Il peggio era iniziato a causa di una richiesta d’approvazione per un aumento di capitale da 400 milioni. I dubbi sollevati dall’azionista di riferimento sull’efficacia di quanto si stava proponendo, avevano portato al commissariamento e alla sospensione del titolo dalla negoziazione di borsa. Quasi 31 mesi di attesa, l’ennesimo annuncio di riammissione del titolo, questa, però, era la volta buona. Consob aveva approvato il prospetto informativo, quindi, finalmente il titolo poteva essere negoziato nuovamente. Quasi tutti i media sottolineavano un argomento estratto dal prospetto e, facciamo fatica a crederlo, nessuna enfasi sul ritorno del titolo in borsa. L’annuncio beffa era stata la notizia che tutti riportavano: Se Carige non trova uno sposo, entro fine 2022 servirà un nuovo aumento di capitale, guarda caso, da 400 milioni.
Banca Carige, su richiesta di Consob, aveva dichiarato di non potere fare una stima attendibile sul valore con cui il titolo poteva rientrare in negoziazione. L’Ad, Francesco Guido, aveva dichiarato che non si sarebbe esaltato se il titolo fosse cresciuto in modo sensibile e non si sarebbe depresso se il suo valore fosse sceso di parecchio.
Il clima d’incertezza era l’aspetto più significativo che emergeva in tutte le dichiarazioni sui blog e i valori ipotizzati negli scambi d’opinione tra gli azionisti, coprivano una fascia talmente ampia, che sembrava d’essere sbarcati su un altro pianeta. Tutto dipendeva dalle argomentazioni portate a supporto delle varie ipotesi che giustificavano il valore attribuito al titolo. C’era chi ipotizzava che la banca potesse valere tra i 30 e i 50 centesimi per azione, perché Cassa centrale banca (Ccb) aveva avuto la possibilità di acquisire il controllo, pagando le azioni 53 centesimi, senza aggravio per il premio di maggioranza, ed aveva rinunciato all’esercizio di quell’opzione. La teoria ipotizzata per giustificare il basso valore, era ovvia: se non s’intravedevano sinergie per un’operazione di aggregazione, ma si riteneva che Carige valesse più del prezzo a cui era possibile acquisirla, Ccb avrebbe potuto esercitare il diritto per realizzare un’operazione finanziaria e monetizzare una plusvalenza con la sua cessione; se si era preferito rinunciare, era evidente che si ritenesse che il titolo avesse un valore inferiore a quanto necessario per la sua acquisizione.
C’era chi asseriva con convinzione che, per dare una spiegazione sul prezzo di acquisto basso con cui Fondo interbancario tutela depositi (Fitd) e Schema volontario d’intervento (Svi) erano entrati in possesso dell’80 % di Carige, negando il diritto di opzione ai vecchi azionisti, si fossero sottovalutate alcune poste di bilancio e che il valore della banca era molto più elevato dei 55 milioni utilizzati per fissare il prezzo con cui era possibile aderire alla ricapitalizzazione deliberata il 20 settembre 2019. Si citavano esempi come il valore delle quote di Banca d’Italia: prima della riammissione Carige ne possedeva ancora 9.422 quote con un valore unitario di 25.000 euro, confermato dalle molteplici cessioni fatte per scendere alla soglia massima di possesso che era stata fissata al 3 %. Il valore complessivo era pari a 265,55 milioni, che mal si conciliava con il valore totale di 55 milioni assegnato alla banca per giustificare il prezzo di emissione nuove azioni. La tesi era rinvigorita anche da altri esempi: i valori assegnati alla Banca del Monte di Lucca, la cui quota di possesso del 60 % era stata valorizzata 5 milioni e poi Carige aveva pagato 13,5 milioni per incrementarla del 9 %. Il valore più citato era quello delle Imposte Attive Differite, che ammontavano a 1,3 miliardi e che avrebbero permesso di non pagare imposte sugli utili per anni, o di essere convertiti in crediti d’imposta, in particolari situazioni.
La curiosità sul come si sarebbe costruito e su quale importo sarebbe stato fissato il prezzo di apertura del titolo Carige il 27 luglio 2021, era molto diffusa, proprio a causa dell’impossibilità di documentare in modo convincente qualsiasi valore. Nei giorni precedenti, i più saggi non avevano esposto teorie, ma si erano preparati a cogliere tutti i segnali che avrebbero permesso di capire qualcosa su un titolo che, da tempo, non aveva più nulla di normale. Lo scambio di comunicazioni e di impressioni, nei minuti immediatamente successivi all’apertura della borsa, erano state frenetiche e confuse, col passare dei minuti prendeva consistenza un fatto su cui si stava concentrando l’attenzione di molti: non era possibile inserire ordini di vendita e di acquisto ad un prezzo superiore a 0,6318, molto inferiore all’ultimo prezzo di fine 2018, che dopo il raggruppamento delle azioni andava rettificato a 1,5 euro, e anche del prezzo di ricapitalizzazione che per la stessa ragione, andava aggiornato a 1 euro. Un lancio Ansa non spiegava le ragioni per cui non si riusciva ad inserire ordini, di acquisto o di vendita, con prezzi più alti, ma descriveva, con discreta chiarezza, cosa stava accadendo nel giorno della riammissione del titolo. “Carige torna in Borsa, dopo due anni e mezzo ma la prima seduta è più d’attesa con il titolo che non fa prezzo il che impedisce di capire la reale capitalizzazione. È presumibile che qualcosa si muova tra acquisti e vendite alla chiusura e che la vera negoziazione parta domani”.
Così e stato. Le azioni della banca non hanno fatto scambi nel corso della giornata e in chiusura sono passati di mano 359.792 titoli, al prezzo di 0,6318. Il giorno successivo non sono emersi inconvenienti nell’immissione ordini. Volumi e valore del titolo sono letteralmente schizzati verso l’alto: il 28 luglio sono state scambiate 925.780 azioni che hanno chiuso a 0,928 con una performance del +46,88 % e il 29 i volumi si sono attestati a 2.066.616 con un ulteriore balzo del 41,16% al prezzo di chiusura di 1,31. In un commento di Repubblica Genova, il cui titolo era: “Carige in borsa, perché il titolo corre” si cercava di evidenziare le ragioni che spingevano al rialzo l’azione Carige: “Molta strada deve ancora essere fatta per recuperare tutto quanto perduto (a vantaggio di altri istituti) in questi ultimi anni, ma l’impressione è che il titolo, e l’azienda che lo rappresenta, comincino a tornare interessanti”. Anche il 30 luglio il titolo aveva aperto in crescita a 1,41, poi aveva toccato un massimo di giornata a 1,45. La notizia che erano in fase di diffusione gli stress test della Bce sulle banche europee, ha risvegliato brutti ricordi negli azionisti della banca che hanno iniziato a vendere. Gli interventi della vigilanza Bce erano stati sempre motivo di fuga dall’investimento. Il titolo che aveva guadagnato più del 10 % ha iniziato a scendere e ha chiuso a 1,195 euro, realizzando una perdita del 8,78%, con volumi saliti a 4.323.591.
Sabato 31 luglio La Repubblica aveva pubblicato l’articolo: Stress test Bce, Carige nel plotoncino di coda nella classifica in Europa. La giornalista, Vittoria Puledda, presentava una sintesi in corsivo: Parallelamente all’esercizio dell’Eba, la Banca centrale ha passato al setaccio 55 istituti di dimensioni più ridotte. E la banca della Lanterna è risultata tra quelle che in caso di scenario avverso al 2023 subirebbero le perdite maggiori di Cet1, superiori a 900 punti base. Poi, con toni e argomenti più rasserenanti, aggiungeva: Migliore il risultato nello scenario di base, caso in cui la banca rispetterebbe i parametri minimi di capitale di vigilanza fissati dalla Bce; però si sa che gli stress test sono fatti proprio per misurare la capacità di resistere agli stress. In condizioni estreme, Mps arriverebbe addirittura ad avere un Cet1 negativo, come si è visto ieri.
Lunedì 2 agosto, lo stato d’animo degli azionisti non era migliorato e la quotazione di Carige ne aveva subito le conseguenze perdendo il 10,7. Martedì 3 ancora in negativo del 2,5 %. Un nuovo peggioramento al mercoledì, giorno in cui erano state diffuse le prime anticipazioni sulla semestrale che sarebbe stata diffusa il giorno successivo. In chiusura il titolo era sceso a 0,97 euro, realizzando un’ulteriore perdita del 6,75 %. Giovedì 5 il titolo aveva sofferto ancora in apertura, poi poco alla volta si riprendeva e in serata chiudeva con una crescita del 12,8 %, proprio a seguito di una più approfondita comprensione dei numeri diffusi con la semestrale. Il cambio d’umore degli azionisti, al di là dei valori assoluti (una perdita di 49,9 milioni), era dovuto alla segnalazione di tendenze sui ricavi e sui costi che erano in netto miglioramento nel secondo trimestre, rispetto a quelli realizzati nel primo.
I media, che nei titoli delle notizie diffuse avevano enfatizzato le perdite e sottolineato il rischio di un aumento di capitale a fine 2022, quando facevano approfondimenti sui contenuti della semestrale, entrando nei dettagli, si erano allineati al comunicato stampa e si dilungavano nella descrizione degli aspetti positivi ampiamente illustrati da Francesco Guido nel suo commento alla semestrale. Riportiamo alcuni passaggi contenuti nella comunicazione ufficiale, perché possono aiutarci a capire le reazioni degli azionisti ai messaggi mediatici diffusi da stampa e testate radiotelevisive.
- Genova, 5 agosto 2021. Il Consiglio di Amministrazione di Banca Carige riunitosi in data odierna ha approvato i risultati consolidati al 30 giugno 2021. Il primo semestre, soprattutto nella seconda parte, inizia a incorporare i primi tangibili effetti del nuovo modello di servizio e dei correlati investimenti tecnologici, che si stanno gradualmente apportando.
- Dopo avere ringraziato il personale per il prezioso contributo a livello operativo e le famiglie per la fiducia accordata alla banca, precisa: A conferma delle evidenze di accelerazione dell’attività commerciale, dopo gli incoraggianti risultati rilevati nei trimestri precedenti in particolare sull’andamento dei volumi della raccolta e degli impieghi, si riscontra un robusto trend di crescita delle componenti core della top line dei ricavi (margine di interesse e commissioni nette) sia rispetto ai 6 mesi 20201 (+16,7% l’aggregato nei sei mesi) sia rispetto al primo trimestre 2021 (+8,9% la performance nel secondo trimestre);
- Guido ritiene di dovere segnalare che le garanzie statali hanno permesso di ampliare Il portafoglio crediti alle famiglie e alle imprese. Segue un dettagliato confronto dei numeri, in deciso miglioramento rispetto al primo semestre dell’anno precedente e nel secondo trimestre nei confronti con il primo. Guido ci tiene a precisare che anche gli impieghi sono cresciuti, soprattutto nelle erogazioni alle PMI (piccole e medie imprese), operazioni rese possibili perché effettuate sotto l’ombrello delle garanzie statali, che aiutano a contenere i rischi d’insolvenza.
- Nel semestre si confermano gli ottimi livelli di incidenza del credito deteriorato sul totale del portafoglio crediti: NPE ratio lordo al 4,9% (5,1% a dicembre 2020) e NPE ratio netto stabile al 2,5%. Sono tra i migliori livelli nel panorama bancario nazionale e occupano una buona posizione in quello europeo. Sono migliori di quanto richiesto dalla vigilanza e, prima o poi, speriamo che qualcuno dia una risposta alla domanda che avevamo posto il 22 dicembre 2018 nell’assemblea di Banca Carige, che sintetizziamo in: “Considerato che ci viene richiesto di approvare un aumento di capitale, in che misura possono avere inciso le cessioni degli Npl imposte dalla Vigilanza, sulla necessità di mezzi freschi che Carige sta chiedendo ai suoi azionisti”? Oggi aggiungiamo: “Forse sarebbe utile conoscere quanti profitti hanno generato quelle cessioni per chi li ha acquistati”?
Abbiamo ritenuto di dovere tracciare dettagliatamente i fatti che hanno caratterizzat5o il percorso compiuto dalla Banca Carige per il suo ritorno sul mercato, per dare una nuova evidenza di cosa sia diventata la finanza. È un ambiente in cui si dice tutto e il contrario di tutto. Si afferma che il titolo potrebbe necessitare di un nuovo aumento di capitale a fine 2022 e nello stesso tempo che i suoi indicatori sono ai massimi livelli e la tendenza del conto economico è in evidente miglioramento. Ciononostante non è possibile affermare con certezza che il piano industriale possa essere rispettato a fine 2022. Qualsiasi cosa dovesse accadere in seguito, si potrà dire che era stato detto e che chi investe nei mercati finanziari deve essere consapevole che potrebbe perdere il capitale investito. Tutto vero, ma come è possibile che un titolo resti sospeso per più di 30 mesi, 13 dei quali di commissariamento, allo scopo di permettere la creazione delle condizioni necessarie alla sua integrazione con altro istituto bancario. Poi, quando lo si riammette, nessuno è in grado d’indicare, per ragioni incomprensibili, una fascia di prezzo che possa permettere una negoziazione che non penalizzi chi è costretto a vendere per recuperare liquidità da un investimento che è stato tenuto bloccato per due anni e mezzo, in un momento in cui una pandemia ha complicato la vita economica di moltissimi risparmiatori.
Quando abbiamo deciso di associare a questo articolo la fotografia di un torrente di montagna, avevamo ipotizzato che simboleggiasse la trasparenza, caratteristica che da tempo segnaliamo come in regressione nella finanza. Poi, un fugace pensiero, ci ha indotti a riflettere sulla caparbia insistenza con cui denunciamo, senza ottenere alcun riscontro. Dall’inconscio è emersa una metafora diversa che, almeno per noi, ha cambiato il significato dell’accostamento a questo articolo, perché molto più in sintonia con lo scopo che stiamo perseguendo: ci auguriamo che la tenacia che ci spinge a denunciare, con ostinata continuità, dettagli palesi cui nessun altro sembra volere prestare attenzione, possa ottenere un risultato più rapido, ma ugualmente duraturo, dell’apparentemente innocuo, ma incessante, scorrere dell’acqua, che riesce a modificare l’ambiente in cui si muove, per aprirsi la via che le consentirà di raggiungere il mare.