Il 9 ottobre 2025 su Milano Finanza è apparso come un fulmine a ciel sereno il titolo – Cambiano le tasse finanziarie– preceduto dall’occhiello che diceva – Una rivoluzione copernicana nascosta nella legge delega sulla riforma fiscale. – e seguito dal sottotitolo – Si vuole consentire anche ai piccoli investitori di compensare la fiscalità sui dividendi con le minusvalenze -.
Con l’approvazione della proposta, gli investitori retail potrebbero compensare le minusvalenze anche con le rendite finanziarie. Ad esempio: non si pagherebbero imposte sui dividendi finché nel portafoglio titoli fossero contabilizzate minusvalenze. In assenza di modifiche alle norme vigenti, agli investitori retail è consentita solo la compensazione con le plusvalenze da cessione di titoli (capital gain).
Siamo sempre stati convinti che la tassazione attualmente in vigore fosse profondamente ingiusta, perché consentiva la compensazione della fiscalità sui dividendi solo a chi si era rivolto a un intermediario e aveva sottoscritto un rapporto di gestione patrimoniale individuale con opzione per il regime fiscale del risparmio gestito. La motivazione della nostra opinione era evidente: quale principio di equità fiscale poteva giustificare che la compensazione di un’imposta sul reddito da capitale con minusvalenze fosse consentita a un investitore che si rivolgeva a un intermediario e non a uno che gestiva il proprio patrimonio autonomamente? I diritti non dovrebbero essere uguali per tutti i cittadini?
Se il giudizio sulla proposta di modifica fosse espresso fine a sé stesso, e senza una valutazione congiunta di tutti i cambiamenti che si stanno introducendo, dovrebbe essere molto positivo. Teniamolo momentaneamente sospeso ed esprimiamolo dopo aver considerato gli effetti che l’insieme delle modifiche, già introdotte o in itinere, potrebbe avere sui piccoli investitori.
Il 10 ottobre 2025 Milano Finanza descriveva un’altra proposta di modifica con il titolo – Assonext: lo stop alla pubblicità finanziaria punisce la stampa – nell’introduzione si sintetizzava – Nel primo decreto attuativo della delega al governo per la riforma organica dei capitali, ossia per riscrivere la legge Draghi (il Tuf) che risale al 1998, compare la contestata norma dello stop all’obbligo di pubblicità finanziaria sui quotidiani. Una modifica che «ritengo veramente sia punitiva nei confronti dei giornali». Lo ha dichiarato a MF-Milano Finanza, Giovanni Natali, presidente di AssoNext, l’associazione che rappresenta le piccole e medie imprese quotate in Italia e i loro interessi-.
Il governo motiva la proposta di modifica con i risparmi a favore delle società quotate e con il rispetto della trasparenza garantito dalla reperibilità online delle informazioni. L’intervento ci stupisce, perché il presidente di Assonext suggerisce di applicare altre riduzioni di costi, intervenendo a sostegno della stampa, ma nessuno si occupa di una soluzione efficace per gli investitori.
Se la politica ascoltasse le istanze degli investitori retail, potrebbe valutare soluzioni che soddisfino le esigenze di tutti, a costo zero per tutti, consentendo a ciascuno di ricoprire con efficacia il proprio ruolo, il cui scopo primario dovrebbe essere: mettere a disposizione delle imprese i capitali che consentano al Paese di competere a livello globale.
Per ottenere questo risultato, sarebbe sufficiente inserire nel TUF una norma che impegnasse la Consob a imporre agli intermediari anche la diffusione di un’informazione automatica via email a tutti i possessori di titoli di una società con obbligo di informare il mercato.
Gli intermediari avrebbero assolto il compito in modo permanente e a costo zero, dopo la predisposizione del proprio sistema informatico. Tutti gli investitori interessati sarebbero informati, e i quotidiani incrementerebbero le vendite descrivendo le implicazioni che l’informazione ricevuta dagli investitori avrebbe sul capitale investito. Con il meccanismo che si vuole implementare, l’investitore è costretto a fare una ricerca e, ora, deve acquistare un quotidiano specifico. In entrambi i casi dovrebbe avere un input per attivarsi. Le nostre osservazioni sollevano un quesito: siamo certi che a motivare la proposta siano davvero la riduzione dei costi e la trasparenza?
Il 9 ottobre 2025 Milano Finanza pubblicava – Dal Cdm ok al primo decreto attuativo della riforma del mercato dei capitali. Tra le novità soglia d’opa alzata al 30%. – Questa modifica, unitamente all’introduzione della possibilità di portare da 2 a 10 i voti per ogni azione posseduta per un periodo prefissato, consentirà ad un azionista di controllo di mantenerlo anche riducendo progressivamente le azioni possedute. Quell’azionista potrà fare quello che vuole nella società, e poi lanciare l’OPA quando il suo valore sarà sceso a suo piacimento, magari dopo l’emissione di un prestito obbligazionario non standard (POC) o l’approvazione di una fusione con società non quotata, o altro a sua discrezione.
Nello stesso articolo si legge che per limitare i disturbi nelle assemblee: – potranno intervenire solo i soci con almeno lo 0,1% del capitale – Poi si aggiunge: – verrà stabilizzato il rappresentante unico dei soci nelle assemblee in remoto, eredità del Covid e ormai prassi, ma non ci sarà l’assemblea «ibrida» – in presenza e non – che non piace ai fondi esteri–. In parole semplici: la presenza in assemblea potrà essere negata agli azionisti, ma se non lo fosse, avranno la possibilità di esprimere un’opinione solo i possessori di una quota uguale o maggiore allo 0,1 % del capitale.
Un articolo pubblicato su Milano finanza l’ì11 ottobre 2025 con titolo – Chi ci guadagna ora – Iniziava così – Nuovo TUF. La riforma avvantaggia gli azionisti forti, favorisce le scalate e ridimensiona il concerto. Un assist che possono sfruttare Mps, Tim, Crédit Agricole e Unipol. Ma il rischio è scoraggiare gli investitori esteri-.
Il giorno precedente, 10 ottobre, sempre su Milano Finanza, erano riportate le dichiarazioni di uno dei propugnatori più determinati nel sostegno della revisione del TUF: occhiello – Uno degli autori del nuovo TUF spiega le finalità della riforma della finanza – Titolo – Freni, così attireremo capitali – l’articolo apre con il capoverso che segue – Il sottosegretario al Mef evidenzia la necessità di ampliare la platea degli investitori. Per non chiedere soldi solo alle casse di previdenza servono altri punti di riferimento -.
Il 14 ottobre nell’articolo pubblicato su Milano Finanza con titolo – Freni: il nuovo Tuf tutela tutti – il sottosegretario dichiarava – Il mercato non è una “piazza oscura dove si contrattano destini altrui. Al contrario è l’agorà di uno sviluppo che può e deve dotarsi di strumenti nuovi” – poi aggiunge – “puntiamo a dare al mercato una regolamentazione snella ed efficace, che non sia inutilmente onerosa per le imprese, e così a valorizzare il ruolo del mercato, come merita; e a canalizzare il risparmio verso l’economia reale. Solo così possiamo dare una spinta alla crescita del Paese” -.
Riassumiamo i dettagli rilevati dal 9 al 14 ottobre 2025 i) si propone di consentire agli investitori retail di compensare le minusvalenze anche con le rendite finanziarie; ii) Si elimina l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani delle informazioni finanziarie; iii) un’associazione di emittenti interviene in difesa della stampa; iv) si alza dal 25 al 30 % la quota di possesso titoli che obbliga a lanciare un’OPA totalitaria; v) si propone di vietare agli azionisti con meno dello 0,1 % del capitale di fare interventi nelle assemblee in cui la loro presenza è consentita; vi) si rende permanente ila facoltà di fare assemblee senza presenza di azionisti, i quali potranno votare mediante il rappresentante unico; vii) non saranno consentite assemblee ibride (in presenza e non) perché sgradite agli investitori esteri; viii) si illustra come la riforma rafforza gli azionisti forti, e, di conseguenza scoraggia gli investitori esteri; ix) si evidenzia la necessità di ampliare la platea degli investitori per non contare solo sulle casse di previdenza; x) nonostante quanto sintetizzato, il proponente afferma che: – il nuovo Tuf tutela tutti – e che le proposte di modifica del TUF servono: – a canalizzare il risparmio verso l’economia reale -.
Dal 2011 in poi abbiamo assistito a una sistematica riduzione dei diritti che tutelavano il risparmio investito nel mercato azionario del nostro Paese. A parte la prima, tutte le citazioni fatte sin qui risultano a favore di emittenti e intermediari. Ci viene quindi spontaneo ipotizzare che, se è stata fatta una concessione agli azionisti retail, lo scopo possa essere ben diverso da quello che appare a prima vista, cioè: fare affluire capitali sul mercato finanziario, dove, con tutte le agevolazioni introdotte, gli emittenti più scaltri potranno appropriarsene.
Infatti, come facilmente calcolabile, con il voto plurimo che consente di moltiplicare per dieci i diritti di voto sulle azioni mantenute per un periodo definito, il numero di voti necessari all’approvazione delle delibere in assemblea straordinaria potrebbe restare in possesso dell’azionista di controllo, anche riducendo progressivamente la quota di partecipazione fino al 17%. Così facendo, egli avrebbe la facoltà di approvare operazioni finanziarie a proprio vantaggio e a danno del restante 83% dell’azionariato.
Chi pensa di introdurre riforme nella finanza dovrebbe considerare che i flussi di capitale forniti all’economia reale dai fondi, dal sistema bancario e dalle casse di previdenza sono risparmi con cui i cittadini cercano di garantirsi un futuro sereno. Ebbene, gli investitori istituzionali, gli intermediari e gli emittenti sono oggetto di attenzione politica, mentre gli investitori retail vengono considerati solo indirettamente, quando si afferma che il risparmio dovrebbe confluire a sostegno dell’economia reale. Nel frattempo, da quindici anni, si riducono le loro tutele (1).
Chi pensa di introdurre riforme nella finanza dovrebbe considerare che i flussi di capitale forniti all’economia reale dai fondi, dal sistema bancario e dalle casse di previdenza sono risparmi con cui i cittadini cercano di garantirsi un futuro sereno. Ebbene, gli investitori istituzionali, gli intermediari e gli emittenti sono oggetto di attenzione politica, mentre gli investitori retail vengono considerati solo indirettamente, quando si afferma che il risparmio dovrebbe confluire a sostegno dell’economia reale. Nel frattempo, da quindici anni, si riducono le loro tutele (1).
La giornalista Elena Dal Maso ha citato ciò che servirebbe al nostro mercato e alla nostra economia, nel primo articolo segnalato: una rivoluzione copernicana. Lo ha fatto in un ambito diverso da quello che proponiamo ai legislatori, i quali, a nostro avviso, commettendo un errore nel valutare il sistema: stanno trattando gli investitori come se fossero loro ad avere bisogno degli emittenti. Così come fece Copernico con il sistema solare, quando affermò che era la terra a girare intorno al sole e non viceversa, dovrebbero considerare che al centro del sistema finanziario c’è il capitale, e che gli emittenti vanno a cercarlo dove gli investitori sono disposti a offrire più denaro per i loro titoli.
La maggior valorizzazione delle società quotate, avviene nei sistemi finanziari dove il capitale cerca rifugio perché si sente più protetto e gli investitori competono tra loro per assicurarsi le imprese con maggior potenziale di sviluppo, incrementandone il valore.
- Penalizzazioni degli investitori. – 2011 introduzione imposta di bollo su rendicontazione titoli; 2012 ripristino divieto sul patto di quota lite; 2013 introduzione Tobin Tax; 2014 abolizione diritto di proporzionalità con introduzione volto plurimo nelle società non quotate, con modifiche successive la facoltà sarà estesa alle società quotate; 2020 introduzione divieto assemblee in presenza per Covid; 2024 proposta la limitazione rischio di risarcimento del Consiglio sindacale; 2024 incremento sino a 10 volte dei diritti di voto plurimo; 2024 revisione modalità di esecuzione voto di lista del CdA; 2024 proroga delle assemblee a porte chiuse e concessione agli emittenti della facoltà di rendere permanenti; 2024 fondo con soldi pubblici e privati per sostenere le PMI, accusando i risparmiatori di non sostenere le imprese nazionali; 2025 Il Senato approva un disegno di legge sulla riduzione delle sanzioni alle società quotate, in caso di insider trading;




