Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Federazione Autonoma Bancari Italiani (FABI) è stato audito dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle banche e il sistema finanziario, il 17 maggio 2022. Noi avevamo fatto molti esposti alla stessa Commissione, senza ottenere alcun risultato. Avevamo segnalato gli stessi fatti che, dopo le dichiarazioni di Sileoni, dovrebbero ricevere attenzioni ben più incisive dei non riscontri sin qui ottenuti.
Estraiamo alcuni passaggi dall’intervento del segretario FABI. Con molti siamo in piena sintonia, mentre uno necessita di una puntualizzazione, se osservato dal punto di vista di chi ha subito i comportamenti imposti ai dipendenti dai vertici delle banche. Proprio la differenza, non certo marginale, è la dimostrazione del fatto che nella finanza manca una voce, senza la quale non sarà mai possibile avere relazioni equilibrate e rispettose dei diritti di tutti coloro che sono coinvolti, a vario titolo e con esigenze diverse, nel sistema finanziario.
- Una delle priorità, oggi, è far partire dalle scuole una vera educazione finanziaria.
- È indispensabile far passare il messaggio che sempre meno credito, meno prestiti verranno erogati a famiglie e imprese, non per casualità o per negligenza o per indifferenza delle banche, ma per una precisa volontà politica da parte della Banca centrale europea. … nel 2015 il settore bancario italiano raggiunse il record di 200 miliardi di euro di sofferenze che le banche nel corso degli anni hanno dovuto svendere.
- La direttiva europea Mifid è il pilastro giuridico per la tutela della clientela bancaria, alla quale vengono proposti prodotti finanziari. Per la banca dovrebbe essere fondamentale accertare che il cliente abbia capito a fondo in cosa sta investendo e, soprattutto, a quali rischi va incontro con un determinato prodotto o investimento. Purtroppo, molto frequentemente i vertici dei gruppi bancari e chi dirige le reti commerciali delle stesse banche, creano meccanismi che consentono di dare alla clientela solo informazioni fuorvianti, o non precise, oppure parziali e ingannevoli, quando in realtà la direttiva Mifid impone di fornire sempre informazioni chiare e corrette.
- … le banche, formalmente in regola, costringono i loro dipendenti a prendere altre strade con il risultato che, a correre rischi, non sono solo i clienti, ma gli stessi dipendenti. Questo meccanismo calpesta qualsiasi principio etico perché il motore della consulenza finanziaria è soltanto quello di far aumentare i ricavi della banca.
- Sono arrivato, partendo dalla Mifid, all’argomento dei premi e dei cosiddetti sistemi incentivanti: tutte le banche usano la retribuzione variabile sia per trattenere sia per motivare i dipendenti.
- Nei fatti, i premi sono diventati, soprattutto nella rete di vendita, soltanto una spinta per far crescere proprio le pressioni commerciali. Questo succede – e lo abbiamo accertato – perché gli obiettivi di vendita assegnati alle lavoratrici e ai lavoratori sono poco realistici, spesso impossibili da raggiungere, ma rappresentano elementi poi usati per valutare il loro lavoro quotidiano. Anche i premi dovrebbero seguire principi etici, ma quelli che vengono pubblicizzati dai vertici delle banche servono solo per fare propaganda e per iniziative di comunicazione; in realtà i sistemi incentivanti sono solo mezzi che finiscono per favorire i conflitti di interesse, per distruggere lo spirito di squadra nei gruppi di lavoro e per creare disparità di trattamento tra dipendenti.
Sono tutti passaggi che condividiamo senza riserve, perché sono una lucida denuncia di cosa sia accaduto nel nostro paese. Ci sono alcuni distinguo, dettati dalla diversità dei ruoli ricoperti: tutela dei lavoratori impiegati nel sistema bancario, e presidio diritti dei risparmiatori. Le distinzioni non cambiano la sostanza, e sono una chiave di lettura utile a capire le cause della limitata crescita economica degli ultimi decenni. È importante capire, e avviare le soluzioni che riportino l’Italia al modello di sviluppo che sapeva coniugare gli interessi dei risparmiatori con quelli della creatività dell’imprenditoria nazionale, fornendo il sostegno necessario alla crescita economica.
Con nostalgia, confronto i fatti descritti dal Segretario Fabi, con Il mio ricordo sui rapporti intrattenuti con un consulente incaricato della negoziazione titoli alla Banca Commerciale italiana (Comit). È ancora vivo nella mia memoria, anche se stiamo facendo riferimento ai tempi arcaici in cui non esisteva ancora la negoziazione titoli online. Mi era capitato di non riuscire a conferire un ordine perché una mattina il telefono di chi li riceveva, era rimasto occupato per un tempo interminabile. Alla prima occasione segnalai quanto mi fosse costato. Prese un biglietto da visita, ci scrisse il suo numero telefonico privato, me lo diede dicendo: “Sono certo che lei sia una persona affidabile e riservata, lo usi con discrezione e mi chiami pure, anche di sera, nel caso in cui abbia già preso la decisione d’investimento e voglia inserire un ordine in apertura”. Quel numero di telefono lo utilizzai una sola volta, il 25 agosto 1997, mentre ero in vacanza al mare. Diedi disposizione per vendere le azioni Sci, poche settimane prima che la società fosse dichiarata in amministrazione straordinaria e che le banche, detentrici del 78 %, avessero venduto la quasi totalità dei titoli posseduti. Per me fu uno degli investimenti più redditizi; per la maggior parte degli azionisti fu una trappola. Le banche che avevano venduto i titoli, furono definitivamente condannate nel 2014. Dovettero risarcire gli azionisti che erano ricorsi in giudizio, perché non avrebbero potuto cedere i titoli, essendo in possesso di informazioni non note al mercato. Il caso Sci è ampiamente descritto nei due articoli pubblicati il 6 e 7 aprile 2019, sono rintracciabili nell’archivio del sito. Il caso era il preludio di come stesse degenerando la finanza italiana.
La Comit non esiste più, è stata assorbita nel principale gruppo nazionale. Marchio e storia sono stati cancellati e, con loro, anche un modello di banca che aiutava risparmiatori e imprese a crescere, a generare ricchezza per sé stessi, per il paese e per le banche. Erogava un servizio troppo impegnativo per garantirsi i margini necessari ad acquisire altri istituti di credito, mentre i competitor sapevano come realizzare profitti anche nei momenti meno favorevoli. Il modello vincente era quello di oggi, ben descritto dal Segretario Sileoni, ma destinato ad implodere non appena la platea dei risparmiatori si allontanerà dalle banche in modo irreversibile. Trarre profitto anche da operazioni sbagliate, scaricando le perdite sui risparmiatori, conferisce un vantaggio competitivo sicuro e non certo trascurabile. Ai manager, che nulla hanno in comune con il senso di responsabilità di chi dava anche il proprio numero telefonico di casa ad un cliente affidabile, poco importa se, per rispettare gli obiettivi, i dipendenti devono fare a gara per dimostrare di possedere la strategia commerciale più aggressiva, mettendo nel congelatore la propria coscienza. Chi se ne frega, tanto tutti faranno finta di non vedere e non sentire, se un rappresentante dei lavoratori in audizione alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulle Banche e il sistema finanziario, segnala il rischio che anche la salute dei dipendenti, quelli incapaci di mettere la coscienza in frigorifero, sia a rischio e, per dimostrare la correttezza delle proprie affermazioni, ritiene necessario chiudere con una citazione del Governatore Viasco.
- Qui vi elenco i casi più clamorosi di indebite pressioni commerciali che, voglio sottolinearlo, hanno spesso costretto le lavoratrici e i lavoratori bancari a fare uso di farmaci, oppure a ricorrere all’assistenza di psicologi e psichiatri.
- Voglio ricordare quanto ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, il 18 settembre 2021: «L’integrità della condotta delle banche è stata messa in discussione sotto vari profili, dall’onestà nei comportamenti dei dirigenti bancari, alla capacità nel gestire rischi finanziari, spesso eccessivi, dall’impegno a curare gli interessi della clientela, all’attenzione al sistema di incentivi perversi connessi a premi e remunerazioni».
Però… Però, c’è una cosa che va, con rispetto, chiarita nell’introduzione dell’audizione del Segretario generale della FABI, che potrebbe cambiare in modo radicale le considerazioni sul perché certe priorità siano imposte ai dipendenti. Estraiamo ancora tre passaggi dall’audizione.
- L’ossessione delle banche è il raggiungimento dei risultati, tutti concentrati nel breve termine, perché il vero obiettivo è soltanto la distribuzione di altissimi dividendi ad azionisti e fondi d’investimento. Non credo che possa servire una netta separazione tra banca d’affari e banca commerciale, se l’unico obiettivo è quello della distribuzione di alti dividendi. Il passaggio politico non è di poco conto perché, dopo i recenti scandali del cosiddetto “risparmio tradito”, le indebite pressioni commerciali invece di diminuire hanno ripreso forza.
- Nel resto d’Europa, i dipendenti delle banche non subiscono certi trattamenti e infatti sul tema del cosiddetto risparmio tradito non esistono precedenti.
- Da una nostra ricerca del 2021, ripresa da televisioni nazionali e stampa, è emerso che le banche ricavano di più vendendo prodotti finanziari e assicurativi rispetto ai prestiti.
Sul punto 1, specialmente nella parte evidenziata in grassetto, dobbiamo introdurre una considerazione: se lo scopo dei manager fosse la distribuzione di dividendi, c’è qualcosa che non ci torna. Noi non abbiamo mai visto un trasferimento di utili così esile, come quello degli ultimi tempi. Se il loro scopo fosse veramente la distribuzione di dividendi, sarebbero degli incapaci e dovrebbero essere sostituiti; se, invece, fosse diverso, lo stanno centrando nel breve termine. Però, stanno condannando il paese a restare senza un sistema bancario, perché, come dimostra Credit Agricole, le nostre banche diventeranno facili prede per gli istituti di credito esteri che sono in grado di fare profitti, conservando la fiducia dei risparmiatori.
Sui punti 2 e 3 ritorniamo in sintonia e forse non sarà difficile capire che gli azionisti possono essere i migliori alleati dei dipendenti se si guardano i fatti con obbiettività. Purché i dipendenti delle banche tornino ad essere persone che assistono e non che depredano i risparmiatori, per esempio vendendo i diamanti da investimento a prezzi multipli del loro valore di mercato.
La strategia appare chiara, l’abbiamo sperimentata sulla nostra pelle: favorire le aggregazioni bancarie, a danno dei piccoli azionisti. Con Carige ha funzionato meglio che con tutti gli altri casi bancari. Citiamo un solo dettaglio: dichiarare che una banca con 1,8 miliardi di Dta, un ingente patrimonio artistico ed immobiliare, in possesso di asset come Banca Ponti e il 60% di Banca del Monte di Lucca, valga 55 milioni, al fine di deliberare un aumento di capitale con esclusione quasi totale del diritto d’opzione, ci sembra una chiara dimostrazione degli obiettivi. I risparmiatori lo hanno capito, soprattutto dopo avere visto che, a valle di segnalazioni, nessuno abbia preso in considerazione che, per incrementare del 9,98 % la quota di possesso della banca toscana, si erano spesi 13,5 milioni, poche settimane dopo avere messo a bilancio che il 60 % già posseduto, valesse 5 milioni, poi nel primo bilancio si è valorizzato il 69,98 %, 14,5 milioni.
I risparmiatori hanno le idee talmente chiare, che il 70 – 75 % degli investimenti è collocato in attività estere, e nei conti correnti giace una liquidità di 1.600 miliardi. Ecco perché le banche non traggono più profitti dall’attività caratteristica. I risparmiatori non si fidano più di loro, il personale non è più in grado di fare una consulenza finanziaria all’altezza di un paese come il nostro e i bancari continuano a diminuire, perché si sono ridotti a consigliare l’acquisto di azioni o obbligazioni proprie a risparmiatori che, dopo pochi mesi, scoprono che i risparmi si sono volatilizzati, come quando sono stati indotti ad acquistare i Bond argentini.