La globalizzazione ha consentito agli emittenti di spostare l’attenzione sui vantaggi offerti dai Paesi che cercano di farli quotare sul proprio mercato, anziché concentrarla sui progetti che generano sviluppo economico. Si è così aperta una competizione tra legislatori per attrarli con leggi sempre più restrittive dei diritti degli investitori. Il più evidente degli esempi è l’introduzione del voto maggiorato, che in Italia ha iniziato il suo percorso evolutivo nel 2014.
Il voto maggiorato, che consentiva di esprimere due voti per ogni azione posseduta oltre un periodo predefinito, è rimasto in vigore fino al 2024 ed è stato oggetto di alcune modifiche, prima di un’ulteriore evoluzione introdotta con la legge Capitali nel 2024. Martedì 9 settembre 2025, il Centro di ricerche finanziarie sulla corporate governance dell’Università Cattolica ha presentato la ricerca predisposta dai docenti Massimo Belcredi, Silvia Rigamonti e Andrea Signori. Il titolo attribuito allo studio, con cui si cerca di dare evidenza scientifica agli effetti reali generati nel periodo di applicazione, è – 10 anni di azioni a voto maggiorato in Italia –. La versione integrale dell’analisi è consultabile al seguente link: Azioni%20a%20voto%20maggiorato%20final%202025%2009%2008.pdf
A pag. 5, nel capoverso che inizia alla tredicesima riga si legge – Al contrario, l’impatto più importante si nota nella struttura finanziaria: dopo l’entrata in vigore del voto maggiorato, le imprese registrano un incremento significativo del livello di indebitamento, compatibile con l’ipotesi di una sostituzione del capitale proprio con il debito come forma di finanziamento degli investimenti. – a conclusione del capoverso successivo si precisa – In altre parole, la scelta del voto maggiorato pare essere stata coerente con esigenze dell’azionista di controllo, più che con quelle della società. –
I tre ricercatori sono anche autori dell’articolo pubblicato sul sito di Milano finanza il 9 settembre, da cui estrarremo alcuni capoversi per presentare le conclusioni a cui sono giunti. Il titolo è – Il voto maggiorato in Italia compie dieci anni: ecco come è stata applicata la legge. La lettura integrale dell’articolo è possibile al seguente link: /news/dieci-anni-dopo-l-introduzione-lo-strumento-del-voto-maggiorato-mostra-limiti-evidenti-piu-potere-ai-202509092151464068 .
Nell’introduzione si sintetizza – Dieci anni dopo l’introduzione del voto maggiorato rafforza i soci di controllo, ma non porta crescita né nuove quotazioni. Questo strumento mostra infatti limiti evidenti: più potere ai soci di controllo, ma pochi benefici per il mercato -. Noi aggiungeremmo: e la sua introduzione ha avviato una progressiva emarginazione degli azionisti retail.
Con il voto maggiorato si è consentito ai soci di maggioranza di mantenere il controllo delle assemblee ordinarie e straordinarie riducendo la quota di possesso, favorendo così la diversificazione del portafoglio di chi controlla una società, senza generare una positiva evoluzione nella gestione dell’impresa. Anzi, il maggior ricorso all’indebitamento, con riduzione del capitale investito, ha elevato la rischiosità dell’impresa e favorito l’allontanamento degli investitori di minoranza, contribuendo a generare una riduzione del valore riconosciuto alle società quotate sul nostro mercato.
Nell’articolo si evidenzia un passaggio con l’intestazione – Gli obiettivi mancati del legislatore – che merita di essere riportato, perché evidenzia come i risultati ottenuti non corrispondano agli scopi per cui era stata introdotta la facoltà del voto maggiorato – Lo studio ha chiare implicazioni di policy. Anzitutto le finalità perseguite dal legislatore (attrazione di nuove imprese verso la borsa, blocco della fuga degli emittenti all’estero, più frequente ricorso al mercato per gli aumenti di capitale, superamento del nanismo delle nostre imprese) non paiono raggiunte: a) il listino è sceso da 240 società nel 2014 a 198 nel 2024; b) le società emigrate all’estero sono salite a 17 nel 2021, di cui 9 in Olanda; c) il ricorso al mercato azionario per aumenti di capitale non si incrementa dopo la maggiorazione del voto; d) idem per le operazioni di crescita interna ed esterna; e) dopo la maggiorazione è anzi il debito ad aumentare. Ovviamente, per i punti a) e b) i risultati avrebbero potuto essere ancora peggiori se non fosse esistito il voto maggiorato. –
Sull’osservazione finale ci permettiamo di esprimere un dubbio: a far fuggire le imprese riteniamo possa essere la loro sottovalutazione, facilmente superabile se sul nostro mercato tornasse la fiducia degli investitori.
Ebbene, a fronte delle evidenze emerse nei dieci anni in cui era consentito il voto maggiorato, il legislatore cosa fa? Approva la legge Capitali – che consente di portare, progressivamente, la maggiorazione fino a 10 voti per azione. È plausibile che il voto super-maggiorato sarà sfruttato in misura minore rispetto al voto maggiorato «semplice», perché le società (rectius, gli azionisti di controllo) interessate(i) hanno già ottenuto il controllo dell’assemblea straordinaria: i benefici marginali di ulteriori maggiorazioni sono decrescenti. –
La ricerca è stata elaborata da docenti ed è certamente corretto formulare ipotesi su una possibile evoluzione futura, basata sulla buona fede degli emittenti. Tuttavia, come ammoniva l’Onorevole Giulio Andreotti: “A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso s’indovina”. Il nostro compito non è attendere che i fatti si compiano per riconoscere i pericoli, ma segnalarli in anticipo ai risparmiatori. Le esperienze vissute dagli investitori retail nell’ultimo decennio dimostrano quanto possa costare la fiducia cieca. Per questo riteniamo doveroso evidenziare i rischi potenziali prima che si verifichi l’irreparabile.
Immaginiamo dunque cosa accadrebbe se un emittente privo di scrupoli decidesse di sfruttare a proprio vantaggio il meccanismo del voto super-maggiorato.
- L’azionista di controllo può sapere se e quando altri azionisti chiederanno la maggiorazione dei diritti di voto.
- Se nessuno fosse in condizione di farlo, potrà mantenere il controllo assoluto sulle decisioni assembleari con una quota di possesso pari al 17% dei titoli emessi. Infatti, moltiplicando per 10 i propri diritti di voto, essi equivarrebbero al 170% dei titoli emessi e, anche se tutti gli altri votassero contro, esprimerebbero comunque meno della metà dei voti di chi ha maturato il diritto alla super-maggiorazione.
- La differenza rispetto al passato non è insignificante. Infatti, se previsto dallo statuto, il voto maggiorato è valido anche nell’assemblea straordinaria e consente quindi di deliberare su aspetti che potrebbero danneggiare gli azionisti di minoranza (fusioni con società non quotate, emissione di POC, modifiche dello statuto e dell’atto costitutivo, delistingt ecc.). Quando vigeva il principio one share – one vote, l’azionista che controllava l’assemblea straordinaria poteva arrecare danni a un terzo del capitale sociale; ora, con la possibilità di moltiplicare per dieci i diritti di voto, la percentuale che potrebbe subire decisioni contrarie ai propri interessi salirebbe all’83%.
Considerato lo stato dell’arte: prima di acquistare titoli di una società quotata, e per evitare rischi imprevisti, un investitore retail dovrebbe leggere lo statuto, tenersi costantemente aggiornato sulle modifiche apportate al codice civile e al Testo Unico della Finanza (TUF), consultare le comunicazioni e i richiami di attenzione rilasciati da Consob, nonché i prospetti informativi emessi dalla società di cui è azionista. Tuttavia, questa attività sarebbe paragonabile all’uso di un aratro trainato dai buoi per dissodare i campi, per poi lamentarsi quando, cercando di immettere i prodotti agricoli sul mercato, si scopre che essi verrebbero assorbiti solo a un prezzo inferiore ai costi di produzione.
In alternativa, si potrebbero affidare i risparmi ai fondi d’investimento, ma in tal caso ci si dovrebbe fidare di un intermediario che ha come scopo prioritario il proprio profitto e, come rilevato da un articolo pubblicato da Milano Finanza il 19 settembre 2025, una parte non trascurabile del rendimento verrebbe assorbita dai costi. Riportiamo titolo e link. – Fondi comuni, in Italia i costi più alti d’Europa. Ecco i gruppi più cari e meno cari-.. https://www.milanofinanza.it/news/fondi-comuni-in-italia-i-costi-piu-alti-d-europa-ecco-i-gruppi-piu-cari-e-meno-cari-202509181759077278 .
La metafora dell’aratro sta a significare che, se gli emittenti e gli intermediari godono di evidenti relazioni privilegiate con istituzioni e legislatori, è perché si sono organizzati, hanno a disposizione associazioni e uffici studi che propongono cambiamenti, interloquiscono con il potere, partecipano a eventi ufficiali e riescono a orientare le decisioni a proprio favore. Gli investitori retail sono milioni, hanno un enorme potere elettorale e, direttamente o attraverso intermediari, sostengono lo sviluppo economico; eppure non godono di alcuna considerazione e i fatti stanno dimostrando che il legislatore non tiene in alcuna considerazione quanto definito nell’art. 47 della Costituzione.
Se si organizzassero e facessero valere il proprio peso elettorale, nessuno potrebbe occupare posizioni di potere senza il loro consenso e, soprattutto, potrebbero realizzare una fonte di informazione finanziaria veramente indipendente, a costi bassissimi se suddivisi tra tutti i fruitori dei benefici che ne deriverebbero. Potrebbero inoltre pretendere l’introduzione di norme per espellere dal mercato emittenti con intenti speculativi e favorire l’emergere di una finanza sana, capace di generare un benessere diffuso nel continente.
Non è un’utopia: bisogna solo passare dall’aratro trainato dai buoi alle macchine agricole più evolute. Oggi questo è possibile perché la tecnologia lo consente e perché esistono numerosi esperti indipendenti che s’impegnano a favore dei risparmiatori retail. La forza per generare il cambiamento deve essere offerta loro dagli investitori retail, attraverso l’aggregazione di consenso in un’Associazione che li rappresenti con determinazione.
Il link seguente rimanda alla registrazione di un evento organizzato il 1° ottobre 2025 a Bruxelles in una sala della sede del Parlamentò Europeo e dimostra la fattibilità di un progetto a cui dovesse aderire un numero elevato di risparmiatori. https://youtu.be/btdPIgEzgik?si=IVJgLYY8uK8SB2zU