Mentre ci avviciniamo all’assemblea straordinaria di banca Carige, continuiamo a denunciare fatti che potrebbero invalidarla. Nessuno ci ascolta e la macchina di persuasione messa in campo, continua ad avanzare, utilizzando strumenti non convenzionali, per perseguire uno scopo che a moti appare chiaro e che tanti, compreso chi dovrebbe fermarla, fanno finta di non vedere. A nostra memoria, è la prima volta che una banca quotata raccoglie deleghe di voto tra clienti e azionisti, per influenzare l’esito di una propria assemblea e invia lettera che, pur nella correttezza del presente, trascura di fare riferimento ai rischi nascosto nel futuro prossimo.
A spiegarlo ci proviamo noi, Siamo nati per questo. Siamo grati a chi ci segue e ci da la forza per proseguire in una lotta impari, faticosa, ma che solo aggirando con pazienza gli ostacoli che molti ci frappongono, possiamo avere la speranza di vincere. Quando gli impegni rispettosamente dovuti all’avvicinamento dell’assemblea ci lasceranno il tempo di respirare, potremo raccontarne e documentarne parecchie.
La trappola
Prima dell’approvazione della ricapitalizzazione, gli azionisti potrebbero facilmente illudersi che se tutti aderiranno alla ricapitalizzazione, il capitale flottante resterebbe superiore al 20%, se si considera anche la conversione dei warrant. Ovvio che il delisting sia ritenuto molto improbabile. Come conseguenza ne dedurrebbero che approvare la ricapitalizzazione potrebbe essere il minore dei mali. I più esperti conoscitori del mercato, starebbero alla finestra, con la consueta pazienza di chi aspetta sulla riva del fiume che passi il cadavere, pronti ad approfittare della fragilità dei meno scaltri, per esempio preparandosi a vendere, a piene mani e magari allo scoperto, i titoli di Banca Carige. Perché? Lo scopriamo subito.
Nel caso in cui la ricapitalizzazione fosse approvata, lo scenario cambierebbe radicalmente. Insorgerebbe l’obbligo del prospetto informativo, in cui si dovrebbe precisare che l’opzione call, sottoscritta per permettere a CCB di acquistare a sconto del 47 %, potrebbe mantenere il titolo intorno al 53% del prezzo di adesione alla ricapitalizzazione, almeno sino al totale esercizio del diritto d’acquisto. Solo allora il titolo potrebbe allinearsi al valore di adesione alla ricapitalizzazione. Potrebbe anche apparire una situazione gestibile, a chi s’illudesse che dopo potrebbe accumulare profitti perché la banca sarebbe fuori dal tunnel. Ma perché un azionista dovrebbe partecipare a una ricapitalizzazione in cui spende 100 se dopo l’adesione avrebbe la possibilità di comprare intorno a 53?
Il risultato sarebbe che solo pochissimi ingenui vi aderirebbero e gli altri attenderebbero il momento opportuno per entrare a prezzo più basso, oppure si dimenticherebbero per sempre di Banca Carige. L’inoptato sarebbe convertito da FITD e ceduto a CCB. Con questo scenario, il delistig sarebbe automatico e chi avesse aderito alla ricapitalizzazione, perderebbe all’incirca il 47% del capitale versato nel nuovo salvataggio che, tutti i promotori del sì, assicurano porterebbe la banca fuori dal tunnel. Naturalmente i commissari e chi si era dichiarato favorevole all’approvazione del piano, utilizzerebbero la non adesione all’aumento di capitale, come prova che i vecchi azionisti non avrebbero mai esercitato il diritto d’opzione integrale. Anche il valore delle vecchie azioni, sul quale tutti gli azionisti hanno versato fiumi di parole per documentare la sua inadeguatezza, sarebbe obbligatoriamente conferito ai nuovi arrivati in cambio di circa un terzo di quanto valorizzato nel vostro conto titoli. La beffa più clamorosa, sarebbe che questa volta tutti i problemi della banca sparirebbero e dopo anni di travaglio, qualcuno si godrebbe la vita con i sodi di chi aveva creduto in una banca che aveva sorretto l’economia ligure per più di cinque secoli.
Fra le tante anomalie, anche l’incentivo alla partecipazione in assemblea sta condizionando l’espressione delle intenzioni di voto. Lo dimostra il fatto che quando abbiamo inviato, ad alcuni azionisti che avevano chiesto la nostra disponibilità a rappresentarli, la descrizione delle nostre intenzioni di voto, specificando di conferire deleghe a terzi se non l’avessero condivise, hanno preferito disallinearsi dalla volontà inizialmente manifestata, perché abbiamo spiegato loro che avremmo potuto non entrare in assemblea e loro avrebbero perso il diritto a ricevere le azioni gratuite.