Il 3 gennaio 2019, secondo giorno lavorativo dall’attribuzione dell’incarico ai tre Commissari straordinari di Banca CARIGE, Pietro Modiano, Fabio Innocenzi, rispettivamente ex Presidente e Amministratore Delegato di Banca CARIGE, affiancati da Raffaele Lener, hanno ritenuto di proporre appello, insistendo sulle domande di primo grado (seppur riducendo la richiesta risarcitoria all’importo di Euro 450 milioni o al valore ritenuto maggiore o minore dal giudice) nell’azione di responsabilità contro Cesare Castelbarco Albani, Piero Montani e alcuni soggetti del gruppo Apollo. Quanto descritto è rilevabile nella relazione sulla situazione patrimoniale ed economica al 31 dicembre 2018, pag. 158, pubblicata sul sito di Banca CARIGE.
Una decisione così importante, deliberata in così breve tempo, potrebbe fare presupporre una valutazione superficiale, ma considerando che due Commissari su tre, occupavano ruoli ai vertici della responsabilità aziendale sin dal momento della sentenza di primo grado, pubblicata in data 6 dicembre 2018, non dovrebbero sussistere dubbi sulla piena consapevolezza dei fatti con cui fu presa quella decisione.
Noi, però, qualche dubbio lo avevamo.
Nasceva dalla strana inquietudine insinuata dal fatto che negli ultimi anni, i vertici della banca, forse influenzati dall’aperta sponsorizzazione della vigilanza BCE, troppo spesso avevano preso decisioni che avevano generato condizioni profittevoli a favore del fondo Apollo, che, come un falco compiva volteggi sopra la banca, in attesa del momento opportuno per artigliare la preda. Quei dubbi, che rendevano inquieti gli azionisti della banca, li abbiamo pubblicamente esternati con netto anticipo rispetto ai fatti.
A riprova di quest’affermazione, ricordiamo che nel secondo esposto inviato a CONSOB, BCE, Banca d’Italia e, per conoscenza, al Presidente del Consiglio, pubblicato sul sito il 3 ottobre 2019, avevamo scritto:
- Infine è addirittura da taluni affermato che nell’accordo con lo Schema Volontario la partecipazione all’aumento di capitale di questo sarebbe condizionata alla definizione transattiva del contenzioso con Amissima.
- Se fosse vero è evidente che Amissima sarebbe in grado di dettare le condizioni di un tale accordo e ciò in un contenzioso nel quale CARIGE -limitandosi alla causa pendente nanti la Corte di Appello di Genova- richiede ben € 450.000.000,00 (si veda pag. 125 della citata Relazione al Bilancio 2018 di CARIGE; in I grado la richiesta era di € 1.250.000.000).
- Va anche evidenziato che la richiesta delle controparti a CARIGE della somma di € 622.000.000, citata Relazione al Bilancio 2018, è stata allo stato pure respinta (sentenza n. 3118 del Tribunale di Genova pubblicata il 6 dicembre 2018)
Avevamo voluto segnalare la possibilità di un accordo obbligato che avrebbe dato forza alla controparte e indebolito la posizione negoziale di Banca CARIGE.
E’ ovvio che non sia possibile sedersi a un tavolo per un negoziato, pensando di fare valere le proprie ragioni, quando la controparte possa fare leva su un vincolo di sottoscrizione dell’accordo. Avevamo sentito quelle voci pochi giorni dopo l’assemblea che aveva approvato l’aumento di capitale che avrebbe espropriato i vecchi azionisti. Eravamo meravigliati che nell’assemblea del 20 settembre 2019 nessuno avesse illustrato le ragioni strategiche per cui sarebbe stato utile sottoscrivere quell’accordo. C’era solo qualche generico accenno nella relazione illustrativa. Noi abbiamo ritenuto di dovere fare una segnalazione alle autorità di vigilanza affinché potessero bloccare l’aumento di capitale, nel caso le confidenze che avevamo raccolto si fossero rivelate fondate.
I motivi per cui avevamo ritenuto di dovere fare quell’esposto, dopo avere raccolto voci che trovavano una velata conferma nella nota illustrativa sull’approvazione di un aumento di capitale, erano evidenti: trascurando di dare evidenza agli altri contenuti dell’esposto e facendo riferimento esclusivamente all’accordo, volevamo evidenziare un potenziale e gravissimo impedimento all’esercizio dell’autonomia dei commissari, come conseguenza dell’ingerenza di una parte interessata, a danno degli altri azionisti che avevano aderito ad altre tre ricapitalizzazioni, nella speranza che le autorità intervenissero per bloccare la ricapitalizzazione.
Il 21 novembre 2019, ciò che avevamo segnalato trovava conferma.
Su “La Repubblica” si dava evidenza al fatto che i commissari avessero manifestato la possibile soluzione del contenzioso tra Amissima e Banca CARIGE, mediante il versamento di 120 milioni alla controparte.
Se hanno ritenuto di sottoscrivere quell’accordo nell’interesse degli azionisti, per quale ragione avevano deciso di ricorrere in appello meno di 11 mesi prima?
La richiesta risarcitoria di 450 milioni, ritenuta congrua in quel momento, come può essere giustificata se dopo meno di 11 mesi si ritiene di versare 120 milioni alle controparti per chiudere il contenzioso?
Le autorità che dovrebbero tutelare il risparmio, come possono ritenere nella norma certe incongruenze, senza fare nulla per intervenire a tutela di chi ne subisce gli effetti negativi?
Pensavamo di conoscere tutto sugli accordi che ci avevano espropriati, la verità era venuta a galla dopo l’approvazione della proposta aumento di capitale. Non ci era piaciuta la sorpresa, e avevamo sperato che l’azione di rivalsa potesse proseguire contro gli ex amministratori Cesare Castelbarco Albani, Piero Montani e in caso di vittoria con il coinvolgimento in solido delle società con cui si era chiuso il contenzioso con un accordo transattivo oneroso.
Dopo la conclusione dell’aumento di capitale, in occasione della convocazione dell’assemblea per l’elezione dei Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale che sarebbero subentrati ai Commissari, nuova sorpresa!
Il primo punto all’ordine del giorno prevede la rinuncia all’azione di responsabilità nei confronti degli ex amministratori. La motivazione? L’accordo sottoscritto dai commissari con Amissima, prevede che Banca CARIGE restituisca alle società del gruppo Apollo ogni eventuale importo fosse dovuto, per responsabilità in solido dalle società del gruppo.
Attenzione, c’è un nuovo pericolo nascosto.
Anche in questo caso, le carte di Banca Carige sono scoperte, quelle degli ex Amministratori no. Loro hanno il vantaggio di sapere che CARIGE non ha più convenienza a proseguire il contenzioso, quindi, potrebbero dire di volere proseguire l’azione legale e negoziare un nuovo accordo transattivo, oneroso per la banca e vantaggioso per loro. Se avessimo avuto la possibilità di fare un intervento di replica dopo le risposte ai quesiti che abbiamo presentato sull’argomento, avremmo posto la seguente domanda:
- Atteso che non risulta, alla data della presente, raggiunto un accordo con le controparti Castelbarco – Montani, qualora il Consiglio di amministrazione ricevesse l’autorizzazione a rinunciare all’azione di responsabilità, intende esercitare tale mandato come avvenuto con le controparti Apollo – Amissima, e quindi riconoscendo alle controparti importanti contropartite, ovvero evitando in ogni caso l’accollo a carico della banca di oneri e risarcimenti?
Non vi sembra strano che una mossa apparentemente fatta per tutelare gli azionisti si sia trasformata in nuovi costi per la banca e in nuovi vantaggi per Apollo?
Il vero interesse degli azionisti era quello di evitare il ricorso in appello, se si fosse ritenuto che le probabilità di vittoria fossero state marginali, oppure, se si fosse deciso di metterlo in atto di andare sino in fondo.
E’ veramente singolare che nel percorso ad ostacoli delle decisioni si sia riusciti a compiere lo slalom più complesso e contemporaneamente più oneroso, per chi aveva versato tanto denaro nel tentativo di salvare la banca del territorio.