolare sembra abbia contabilizzato una perdita di circa 2 miliardi di dollari. Ovviamente nessuno può dire cosa succederà nei prossimi giorni e come si concluderà questa storia d’impresa. Noi abbiamo una certezza, non ci piace una finanza che permette azzardi come se fosse diventata un Casinò, non ci vergogniamo a ripetere che auspichiamo una finanza in grado di sostenere lo sviluppo economico e di dare un futuro sereno a tutte le generazioni, perché non siamo disposti a versare i nostri risparmi in una guerra dove vige la legge del più forte.
Avrete notato che, a parte il nome della società, non ne abbiamo citati altri. È una scelta fatta per non indurre chi ci legge a cadere in tentazione. Non è difficile trovare informazioni sull’episodio citato ed ognuno è libero di fare approfondimenti, noi lo abbiamo tratteggiato solo perché da quanto accaduto, possiamo trarre molti spunti di riflessione e chiavi di lettura diversificate, utili a capire cosa stia accadendo nella finanza globalizzata ed aiutare i risparmiatori ad osservare i fatti con meno emotività e più consapevolezza.
Passiamo agli aspetti che riteniamo utile evidenziare.
- In assoluto, il fatto più evidente e più importante emerso, è che i risparmiatori uniti possono battere chiunque, perché il vero potere forte sono loro. Non a caso uno degli investitori statunitensi più scaltri ha scelto di averli come alleati, per contrastare lo strapotere di chi è protetto dagli organi che dovrebbero evitare gli assurdi eccessi cui stiamo assistendo.
- Tutti evidenziano l’accaduto come una vittoria dei piccoli investitori. Verissimo sino ad oggi. Poi si dovranno fare i conti a giochi chiusi. Chi ci avrà certamente guadagnato sarà stato chi ha comperato il titolo prima del rally, ammesso che lo venda in tempo o abbia azzeccato la scommessa sul suo potenziale futuro. Qualche piccolo azionista ha certamente tratto profitto dall’operazione. Ma quando le piattaforme hanno bloccato gli acquisti, chi ci ha guadagnato? Un saliscendi così vertiginoso chi ha favorito?
- Le funzioni di controllo e vigilanza hanno ipotizzato che le piattaforme di negoziazione potrebbero essere accusate di manipolazioni di mercato. Come mai, in nessuna occasione, hanno mosso quell’accusa a chi vendeva allo scoperto con la loro autorizzazione? Non è forse vero che non esiste manipolazione più evidente di quella in cui si vende qualcosa che non si possiede, soprattutto se non si permette a tutti gli investitori di poterlo fare?
- Se la possibilità di vendere allo scoperto è consentita esclusivamente a qualche operatore di mercato, come si può sostenere che esiste la parità dei diritti tra tutti gli operatori che investono in un mercato regolamentato?
- La lotta tra chi vuole guadagnare vendendo allo scoperto e chi cerca di fare salire il valore per contrastare l’operatività che gli è negata ed è costretto a subire, è un gioco a differenza zero. Se uno o più soggetti guadagnano 100, dalla parte opposta ci sono investitori che perdono 100. Chi ha più probabilità di guadagnare è certamente chi dispone di informazioni tempestive, ha una preparazione più completa, più tempo a disposizione ed è in possesso di strumenti per valutazioni ed analisi approfondite. Davvero qualcuno crede che i frequentatori di chat possano avere qualche vantaggio per battere gli operatori professionali nel lungo periodo? Ciononostante la forza di chi si è unito ad altri ha permesso un successo ed ha evidenziato possibilità di difesa cui è giusto dare evidenza, internet ha permesso la realizzazione di ciò che sino a poco tempo fa era considerata un’utopia.
- La finanza è diventata quella cosa cui stiamo assistendo, solo perché si è permessa l’introduzione di attività che possono amplificare l’operatività, magari a debito, con strumenti sempre più complessi: la diffusione di derivati, le vendite allo scoperto e tanti prodotti con effetto leva. Nessuno, però, ha considerato i danni enormi provocati all’economia globalizzata, che non ha più limiti e sfugge ad ogni controllo.
- Le soluzioni sarebbero semplicissime: regole uguali per tutti, trasparenza e controlli efficaci, chi sbaglia deve pagare. Invece, osserviamo cosa è accaduto alle banche italiane e domandiamoci quante delle figure professionali che erano pagate per controllare, hanno pagato per gli errori commessi tra: amministratori delegati, presidenti, consiglieri, sindaci, revisori dei conti, funzionari che hanno eseguito controlli per Consob e Banca d’Italia …
Per completare l’analisi, è necessario capire chi abbia avuto interesse a perseguire la progressiva introduzione degli strumenti finanziari esposti al punto 5. Abbiamo segnalato più volte, che il nostro lavoro è alimentato da uno scambio di opinioni all’interno di un gruppo, una progressiva evoluzione di un pensiero comune, per cui proponiamo le parole di un giornalista che stimiamo e che di recente ha pubblicato il libro “Terra incognita”, Sebastiano Barisoni, che ha affrontato l’argomento nella trasmissione radiofonica del 28 gennaio “Focus Economia” su Radio 24, da cui estraiamo alcuni passaggi che, ovviamente, condividiamo senza riserve.
- Le vendite allo scoperto, a mio avviso, sono una delle cose più criticabili della finanza anni 90 e 2000.
- Conduco questo programma da troppo tempo per non ricordare il fallimento di Leman Brothers. Quando scoppiò il castello di carta nel 2008: finanza deviata, finanza derivata, finanza tossica, le cifre inaccettabili dei superbonus che si erano presi i supermanager di Wall Street. Insomma, si era arrivati ad un rapporto tra il valore dei top manager e il valore dei dipendenti delle società finanziarie che si era alzato a quasi 1.000 volte contro le 75 volte negli anni settanta, per le prime 100 società americane.
- Quello che voglio dire: è difficile trovare i fazzoletti per la finanza di Wall Street che ha capitalizzato sempre gli utili e poi ha socializzato le perdite quando è venuto giù il mondo e tutti i governi sono dovuti intervenire per salvarlo. O no?
- È intervenuta anche Nancy Pelosi per chiedere spiegazioni. Io credo che sia sbagliato avere bloccato le piattaforme (dove operano le nuove generazioni di trader ndr), non per altro, ma se intervieni sulla piattaforma, devi bloccare anche le vendite allo scoperto. Se l’etica vale per la platea dei risparmiatori, deve valere anche per chi vende allo scoperto.
- Se la finanza deve essere l’olio nel motore della crescita economica, le vendite allo scoperto non hanno alcun senso.
Ebbene sì, come chiaramente evidenziato dal dottor Barisoni, dall’introduzione dei nuovi strumenti finanziari, ci hanno guadagnato i manager della finanza. Il perché nessuno li abbia fermati in tempo, è molto semplice: loro sono autoreferenziali nei confronti della politica, di cui, molto spesso, sono anche consulenti. Finché la politica continuerà a chiedere alla finanza cosa sia giusto fare per la tutela dei risparmi, senza ascoltare la terza voce in gioco, la platea dei risparmiatori, i problemi continueranno ad aggravarsi. Attenzione, però, lo ripetiamo, la colpa è solo nostra, di noi cittadini che vorremmo assicurarci un futuro sereno, che non riusciamo a farci sentire, perché non ci siamo organizzati come categoria, impedendoci, così, la possibilità d’influenzare chi vuole ricoprire cariche politiche, facendo capire che al potere non c’è spazio per chi non tutela i nostri diritti.
I fruitori delle piattaforme di negoziazione statunitensi sono riusciti a fare ciò che nessuno ha mai fatto per il risparmio, ma quella non può essere una soluzione del problema. Accettare come nuova normalità, una prova di forza permanente tra due antagonisti, sarebbe come reintrodurre la legge della giungla. Il diritto si è adattato ai tempi modernizzandosi, per millenni e noi dobbiamo fare in modo di ottenere norme che impediscono ai furbi di depauperare il risparmio. Noi ci rifiutiamo di credere che quella cui abbiamo assistito sia la nuova normalità. Dobbiamo riuscire a fare introdurre norme che vietino il gioco perverso in cui, se le società guadagnano, i manager incassano superbonus e, quando vanno in malora, a pagare siano i risparmiatori o i contribuenti. I derivati che hanno indebolito l’economia europea nel 2008 sono ancora considerati una normale attività finanziaria. Quando i politici si accorgeranno che la qualità della vita dei cittadini non può essere messa a repentaglio da incoscienti manager finanziari?