Gli azionisti che, a più riprese e molteplici argomentazioni, si sono espressi a favore della bocciatura del piano privato elaborato per il salvataggio di banca CARIGE, nel confronto diretto tra sostenitori del sì e quelli del no (pubblicato sul secolo XlX di martedì 3 settembre u.s.), hanno percepito l’evidente insinuazione di non avere proposto alcun piano alternativo. La loro prima obbiezione è stata: “Con chi lo potevamo discutere e negoziare?” Poi si sono rivolti a noi e hanno chiesto se consideravamo chiusa così la questione, o se ritenessimo di potere portare avanti le loro proposte con una replica. Eccola.
Accetto con piacere l’invito di Silvio De Fecondo a formulare una proposta di soluzione diversa, il piano B, che per noi avrebbe dovuto essere il piano A e quello proposto sarebbe potuto essere adottato solo dopo avere verificato, come in altri casi, che gli investitori non fossero più disposti a versare capitale nella società.
Proviamo a chiedere agli azionisti, chi sarebbe disposto ad accettare di ricapitalizzare Banca Carige, se fosse loro consentito di esercitare il diritto d’opzione alle condizioni concesse a Cassa Centrale Banca? Noi crediamo che i soldi dei vecchi azionisti, risanerebbero Banca CARIGE esattamente come quelli di chi sia disposto ad entrare ora, se così non fosse, chiediamo scusa, ma qualcuno ci spieghi il perché.
Evidenziamo che così facendo, non si renderebbe concreto un esproprio e anche chi non partecipasse perché ormai ha investito tutto nella banca, sarebbe penalizzato dalla diluizione, ma potrebbe recuperare valore sulle azioni possedute, specialmente se un aumento del prestito obbligazionario riducesse il numero delle nuove azioni emesse.
Se tra la presentazione del piano e la ricapitalizzazione si riammettesse il titolo alla negoziazione e, fatta chiarezza su tutti gli aspetti, il suo valore dovesse risalire allineandosi a quello del comparto bancario, gli azionisti più deboli, potrebbero vendere parte dei diritti ed esercitare quelli rimasti. Anche in questo caso si tutelerebbero i risparmi di chi ha generosamente contribuito al risanamento della banca sino a oggi.
Siamo certi che le motivazioni con cui si cerca di sostenere l’esclusione del diritto d’opzione integrale siano sostenibili nelle opportune sedi? Ebbene con il sì, si perderebbe anche il diritto di questa rivalsa. E il pugno di caramelle promesso per convincere le persone a essere presenti in assemblea, siamo certi che non sia sufficiente a fare invalidare la votazione per palese condizionamento dell’espressione di voto? Forse quest’ultima obbiezione potrebbe fare invalidare la votazione, anche se il quorum fosse superato.
Aggiungo per conoscenza dei più distratti, che la tesi di trasferire agli azionisti i diritti riservati a CCB, era sostenuta e resa pubblica anche dal presidente dell’associazione piccoli azionisti (intervista rilasciata a Repubblica il 28 luglio 2019) e, sino a quel momento, ci sentivamo in sintonia con le sue dichiarazioni.