Le banche hanno iniziato a proporre diamanti come investimento nel momento in cui i rendimenti di titoli di stato e delle obbligazioni erano scesi ai minimi storici. La data precisa non c’è nota. Non crediamo che sia importante ai fini dell’articolo che stiamo proponendo, ma saremo lieti di segnalarla, se i nostri lettori, che li hanno acquistati ci useranno la cortesia di comunicarci la data in cui è avvenuto l’acquisto. La CONSOB con Comunicazione 13038246 del 6 maggio 2013 ufficializzava che l’acquisto di diamanti in banca non poteva essere considerato investimento finanziario. Se volete, potete leggere questa comunicazione, basta digitare “Consob comunicazione 13038246” per scaricarla. I contenuti sono corretti, ma non sono serviti a proteggere gli investitori che avevano fiducia nella propria banca, che proponeva un investimento redditizio. In alcune occasioni, gli abilissimi legali che assistono le banche, sono riusciti a ottenere che a soccombere fosse l’acquirente dei diamanti, proprio perché il diamante non poteva essere considerato un bene d’investimento e, quindi, non necessitava di un prospetto informativo per essere venduto. Una difesa poco efficace, non ha saputo dimostrare che le banche avevano proposto al cliente i diamanti, come bene d’investimento molto redditizio, evitando di avvertirlo che il loro costo era molto superiore a quello di mercato.
Milena Gabanelli nella trasmissione REPORT del 17 ottobre 2016, presenta un’inchiesta in cui si spiega, in tutti i dettagli, che la vendita dei diamanti in banca avveniva attraverso le stesse persone che supportavano i clienti nelle normali transazioni finanziarie. Svela i meccanismi messi in atto per fornire informazioni non corrette sul valore reale dei diamanti acquistati come bene rifugio per diversificare il rischio degli investimenti. Confronta i listini delle due società che vendono i diamanti attraverso il circuito bancario e dimostra che il loro prezzo di vendita è più del doppio rispetto ai listini più utilizzati per le transazioni internazionali di diamanti. La trasmissione documenta che per convincere il cliente all’acquisto, è mostrato un grafico che attesta come, nel tempo, abbia una crescita costante. A ulteriore supporto di quanto dichiarato, si presentano dati estratti dal quotidiano “IL SOLE 24 ORE”. La conduttrice spiega che quelli utilizzati non sono valori di mercato ma rilevati da inserti pubblicitari fatti pubblicare a pagamento.
Il 28 novembre2016, Milena Gabanelli ritiene di dovere fare un’appendice all’argomento trattato poco più di un mese prima. Il titolo è :“Cosa aspetta il placido Vegas”. Prima dichiara che il presidente di CONSOB Giuseppe Vegas, come risposta alla puntata di REPORT del 17 ottobre, aveva precisato che erano in corso verifiche per capire se le banche stessero veramente vendendo diamanti come investimenti. Poi Milena Gabanelli ha esibito un foglio su cui era scritto “DIAMANTI DA INVESTIMENTO”. Precisando che un cliente lo aveva avuto da un’agenzia di Banca Intesa a Roma, qualche giorno prima. Infine ha chiesto cosa stesse aspettando la CONSOB per intervenire.
A fine ottobre 2017, l’antitrust ha multato le società venditrici di diamanti e le banche che si erano prestate a proporre i diamanti da investimento alla propria clientela. Complessivamente le multe superavano i 15 milioni e contestavano che la vendita era avvenuta con modalità” gravemente ingannevoli e omissive”. A metà novembre 2018 il TAR del Lazio confermerà le multe ad alcune banche che avevano fatto ricorso contro il primo provvedimento emesso dall’antitrust, per altre si è ancora in attesa di una decisione.
La trasmissione “Due di denari”, su radio 24, si è interessata dell’argomento diamanti il 22 marzo 2018.Come ospite è stato invitato l’avvocato Letizia Vescovini che ha potuto rendere note informazioni che le sono derivate dall’assistenza legale prestata a più persone che avevano acquistato in banca diamanti da investimento. La prima informazione è stata che Banca Intesa stava rimborsando i propri clienti. Dopo Intesa anche Unicredit aveva avviato la restituzione. Banco BPM continuava a essere resistente, rifiutandosi di ammettere la propria responsabilità. Secondo l’avvocato la vendita dei diamanti era avvenuta in modo non corretto, perché basata sul rapporto di fiducia tra cliente e banca, non sulla competenza del cliente su quel tipo d’investimento. Qualche danneggiato aveva tentato il ricorso all’arbitro sulle controversie finanziarie, che ha dichiarato di non potersi esprimere perché il diamante non era considerato un prodotto finanziario.
Il nove di febbraio 2019 il settimanale del sabato PLUS, allegato a “IL SOLE 24 ORE” rispondendo a un quesito posto da un lettore, precisa che tutti gli approfondimenti del caso saranno affrontati in un prossimo futuro. ma conferma che in due casi presso il tribunale di Parma e in uno presso il tribunale di Milano, gli investitori sono stati soccombenti nel primo grado di giudizio.
Il 19 febbraio 2019, la finanza mette in atto un sequestro preventivo da 700 milioni di euro nei confronti delle due società che avevano immesso sul mercato i diamanti, Intermarket Diamond Business spa (Idb) e Diamond Private Investiment Spa (DPI), di Banco BPM e Banca Aletti, di Unicredit, di Banca Intesa e di MPS. L’ordine con cui sono presentati i nomi parte da chi ha ricavato di più dalla presunta truffa e finisce con chi ha ricavato meno. Nell’inchiesta sono coinvolte più di sessanta persone, fra cui l’amministratore delegato di Banca Aletti e il direttore generale di Banco BPM. L’inchiesta segue il percorso tracciato da Milena Gabanelli. I due anni trascorsi dall’inchiesta presentata in quella trasmissione, dimostrano quanto sia complesso portare a termine indagini per individuare i presunti responsabili. Se le accuse daranno seguito a un processo, potremo capire chi siano i veri responsabili dei reati. Al momento i numeri dicono che Banco BPM e Banca Aletti hanno venduto più della metà dei diamanti.
Il 20 di febbraio 2019, la trasmissione “Due di denari” si è occupata ancora dell’inchiesta sui diamanti e l’avvocato Letizia Vescovini, che è intervenuta come ospite, ha aggiunto dettagli molto utili a chi fosse rimasto danneggiato. Tre banche si stanno impegnando da qualche tempo per raggiungere accordi soddisfacenti con i clienti che avevano acquistato i diamanti. Banco BPM non l’ha ancora fatto. In alcuni processi gli acquirenti di diamanti sono stati soccombenti perché la difesa non ha dimostrato che il cliente ha acquistato sulla base del rapporto di fiducia che intratteneva con il proprio referente finanziario in banca, in mancanza del quale non avrebbe mai fatto quell’investimento, su cui non aveva alcuna specifica conoscenza.
Proviamo a insinuare alcune proposte.
- Riassumiamo: CONSOB fa una comunicazione nel 2013 in cui dice che la vendita dei diamanti nelle banche non possa essere considerato un investimento finanziario, antitrust da multe e il TAR ne conferma alcune e siamo in attesa che si esprima sulle altre, l’arbitro per le controversie finanziarie dice che non può intervenire perché non si tratta di un prodotto finanziario, le banche hanno venduto diamanti attraverso le persone che assistevano i clienti per le operazioni finanziarie dicendo che era un investimento redditizio, le banche più ragionevoli hanno iniziato e alcune quasi terminato il risarcimento del danno provocato ai clienti, e alcuni clienti sono risultati soccombenti nei processi di primo grado. Sono passati sei anni dal momento in cui CONSOB ha emesso la comunicazione citata. A noi non sembra uno scenario da paese civile. Chi aveva la competenza per evitare l’evoluzione da incubo descritto sopra? A noi non sembra accettabile che due cittadini che hanno subito la stessa truffa si trovino nelle due condizioni in cui, uno vede risarcito il danno in pochi giorni e l’altro debba pagare anche le spese legali. Se ci fosse un tribunale con il compito di analizzare questi contenziosi collettivi e di emettere un’unica sentenza, si otterrebbero molti risultati: giustizia uguale per tutti, snellimento del lavoro dei tribunali, ma, soprattutto, si darebbe la possibilità a tutti di ottenere giustizia, non solo a chi ha i soldi per potersela permettere. La giustizi non piò essere un lusso riservato ai ricchi.
- Se si consiglia da anni alle persone di crearsi una fonte di reddito integrativo della pensione, com’è possibile che si permetta a persone giuridiche, cui è stata data l’abilitazione all’intermediazione finanziaria, di mettere in atto simili comportamenti. Se a fronte di un comportamento come quello per cui sono state multate le banche, ci fosse una legge che fa loro perdere l’abilitazione all’intermediazione, non pensate che sarebbe molto meno probabile una simile condotta?
- Il legislatore dovrebbe avere imparato che se le multe sono inferiori al danno provocato, ci guadagnano in due, chi commette il reato e chi incassa la multa. Chi ci rimette è sempre e solo il risparmiatore. Il marasma che abbiamo descritto lo dimostra.
- Se le multe fossero utilizzate per costituire un fondo che copra l’assistenza legale a chi non ha la capacità economica per difendersi, ci sarebbero meno abusi e meno processi. Chi commette azioni come quelle sanzionate dall’antitrust, lo fa perché le multe sono basse e solamente una piccolissima parte dei danneggiati può permettersi di sostenere un’azione legale.