Tutti sono convinti che nella finanza esistano regole uguali per tutti, che garantiscono i diritti dei risparmiatori ovunque abbiano investito il loro denaro e che una libera concorrenza tuteli le imprese in qualsiasi settore o attività operino: produzione, commercio o servizi. Oggi citiamo fatti riportati da alcuni media sulla Banca Monte dei Paschi di Siena (Mps) e li metteremo a confronto con quanto accaduto a Banca Carige. Una premessa è doverosa: non intendiamo aprire un dibattito tra azionisti di due banche, ma mettere a confronto le decisioni prese sui due istituti di credito, per verificare se le decisioni delle funzioni di vigilanza e controllo siano state adottate con lo stesso rigore. Ci sono due punti fermi che accomunano le due banche e molti altri casi, tutti gli azionisti sono stati danneggiati e molti tra coloro che sitavano ricoprendo funzioni di controllo, non hanno svolto il compito per cui erano stati pagati.
Il dramma per gli azionisti di entrambe le banche, è iniziato alla fine del primo decennio del secolo e ne abbiamo parlato in numerosi articoli pubblicati su questo sito. Se a determinare l’inizio della crisi sia stata la malafede o l’incompetenza, poco importa, perché ciò che era accaduto in quel periodo, in precedenza era successo ad altre imprese in varie occasioni e fa parte di una consuetudine cui non possiamo e non vogliamo abituarci. Quando emergono le malefatte o gli errori di amministratori disonesti o incompetenti, l’attivo dell’impresa risulta fortemente falsato da voci di bilancio non veritiere. Sono sempre le anomalie sfuggite a tutte le funzioni che dovrebbero controllare la correttezza dei dati elaborati allo scopo di documentare la possibilità di una serena continuità aziendale, a mostrare un attivo fuorviante, che diventerà noto ai risparmiatori solo quando se ne occuperà la magistratura.
Il 7 marzo 2021, Giuseppe Bivona, fondatore di Bluebell Partners, in nome anche di altre società appartenenti allo stesso gruppo, che gestiscono fondi mediante i quali erano azionisti della banca senese, ha inviato una lettera al Consiglio d’amministrazione di Mps. Chiedeva di inserire nell’ordine del giorno dell’assemblea, prevista per il 6 aprile 2021, una proposta di azione di responsabilità contro gli ex vertici della banca, Alessandro Profumo e Fabrizio Viola che con sentenza di primo grado, emessa il 15 ottobre 2020, il Tribunale di Milano aveva condannato per reati finanziari. La sentenza faceva riferimento a fatti avvenuti mentre erano ai vertici di Mps. Noi non vogliamo entrare nel merito del giudizio che, probabilmente, arriverà sino al terzo grado, ma riteniamo utile attirare l’attenzione sulle motivazioni della sentenza, che sarebbero diventate palesi solo dopo la loro pubblicazione, per cui era stata richiesta una proroga dal 13 gennaio al 13 aprile 2021.
Il 7 aprile, i media hanno iniziato a riportare stralci delle motivazioni che avevano indotto ad emettere un verdetto di condanna. Ne produciamo una sintesi con una terminologia meno formale: l’esito dell’istruttoria non lascia alcun dubbio sulla piena consapevolezza degli imputati sul fatto che la contabilizzazione “a saldi aperti” dei derivati Santorini e Alexandria fosse superiore al loro valore reale e che tale sopravvalutazione avesse lo scopo di favorire la ricapitalizzazione della banca.
I giudici hanno usato parole particolarmente dure per esprimere le motivazioni che, secondo la loro valutazione, avrebbero giustificato la condanna di Profumo e Viola e non si sono astenuti dal rimarcare le responsabilità di chi avrebbe dovuto evitare la contabilizzazione di un derivato come se fosse un titolo di stato, quindi, con rimborso integrale alla scadenza: L’organismo di vigilanza ha assistito inerte agli accadimenti, limitandosi a insignificanti prese d’atto, che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato”. Riteniamo utile aggiungere che, oltre all’organo di vigilanza, esistono il collegio sindacale e i revisori, possibile che chi non riesce ad evitare certe sopravvalutazioni, possa continuare a svolgere lo stesso compito in società quotate e non?
A questo punto giova porsi la prima domanda, per un primo confronto con quanto accaduto a Banca Carige: come mai nello stesso periodo il rigore della vigilanza ha imposto reiterate ricapitalizzazioni a Banca Carige, rivedendo più volte i suoi parametri per farle aumentare il capitale minimo a copertura dei rischi?
Il 6 maggio l’agenzia Reuters, dopo avere preso visione della perizia disposta dal gip milanese Guido Salvini, ha pubblicato alcune conclusioni dei periti Gian Gaetano Bellavia e Fulvia Ferradini, sulla contabilizzazione dei crediti deteriorati, fatta dalla banca senese nel periodo che decorre dal 2012. Riportiamo la sintesi pubblicata dall’agenzia stampa – Nei bilanci di Mps , sino al 2017 ci furono “omesse svalutazioni di posizioni altamente problematiche” non, come era stato detto dalla banca, per “congiunture macroeconomiche negative” e per modifiche ai principi contabili che sono invece sempre rimasti “inalterati”, ma per “direttive totalmente inefficienti… con conseguente violazione della normativa” –
Che la crisi economica avesse provocato un accumulo di crediti deteriorati era noto e noi eravamo convinti che sul problema si fossero accesi i fari di tutti coloro che dovevano esercitare controlli, al fine di validare i bilanci. Scoprire che ad accorgersi di una palese sottovalutazione degli accantonamenti siano stati i periti incaricati da un magistrato e non i sindaci, i revisori o la vigilanza, non ha certo contribuito a farci recuperare la fiducia sul sistema finanziario che si era logorata nel tempo. Soprattutto se si osservano i numeri elaborati dai periti. – “in estrema sintesi… è risultato che le rettifiche nette sui crediti non contabilizzate per competenza” nei bilanci dal 2012 al 2015 “per complessivi 11,42 miliardi di euro, pari a 7,76 miliardi di euro al netto dell’effetto fiscale, sono di importo pressoché analogo agli intervenuti aumenti di capitale fra il 2014 e il 2015, ammontanti a 8 miliardi di euro”.
Qui evidenziamo il secondo dubbio, su cui saremmo lieti di ricevere chiarimenti: se i controllori sono soggetti a norme rigide che bloccano la discrezionalità di valutazione, come è possibile che Banca Carige, in quello stesso periodo, abbia subito reiterate imposizioni di svalutazione e cessione crediti deteriorati, mentre in Mps i controlli non hanno rilevato la mancanza di accantonamenti adeguati?
Il 7 maggio, Milano Finanza aveva pubblicato l’articolo dal titolo: Mps, richieste di chiarezza sui conti”. In parte riportava le notizie diffuse dall’agenzia Reuters poche ore prima, però le integrava con dettagli significativi che riteniamo possano risultare determinanti per la comprensione delle criticità che vorremmo evidenziare con questo articolo. Li rendiamo noti perché riteniamo possano aggiungere sfumature di primaria importanza. Sin dal 2016 Banca Mps era stata inserita nella Grey list Consob, questa decisione è di norma assunta dal regolatore, nei confronti delle società quotate, nei casi in cui i revisori approvano il bilancio, ma espongono rilievi sui rischi di continuità aziendale. Nell’articolo di Elena Dal Maso, si rendeva noto che Consob aveva spostato la banca nella Black list e, quindi, da quel momento in poi, gli amministratori avrebbero dovuto comunicare tutti i mesi al regolatore e al mercato, le variazioni cui sarebbe andato soggetto il capitale e le informazioni sull’avanzamento del piano industriale e sullo stato dell’arte relativamente ad eventuali accordi di aggregazione con altri istituti di credi6to.
Quanto sopra era stato deliberato, nonostante la banca con sede a Rocca Salimbeni, avesse comunicato, a sorpresa, di avere chiuso il primo trimestre 2021 con un utile di 119 milioni. Gli analisti, che avevano fatto previsione di risultato in perdita, ovviamente, erano rimasti sorpresi Nell’articolo si riportava una dichiarazione di Giuseppe Bivona, già citato nei primi capoversi di queste nostre considerazioni. Ne riportiamo alcuni passaggi – “esattamente come nel procedimento che nell’ottobre 2020 ha portato alla condanna a sei anni di reclusione degli ex amministratori … hanno confermato la piena correttezza di tutti i nostri rilievi sull’occultamento di ingenti perdite su crediti (ben 11 miliardi nel solo periodo 2012-2015) tenute nascoste ai soci ed al mercato prima di ogni aumento di capitale”. Poi, per rafforzare ed ampliare la descrizione delle responsabilità definite nella lettera mandata al CdA e al collegio sindacale, Bivona ha aggiunto – “la violazione dei principi contabili non ha riguardato solo il periodo 2012-2015 (Profumo/Viola) ma anche la successiva gestione 2016-2017 sotto la guida del nuovo ad Marco Morelli”. Dalla perizia è infatti risultato che al 31 dicembre 2016, Mps aveva un patrimonio netto di soli 3,5 miliardi rispetto al valore riportato a bilancio di 6,4 miliardi: questo vuol dire che contrariamente a quanto rappresentato dalla Bce, allora guidata dal presidente Mario Draghi, con lettera del 28 giugno 2017, Mps all’epoca non rispettava affatto i requisiti minimi di capitale quale condizione necessaria per ottenere dalla Commissione Europea il via libera alla ricapitalizzazione precauzionale (8,3 miliardi di cui 5,4 miliardi versati dallo Stato) nell’estate 2017“.
Qui non possiamo evitare di porre la terza domanda: Banca Carige era stata commissariata e i suoi azionisti quasi completamente espropriati, solo perché l’azionista di maggioranza relativa aveva chiesto un piano industriale prima di approvare la quarta ricapitalizzazione; come si possono giustificare le differenze tra il rigore nei controlli fatti in Banca Carige e gli occhi bendati con cui sembra siano stati effettuati quelli svolti in Mps?
L’8 giugno Reuters, aveva diffuso ancora nuove notizie su quella che era stata la terza banca italiana, il titolo con cui era stato effettuato il lancio d’agenzia era: Inchiesta Npl Monte Paschi, giudice rinvia atti a pm e dà 45 giorni per conclusioni”. Il provvedimento faceva riferimento alla parte delle indagini ancora aperta, che vedeva coinvolti come indagati l’ex presidente Alessandro Profumo, l’ex AD Fabrizio Viola e l’ex presidente del collegio sindacale Paolo Salvadori. Tutti e tre erano sottoposti ad indagine per la presunta sopravvalutazione dei crediti iscritti a bilancio, nel periodo in cui erano in carica e il presunto reato contestato era falso in bilancio. Il giudice aveva sottoposto ad approfondimenti del Pm la memoria ricevuta da un legale di parte civile in cui si chiedeva di ampliare l’accusa anche al falso in prospetto informativo e alla manipolazione del mercato. Gli imputati non avevano mai ammesso responsabilità e avevano respinto tutte le accuse.
La quarta domanda che ci poniamo e fin troppo ovvia: nonostante sia comprovato che la vendita degli Npl generi perdite alla banca che li cede e utili a chi li acquista, chi si è avvicendato ai vertici di Banca Carige si è ostinatamente vantato di averli portati ai livelli più basi del panorama nazionale, andando ben oltre ai limiti imposti dalla vigilanza; come si può pensare che ai due istituti di credito i controllori abbiano riservato lo stesso trattamento, se si osservano i fatti alla luce di quanto emerge dalle inchieste della magistratura milanese?
Il 30 giugno 2021 MF – DJ ha reso noto un aggiornamento inviato dalla banca toscana come risposta, alla vigilanza Bce. Lo scopo era di ufficializzare i nuovi termini con cui s’intendeva pianificare l’attuazione dell’eventuale aumento di capitale, inizialmente ipotizzato da 2,5 miliardi e non modificato, nonostante il miglioramento emerso dai risultati trimestrali. Sarebbe stato necessario deliberare l’emissione di nuove azioni nel caso in cui non si fosse individuato un istituto di credito disposto ad un’aggregazione. Il titolo dell’articolo era, “UPDATE: B. Mps risponde a Bce e chiarisce, ipotesi aumento a marzo/aprile”. La prima pianificazione di quell’aumento di capitale era stata prevista entro ottobre 2021, poi era stata spostata al 31 dicembre e, con l’aggiornamento, si ripianificava la data a fine aprile 2022. In sintesi, la banca aveva scritto alla Bce specificando che, sulla base della proiezione dati emersi dal conto economico del primo trimestre 2021, era prevedibile che a marzo 2022, emergesse un deficit patrimoniale di circa un miliardo, rispetto al fabbisogno complessivo di capitale. La Bce aveva richiesto che l’aumento di capitale si effettuasse prima che emergesse il deficit ipotizzato.
Rocca Salimbeni stava lavorando ad un’aggregazione, la cui necessità era stata resa nota al mercato nel mese di febbraio e su richiesta di Consob ha comunicato che: “Non ci sono aggiornamenti da segnalare in merito alla soluzione strutturale o all’operazione di rafforzamento patrimoniale”.
La quinta domanda necessita di una premessa, perché vogliamo evitare qualsiasi fraintendimento che possa deformare il significato di ciò che stiamo cercando di evidenziare: vorremmo fosse inequivocabilmente evidente, che non intendiamo assolutamente mettere in dubbio la correttezza dell’operato della vigilanza nel presidio delle criticità emerse in Banca Mps.
Se, come noi riteniamo, la vigilanza ha agito correttamente negli interventi fatti in Mps, come è possibile ritenere che il commissariamento inflitto a Carige, sia stato proporzionato ai problemi emersi? Se la risposta fosse si: come mai lo stesso provvedimento non è stato adottato nei confronti di una banca che ha trascorso quattro anni nella Grey list e al quinto è stata trasferita nella Black list Consob, avendo evitato svalutazione degli accantonamenti, che, invece, erano stati imposti alla banca genovese?
Quanto abbiamo esposto, c’impone di formulare una sesta domanda, che ora è possibile porre, dando evidenza alle conseguenze di una decisione improvvisata, che ha lasciato una banca senza un futuro definito per anni, la cui lunghezza potremo precisare solo quando si concretizzerà una soluzione che, a oltre 30 mesi dal commissariamento, resta ancora non identificabile. Lo facciamo perché riteniamo sia indispensabile che le esperienze negative del passato, assumano un’evidenza pubblica che impedisca agli errori commessi, di essere ripetuti in futuro.
La domanda è: come si potrebbe sostenere che il commissariamento è stata una decisione utile per la banca, proporzionata alle criticità e risolutiva dei problemi di Carige, i cui azionisti avevano chiesto un piano industriale credibile e sostenibile, dichiarandosi pronti a coprire il deficit patrimoniale della banca, che avrebbe potuto concludersi in circa quattro mesi, mentre la soluzione imposta non ha ancora prodotto alcuna soluzione? Prima di rispondere al quesito, potrebbe essere utile considerare che:
- ci sono voluti sette mesi per trovare una soluzione possibile, ma non certa, che avrebbe potuto giungere a conclusione dopo tre anni dal commissariamento;
- i bilanci del soggetto che aveva sottoscritto l’accordo quadro, non erano mai stati controllati dalle funzioni di vigilanza e controllo;
- il possessore dell’opzione d’acquisto, non aveva ancora ricevuto alcuna autorizzazione da Bce per poterla esercitare;
- il soggetto disposto ad acquisire il controllo di Carige, mediante l’acquisto dell’80 % del capitale, con uno sconto del 47 %, rispetto al costo sostenuto dagli altri azionisti, aveva la facoltà, ma non l’obbligo, di esercitare l’opzione;
- il soggetto che aveva sottoscritto quel vantaggioso accordo, era stato presentato ai negoziatori coinvolti nella ricerca di una soluzione, da un azionista di minoranza, che, in precedenza aveva stretto un patto di sindacato (accordo parasociale per espressione di voto in assemblea) con alcuni altri azionisti, senza chiedere l’autorizzazione, imposta dalle norme quando in un accordo confluisce più del 10 % del capitale sociale;
- il socio che aveva interagito per presentare un candidato alla soluzione della crisi della banca ligure, dopo qualche mese sarebbe stato indagato e poi coinvolto in un processo di primo grado, perché implicato nello scandalo immobiliare a danno del Vaticano, l’accusa gli ha mosso contestazioni di peculato, truffa, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio, indiscrezioni di stampa collegano quei fatti al tentativo di scalata della banca in difficoltà;
- Nonostante l’ingente sconto, il soggetto che si era dichiarato interessato all’acquisizione del controllo della banca genovese, ha reso pubblica la decadenza del suo interesse ad esercitare l’opzione di acquisto, con 9 mesi d’anticipo rispetto all’ultima finestra che avrebbe avuto a disposizione.