Altro intervento senza risposte. Un’analisi elaborata con distacco che porta a conclusioni incontestabilmente razionali e anche la citazione finale che siamo costretti a riportare, ci obbliga a ipotizzare risposte inquietanti e capaci di allontanare, anche i risparmiatori più preparati, da una finanza che sembra produrre solo risultati insoddisfacenti per chi ha investito i propri risparmi e facili plusvalenze per chi ha deciso di subentrare nel controllo della banca, in seguito a decisioni imposte in situazioni di scarsa trasparenza.
Intervento Flavio T
Buon giorno.
Pongo immediatamente una domanda a voi commissari, che avete gestito la fase finale del tormentato percorso finanziario degli azionisti di Banca Carige: perché a noi, che siamo stati i più disponibili a versare capitale fresco è stato riservato un trattamento così diverso dagli azionisti delle altre banche?
Gli organi d’informazione, molto spesso, hanno accomunato la crisi di CARIGE a quella delle altre banche, evitando di puntualizzare una sostanziale differenza. Se sino all’uscita di Berneschi i percorsi erano assimilabili, dopo sono stati significativamente diversi. Gli azionisti delle altre banche non hanno ricapitalizzato, quelli di banca CARIGE lo hanno fatto per ben tre volte e, alla quarta, si sono comportati da investitori generosi ed oculati, hanno chiesto informazioni per essere certi che fosse l’ultima volta che si chiedeva loro denaro.
Ora abbiamo necessità di porre una domanda che ci aiuterà a gestire i nostri risparmi con maggior avvedutezza in futuro: Se gli azionisti che hanno versato denaro per tre volte, alla quarta richiesta sono stati espropriati con la negazione quasi totale del diritto d’opzione, mentre quelli delle altre banche riceveranno addirittura un risarcimento, dobbiamo forse dedurre che ci sia dietro un disegno e che per realizzarlo si premiano gli azionisti che scappano e si puniscono quelli che vorrebbero sostenere la banca in cui hanno investito?
La risposta è importante perché ci aiuterà a prendere le future decisioni su come gestire l’investimento fatto in questa banca.
Nostro commento.
Ci sembra una reazione più che comprensibile quella di un risparmiatore che si pone domande, nel momento in cui si accorge di avere perso risparmi e ogni possibilità per recuperarli, perché la sua quota di partecipazione si è ridotta a circa un decimo rispetto a quella posseduta prima che il titolo fosse sospeso dalla negoziazione. Naturalmente, se a determinare la colossale minusvalenza fossero stati i fondamentali del titolo, sbaglierebbe a lamentarsi, chi investe in attività finanziarie lo sa che deve diversificare il rischio, perché concentrandolo su un singolo titolo, la minusvalenza potrebbe essere troppo elevata per qualsiasi investitore.
Se però, si accorge che altri investitori che si sono trovati nella sua stessa situazione, non hanno versato altra liquidità nel loro titolo, hanno ottenuto dalle autorità promesse e stanziamenti per il rimborso dei danni subiti, mentre lui si è visto espropriato dopo l’adesione a tre ricapitalizzazioni che sono state la causa principale della sua sovresposizione a quel titolo e poi non gli è stata fornita alcuna tutela dei diritti, nonostante le numerose denunce, i dubbi su cosa stia accadendo sono più che naturali. Soprattutto se ha investito in un mercato regolamentato, di un paese economicamente tra i più evoluti, in cui i controlli incrociati dovrebbero dare la massima garanzia sulla tutela dei diritti, che dovrebbero essere garantiti anche da regole aggiornate costantemente perché devono presidiare mercati globalizzati.
Quando la concatenazione di eventi, tutti sfavorevoli e la mancanza di risposte alle più elementari delle domande, rendono la percezione su cosa sia accaduto priva di spiegazioni razionali, si rischia di sconfinare nella mania di persecuzione e per aggrapparsi alla razionalità si può solo formulare una nota considerazione del Senatore Giulio Andreotti: “ A pensare male si fa peccato, però spesso s’indovina”.
Anche questo articolo, come i quattro che lo hanno preceduto, si prefigge di mostrare la molteplicità delle ragioni per cui gli azionisti di Banca CARIGE dovrebbero unirsi per avviare un’azione di rivalsa collettiva presso la Corte di Giustizia Europea. I danni subiti sono enormi, ma la tutela dei diritti vale molto di più perché impedisce che quanto accaduto a noi possa ripetersi.