L’illusionismo nella finanza
L’abilità dei manager nel risanare una banca disastrata.
C’erano, una volta, più di 35.000 azionisti che credevano in una Banca e nelle sue prospettive future. Hanno versato denaro per anni, ricevendo assicurazioni che sarebbe stato più che sufficiente a restituire una stabile redditività alla società in cui avevano creduto. A ogni ricapitalizzazione la loro quota di possesso si diluiva, perché molti di loro non avevano più soldi da investire e il loro numero diminuiva perché avevano iniziato a non credere più alle promesse, regolarmente smentite dai fatti. Alla quarta volta, hanno chiesto di conoscere il piano industriale prima di credere cecamente anche alla quarta storiella per allocchi.
Che cattivi quegli azionisti, bisogna punirli, estrometterli da una banca che non vale più niente. Bisogna negare loro il diritto d’opzione, ridurre la loro quota di possesso, documentare che quella banca non valga più nulla e proporre un piano industriale che la rilanci. Il gioco ormai è facile, possiamo fare quello che vogliamo, nessuno oserebbe mai mettere in dubbio le nostre affermazioni. Quell’allocco che ha fatto un sito, ha pubblicato centinaia di pagine, ma nessuno lo prende in considerazione.
Ecco la ricetta da servire:
- Banca CARIGE vale 55 milioni;
- C’è un accordo tra TITD e CCB che acquisirà il controllo della banca;
- Lo stupido che continua a fare esposti non conta nulla, nessuno lo ascolta.
- L’accordo è privato, quindi segreto e immodificabile.
- Ciò che conta è l’apparenza, non la sostanza.
- Chiudiamo tutti i contenziosi legali con accordi transattivi, il conto lo facciamo pagare ai vecchi azionisti.
- Diciamo che, o si accetta il piano sconosciuto, oppure la banca sarà messa in liquidazione, vedrete che saranno tutti d’accordo con noi e i pochi che proveranno a ostacolarci non conteranno nulla. Nessuno parlerà di loro, sono voci che gridano nel deserto.
Le favole hanno sempre un lieto fine. Quella che abbiamo appena raccontato, no. Non poteva avere una conclusione felice, perché non è una favola. E’ quanto capitato agli azionisti di banca CARIGE. Una lettera alle istituzioni per denunciare la violazione dei diritti costituzionali e cinque esposti, non sono bastati ad attirare l’attenzione delle autorità competenti su quanto stava accadendo ai risparmiatori, ora aggiungiamo nuovi fatti che dimostrano quanto fossero fondate le nostre denunce. Chissà se alla fine qualcuno inizierà ad ascoltarci e a capire il decadimento etico che sta interessando la finanza europea.
Abbiamo detto che il valore attribuito a Banca CARIGE dai commissari fosse pari a 55 milioni. Il valore attribuito al possesso del 60% Banca del Monte di Lucca, era di 5 milioni.
L’altro 40% della Banca del Monte di Lucca era posseduto dalle fondazioni. La banca aveva bisogno di un’iniezione di capitale fresco. Per ragioni che è superfluo citare, le fondazioni hanno preferito non aderire all’aumento di capitale. I 13,5 milioni sono stati interamente versati da Banca CARIGE, che, così facendo, ha incrementato la propria quota di possesso al 69,80%.
Ora facciamo un calcolo per capire cosa poteva valere la partecipazione del 60% nella Banca del Monte di Lucca:
- Se il versamento di 13,5 milioni corrisponde al 9,8% della banca dopo l’aumento di capitale, si deduce che il valore della capitalizzazione di quella società dovrebbe essere 13,5 milioni, diviso 9,8, moltiplicato100. Cioè 137,76 milioni.
- Il valore della partecipazione prima di versare quell’aumento doveva esser 137,76 meno 13,5, diviso 100, moltiplicato 60. Uguale a 74,56 milioni.
- Nel bilancio della capogruppo al 31 dicembre 2018, a pag. 159-161, si legge: è stato effettuato l’impairment test con riferimento alle banche controllate, la partecipazione in Banca del Monte di Lucca (valore ante 21,90 milioni) è stata oggetto di svalutazione in quanto ha evidenziato un valore d’uso di competenza pari a 5 milioni, inferiore di 17 milioni rispetto al valore di partecipazione.
Evidentemente siamo degli allocchi. Non riusciamo proprio a capire come sia possibile che il valore di una partecipazione sia di 5 milioni quando un valore basso penalizza i vecchi azionisti e lieviti a 74,56 milioni quando un prezzo alto favorisce una fondazione e penalizzi ancora i vecchi azionisti.
Dobbiamo proprio essere degli allocchi, perché non riusciamo a capirei come sia possibile che una capogruppo sia valorizzata 55 milioni, mentre una solo delle sue partecipazioni sia valorizzata 74,56 milioni, dal nuovo CDA che ha deliberato l’adesione alla ricapitalizzazione a quelle condizioni. Attenzione, non abbiamo inserito nessuno dei valori sottostimati segnalati negli esposti inviati alle autorità competenti.
E’ vero, noi siamo dei poveri allocchi, non degli abilissimi banchieri che riescono a fare lievitare i valori che compongono il patrimonio di una società, come se avessero la bacchetta magica. Complimenti.
Se sono così bravi con i giochi di prestigio, come mai nessuno è riuscito a fare tornare nelle tasche dei risparmiatori il denaro versato nei tre aumenti di capitale precedenti e questi magie riescono solo dopo che i vecchi azionisti sono stati espropriati?