Scritto da un gruppo autonomo di azionisti.
Siamo un gruppo autonomo di piccoli azionisti Carige che, nonostante il giubilo della stampa, vede peggiorare la situazione a fronte di un piano non equamente distribuito.
Ignorando i consigli e i suggerimenti inviati, i sacrifici fin qui profusi dai vecchi azionisti e facendosi beffe delle nostre intelligenze con un’offerta irrisoria di warrant e azioni gratuite (secondo metriche discriminatorie) si è presentata scelta assembleare che “punisce” i vecchi azionisti e “premia” nuovi soci.
A fronte di una situazione pregressa difficile ma di un patrimonio netto al 31 dicembre 2018 di 1.8 mld di euro si è valorizzata la società Carige 55 milioni di euro e consentito ai soli nuovi soci di partecipare all’aumento di capitale con possibilità di acquistare a sconto ed i maniera dilazionata (dal 1 luglio 2020 al 31 dicembre 2021) nuove azioni.
Il nuovo investitore di controllo deterrà, in base all’esercizio totale e/o parziale di vecchi azionisti, quota tra il 79.00% e 85.00% dell’istituto rendendo altamente probabile delisting dal mercato regolamentato borsistico con ulteriore danno per i precedenti soci (restare quotati è unica possibilità per poter sperare -strano per un investimento- di recuperare nel lungo periodo).
Senza tutele e chiarimenti si cederanno crediti deteriorati che, in base ad accordi siglati e ultime notizie stampa, erano tornati in bonis creando (fino a motivazione ufficiale) un apparente danno finanziario.
Per questa ragione, chiedendo rinvio assemblea e miglioramento valorizzazione dell’istituto, manifestiamo, allo stato attuale, dissenso al piano non partecipando alla votazione del 20 settembre 2019.
Nostre considerazioni
Nel piano indefinito che abbiamo sentito snocciolare, mentre la maggior parte degli azionisti era sotto l’ombrellone, il diritto d’opzione non è mai stato citato. Perché mai si dovrebbe rifiutare di riconoscere un diritto ad azionisti che non vogliono essere diluiti e desiderano partecipare alla ricapitalizzazione, quando si sono passati otto mesi a cercare chi volesse versare denaro in Banca CARIGE? C’è qualcosa che non ci quadra e, quando non riusciamo a capire, ascoltiamo i nostri dubbi. Le stesse persone che ora sono commissari, erano ai vertici della Banca e ci chiedevano di approvare una ricapitalizzazione da 400 milioni che sarebbe stata risolutiva, gli azionisti hanno chiesto di conoscere un piano industriale, prima di dare la propria approvazione. Ora che il piano industriale è stato approntato e prevede l’esclusione di chi ha versato più di due miliardi in tre ricapitalizzazioni, si chiede la loro approvazione per regalare più di tre miliardi tra patrimonio netto e intangibile a chi entrerà. Complimenti, ci sono voluti otto mesi per architettare un piano così arguto?
Se non bastasse, nel piano sono previsti 10 milioni e warrant, come regalie per qualcuno degli azionisti. Anche se chi li riceverà, non è ancora chiaro e poco c’importa saperlo, chiedono la nostra approvazione, così loro potranno fare come Ponzio Pilato e dire che la colpa è di chi ha approvato quel piano. Facciamo notare che nessuna persona di sani principi potrebbe approvare un piano che prevede trattamenti diversi tra gli azionisti di una società. Gli azionisti, per noi, sono tutti uguali e tutti hanno gli stessi diritti, come potremmo approvare una simile ingiustizia. Per chi ci hanno preso? Sono cinque anni che ci raccontano frottole per farci versare denaro e noi lo abbiamo fatto per vedere il ritorno al profitto della nostra banca. Ora vogliono l’approvazione per espropriarla?
Noi non crediamo che chi ha proposto quel piano lo abbia fatto pensando di ottenere l’approvazione, non possono essere così ingenui. Allora perché potrebbero averlo fatto? Noi crediamo che il piano sia stato congeniato per non ottenere l’approvazione e attribuire la responsabilità del fallimento a chi non l’avesse approvato. I piccoli azionisti abbagliati dall’enfasi messa sulle regalie, si arrabbierebbero con i grandi azionisti e non con i veri responsabili dell’esproprio. Ecco perché abbiamo deciso di dare voce al gruppo di azionisti autonomi con cui siamo in piena sintonia. Noi siamo convinti che si possa fare ancora qualcosa per evitare l’esproprio della banca. A dare forza alla nostra convinzione è il carattere dimostrato dai genovesi nei momenti difficili.
“Vedrai una città regale, addossata a una collina alpestre, superba per uomini e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare” Lo scrisse Francesco Petrarca nel 1358. Centoventicinque anni dopo nacque Banca Carige, era il 1483, nove anni prima che fosse scoperta l’America. Nel 2019 sembra che gli artifizi di una finanza globalizzata riescano a distruggere molti simboli che hanno giustificato il soprannome attribuito alla città dal Petrarca, quasi sei secoli prima. Nel1099 Genova utilizzò la croce di San Giorgio come bandiera della città e nessuno è mai riuscito a distruggere quel simbolo. Ecco perché crediamo che la forza dei genovesi possa vincere una battaglia che sembra persa
Chi ha creduto di potersi appropriare di un simbolo importante per la città, la sua Banca, non ha capito il significato del soprannome attribuito dal Petrarca, “Genova è la superba per uomini e per mura” e se gli azionisti della sua banca sapranno restare uniti e difendere fino all’ultimo i propri diritti, i genovesi, di nascita o di adozione, potranno continuare a essere fieri della propria storia. Gli azionisti di Banca Carige hanno partecipato a tre ricapitalizzazioni in pochi anni, nessun’altra banca avrebbe avuto un simile consenso. Ecco perché non si è riconosciuto il diritto d’opzione. Se fosse stato previsto nel piano, l’esproprio non sarebbe stato possibile.
Scritto da un gruppo autonomo di azionisti.
Il nostro piccolo gruppo di azionisti è composto da circa una decina di persone attive che hanno, nel tempo, creduto nel rilancio di Banca Carige. Continuamente ci confrontiamo e sorreggiamo nei tanti momenti di sconforto. Alcuni conoscenti, per timore e/o vergogna, attendono per prendere posizione.
La parte attiva detiene circa lo 0,60% del capitale ed è propensa ad appoggiare un piano alternativo e correre il rischio insito nell’astensione. Siamo un gruppo eterogeneo, di diversa estrazione sociale e territoriale. Viviamo con ansia e incredulità le giornate. Razionalmente non riusciamo a comprendere ragione per cui, espropriandoci di diritti e capitale, nuovamente si faccia, senza alternativa e confronto, un “regalo” a qualcuno.
In buona fede, credendo che si volesse riallineare patrimonialmente l’istituto, presentammo proposta di aumento di capitale in cui, come accaduto, intervenisse SVI e FITD. Si sarebbe data opzione a “premio” (ovvero SVI e FITD avrebbero anticipato adc ma guadagnato da cessione) ai vecchi azionisti di rilevare le azioni in un arco temporale dai 2 ai 4 anni. Le quote non opzionate avrebbero consentito a SVI e FITD di trattare cessione con soggetto di loro preferenza. Sarebbe stata una scelta “libera” per ogni investitore, risolto situazione, consentito ingresso di un soggetto terzo alle condizioni migliori per SVI e FITD, avuto benestare sicuro e incondizionato di assemblea.
Ci siamo ritrovati in questo nuovo incubo che, probabilmente, avrà scenari futuri (per noi) non migliori.
Nostra risposta
Vi ringraziamo per averci fornito le informazioni sul vostro gruppo. Condividiamo tutto il vostro rammarico per ciò che sta succedendo e tutte le argomentazioni con cui cercate di dimostrare la prevaricazione dei diritti che abbiamo dovuto subire. Anche noi siamo contrari all’approvazione del piano, pur nella consapevolezza che, probabilmente, porterà alla liquidazione della banca ma, se non sarà approvato, potremo avere la possibilità di tutelare i nostri diritti per vie legali e, se saremo tutti uniti, potremo far capire alla finanza che mettere le mani su Genova non è facile.