Nel luglio 2025, Consob ha pubblicato il Quaderno n. 34 dal titolo – Il target market nella disciplina della product governance quale presidio di tutela dell’investitore retail -. La versione integrale è disponibile al seguente link: https://www.consob.it/documents/d/area-pubblica/qg34 .
Gli autori (Fiamma Cambiano, Consob Ufficio Banche – Dario Colonnello, Consob Ufficio Studi – Michele Siri Università degli Studi di Genova -) entrano nel merito delle modifiche introdotte dalla direttiva Mifid II in vigore dal 3 gennaio 2018 e delle integrazioni inserite in seguito, tutte varate con l’intento di favorire il recupero della fiducia degli investitori, allo scopo di incrementare la quota di risparmio comunitario investita nelle imprese dell’Unione Europea.
Nel quaderno, da cui estraiamo alcuni passaggi, si analizzano le linee guida a cui dovrebbero attenersi gli ideatori e distributori di prodotti finanziari, in ottemperanza alla – disciplina di ‘product governance’ (governo del prodotto), introdotta dalla MiFID II quale presidio fondamentale per la tutela dell’investitore retail. Tale normativa impone agli intermediari che creano e distribuiscono prodotti finanziari di agire proattivamente affinché questi siano concepiti, offerti e monitorati in coerenza con gli interessi, gli obiettivi e le caratteristiche dei clienti finali destinatari dei medesimi.
Il momento in cui è stata elaborata l’analisi, non era certamente tra i più favorevoli a generare una visione efficace e risolutiva per la definizione degli interventi che potrebbero migliorate la competitività dei mercati finanziari europei. Da alcuni anni il sistema finanziario globale è in balia di pressioni continue, provocate dalla pandemia, dalle incertezze geopolitiche e dalle minacce di dazi assurdi e sistematiche correzioni, che, come mareggiate, stanno ingigantendo i rischi a cui sono esposti i risparmi che cercano approdi sicuri nell’immenso mare di una finanza globalizzata. Ancora più complessa la gestione delle incertezze che avvolgono l’area euro, in cui, oltre ai problemi globali, aleggiano le criticità derivanti dagli interessi egoistici dei singoli stati, che complicano la realizzazione di un vero mercato unico, e non solo …
Abbiamo quindi ritenuto importante dare evidenza al lavoro di chi, pur consapevole delle difficoltà di un contesto tanto incerto, si è impegnato a tracciare una rotta che, anche se soggetta a possibili correzioni lungo il percorso, possa condurre l’UE verso l’obiettivo ambizioso di costruire un mercato dei capitali capace di meritare la fiducia dei risparmiatori. Un mercato che permetta alle imprese europee di competere alla pari con quelle degli altri grandi blocchi economici, riservando una particolare attenzione ai vantaggi competitivi che potrebbero emergere dall’applicazione delle nuove tecnologie, senza trascurare l’individuazione preventiva dei nuovi rischi che potrebbero emergere con la loro implementazione.
Infatti, una delle necessità indicata più volte, è l’integrazione sinergica tra la regolamentazione e la tecnologia (Regulatory Technology abbreviato in RegTech – Le misure di RegTech, combinate con il ricorso alla tecnologia blockchain, potrebbero fornire un’infrastruttura tecnologica robusta per la gestione e la supervisione dei prodotti finanziari, migliorando la trasparenza, riducendo i rischi di frode e assicurando che gli intermediari rispettino effettivamente i dettami delle normative in vigore –. Periodo con cui si sottolinea l’importanza di una piattaforma con software in grado di bloccare l’acquisto di un prodotto finanziario ad un investitore non abilitato a correre il rischio che deriverebbe da quell’investimento, impedendo così ad un intermediario di privilegiare interessi propri anziché quelli dei clienti.
Nonostante la manifesta volontà di imporre la tutelare degli investitori retail, perché la loro fiducia sul mercato finanziario è condizione indispensabile per consentire alla UE di competere a livello globale, persistono molteplici difficolta, come evidenziato nelle considerazioni conclusive – Sotto il secondo profilo, le Autorità europee di vigilanza, come ampiamente approfondito sopra, devono affrontare i problemi derivanti da una disomogeneità applicativa della disciplina, insieme con le difficoltà per un efficiente enforcement della stessa. Pur con qualche esempio virtuoso, i Paesi europei hanno finora sperimentato un livello di attuazione delle regole MiFID sulla product governance che si attesta ancora su standard minimi di conformità, situazione che costringe le Autorità ad arricchire la propria attività di vigilanza per un corretto perseguimento degli obiettivi prefissati dal legislatore europeo.
Un chiaro esempio degli effetti generati dai diversi livelli di recepimento delle norme, è descritto dall’analista indipendente Alfonso Scarano, impegnato da anni per evidenziare i problemi che impediscono al nostro mercato finanziario di esprimere il proprio potenziale. Lo ha riportato nell’articolo pubblicato su Appunti – di Stefano Feltri, con titolo – Chi sfrutta i buchi nella vigilanza – scaricabile con il link https://appunti.substack.com/p/chi-sfrutta-i-buchi-nella-vigilanza . Sottotitolo – Oggi chi vende prodotti finanziari in Europa può scegliere la giurisdizione che più gli conviene. E chi tutela davvero i risparmiatori? – viene descritto un caso significativo che illustra i meccanismi con cui è possibile operare con scarsa trasparenza, riducendo i rischi di intervento da parte delle autorità di vigilanza.
Consigliamo la lettura integrale dell’articolo che consente di cogliere tutti i dettagli che descrivono i rischi che potrebbero correre gli investitori nel caso in cui un operatore di mercato decidesse di stabilire la propria sede nello stato con la normativa più permissiva, distribuendo poi i propri prodotti negli altri Paesi membri. Risultato finale: quando la società fosse dichiarata fallita, pochi o nessuno si lamenteranno nella nazione in cui risiede la società, perché la massa dei danneggiati emergerebbe in altri stati. Il caso documenta con chiarezza cosa sia indispensabile attivare con la massima urgenza, per ottenere una vera tutela dell’investitore retail: un mercato dei capitali unico, una normativa unica e una vigilanza unica sul sistema finanziario dell’Unione.
Riportiamo il capoverso con cui gli autori chiudono l’analisi – Nell’insieme, in considerazione dell’instabile quadro geopolitico che caratterizza il momento attuale, con conseguenti potenziali turbolenze significative sui mercati finanziari, resta confermata l’esigenza di un impianto robusto delle regole di product governance della MiFID II, auspicabilmente reso più efficace sulla base dell’esperienza applicativa fin qui maturata, quale presidio in grado di orientare già a monte i comportamenti degli intermediari verso scelte tutelanti per gli investitori, soprattutto retail -.
Dopo queste brevi considerazioni, che mostrano come in Europa si stiano studiando soluzioni per proteggere i risparmiatori e sostenere l’economia comunitaria, diventa evidente la necessità di riflettere sugli stili di relazione tra gli Stati membri. La radice dei problemi sembra risiedere nella persistente logica di antagonismo, che ostacola la costruzione di una vera comunione d’intenti, tipica di alleati che condividono obiettivi strategici comuni.
Dopo avere citato l’articolo di Alfonso Scarano, in cui descrive il fallimento di una società assicurativa con sede all’estero, che ha prodotto danni a 160.000 famiglie di nostri connazionali, non potremmo chiudere le nostre considerazioni senza gettare lo sguardo sul comportamento tenuto dal legislatore nazionale. Il 7 maggio 2025 Borsa Italiana aveva pubblicato un articolo in cui diceva: – La Commissione ha deciso di avviare una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia per il non corretto recepimento della direttiva sui diritti degli azionisti (direttiva 2007/36/CE), sottolineando che l’impegno nel lungo periodo degli azionisti nelle società in cui investono è essenziale per garantire che queste ultime siano ben amministrate e sostenibili – La commissione stava contestando le modalità di voto mediante Rappresentante designato e le assemblee a porte chiuse. Un caso sporadico? Assolutamente no, perché il legislatore italiano sta riducendo i diritti degli investitori da almeno 15 anni (1).
Dalle considerazioni e dai fatti emerge una cruda realtà: finché gli stati membri faranno a gara per attrarre e favorire emittenti, offrendo a quelli senza scrupoli la possibilità di appropriarsi dei risparmi dei cittadini, con la riduzione diritti agli investitori, la nostra competitività continuerà ad essere penalizzata. Infatti, i risparmiatori faranno investimenti in altri paesi, determinando la sottovalutazione delle nostre imprese; le più appetibili delle quali saranno acquisite da competitor esteri, che ne assumeranno il controllo utilizzando la liquidità messa a loro disposizione dai nostri concittadini.
1) Penalizzazioni degli investitori. – 2011 introduzione imposta di bollo su rendicontazione titoli; 2012 ripristino divieto sul patto di quota lite; 2013 introduzione Tobin Tax; 2014 abolizione diritto di proporzionalità con introduzione volto plurimo in un rapporto massimo di 3 voti per ogni azione che ha maturato il diritto, nelle società non quotate, con modifiche successive la facoltà sarà estesa alle società quotate; 2020 introduzione divieto assemblee in presenza per Covid; 2024 proposta la limitazione rischio di risarcimento del Consiglio sindacale; 2024 incremento da 3 a 10 volte il moltiplicatore dei diritti di voto multiplo; 2024 revisione modalità di esecuzione voto di lista del CdA; 2024 proroga delle assemblee a porte chiuse e concessione agli emittenti della facoltà di rendere permanente con la legge Capitali; 2024 fondo con soldi pubblici e privati per sostenere le PMI, accusando i risparmiatori di non sostenere le imprese nazionali; 2025 Il Senato approva un disegno di legge sulla riduzione delle sanzioni alle società quotate, in caso di insider trading;